Il patrimonio ucraino è sotto attacco coordinato?

I siti culturali stanno subendo distruzioni diffuse, ma una coalizione di organizzazioni sta lavorando per fornire le prove dell’intenzionalità da parte delle forze russe

Una chiesa distrutta che serviva da rifugio militare per i soldati russi nel villaggio ucraino di Lukashivka vicino a Chernihiv © Anastasia Vlasova/Getty Images
Tom Seymour |

Una scultura scintillante di tre donne danzanti, i cui corpi nudi evocano quadri di Matisse, si erge di fronte al Palazzo della Cultura della città ucraina di Lozova. Il 20 maggio due bombe supersoniche russe Kh-22 hanno raso al suolo l’edificio. Si è trattato di un colpo diretto giacché le bombe hanno sventrato l’ingresso del sito culturale recentemente ristrutturato. Nelle ore successive all’esplosione i canali di informazione ucraini hanno trasmesso il filmato di un anziano che cercava di riparare la scultura danneggiata delle donne, pur essendo circondato dalle macerie dell’edificio ancora in fiamme.

Quella sera nel discorso notturno alla nazione il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha emesso il suo verdetto: «Gli occupanti hanno identificato la cultura, l’istruzione e l’umanità come loro nemici». Facendo eco al presidente, il governatore regionale di Kharkiv Oleg Sinegubov aggiunge: «Non c’è dubbio che gli occupanti abbiano preso di mira direttamente il Palazzo della Cultura».

Il 22 maggio il ministro della Cultura ucraino Oleksandr Tkachenko aveva già scritto su Facebook: «I continui bombardamenti hanno causato la distruzione di 21 monumenti nazionali, 88 monumenti locali e sette siti del patrimonio culturale recentemente scoperti». Ha aggiunto che l’Ucraina sta «già lavorando con i partner internazionali per riportare alla vita il nostro patrimonio culturale».

Ma gli occupanti russi hanno davvero identificato la cultura ucraina come un nemico? Alla vigilia dell’invasione, il Presidente Vladimir Putin rinnegava una vera e propria identità nazionale ucraina. Il Paese, indipendente solo dal 1991, risulta a suo dire parte integrante «della storia, della cultura e dello spazio spirituale» della Russia.

Oppure la distruzione dei siti del patrimonio ucraino sarebbe solo uno degli ineluttabili effetti collaterali di una guerra? Questa è la domanda che assilla tutti i professionisti dei beni culturali nel mondo impegnati ad assistere i colleghi ucraini nel bel mezzo del conflitto.
Sebbene non sia dimostrato, il Ministero della Cultura e della Politica dell’Informazione del Paese afferma che gli occupanti russi stanno tentando di negare al popolo ucraino i luoghi simbolo della memoria collettiva e di una storia condivisa. Al 9 giugno, il ministero afferma che 389 siti del patrimonio culturale sono stati danneggiati dall’inizio dell’invasione.

Ma verificare come sono stati perpetrati i danni e fornire le prove che la distruzione è stata strategica richiede uno sforzo internazionale concertato. Al 30 maggio, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) ha verificato il danneggiamento di 139 siti culturali, tra cui 62 siti religiosi, 12 musei, 26 edifici storici, 17 edifici dedicati ad attività culturali, 15 monumenti e sette biblioteche.

Un rapporto di alcuni studiosi di diritto internazionale pubblicato il 26 maggio dal «New Lines Institute for Strategy and Policy» e dal «Raoul Wallenberg Centre for Human Rights», riconosce un «alto rischio di genocidio» per il popolo ucraino vista la sistematica distruzione di siti culturali e sacri. Kharkiv, seconda città del Paese, è la più colpita con 94 siti andati perduti nella regione circostante e 78 nel centro urbano. Mariupol, sul Mar d’Azov, un tempo colonia greca, si trova con 52 siti danneggiati in città su un totale di 72 nella regione circostante di Donetsk, secondo il sito del ministero per il patrimonio culturale.

Nella sfera religiosa e sacra, a marzo e a inizio giugno, è stata attaccata la Lavra della Santa Dormizione di Sviatohirsk, un monastero storico sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca nell’Ucraina orientale. Con esso scompare anche lo Skete di San Giorgio, un edificio secondario affiliato al monastero, come testimonia un post su Facebook dell’ufficiale ucraino Yurii Kochevenko, nonché un sito web di notizie affiliato alla Chiesa ortodossa russa. In un video che ne mostra le rovine, Kochevenko attribuisce l’attacco premeditato al «Russky mir».

Gli accademici ucraini denunciano un attacco combinato: il bombardamento al Museo Nazionale Letterario di Hryhorii Skovoroda, dedicato al filosofo e poeta del XVIII secolo, assieme all’incendio della villa in cui visse e lavorò alla fine della sua vita, la cui collezione è stata fortunatamente messa in salvo con un intervento preventivo.

Il numero di attacchi russi e le dichiarazioni volte a negare la nazione ucraina hanno alimentato la discussione su un genocidio culturale da parte della Russia come potenza coloniale. Dopo che il museo Skovoroda è stato colpito Julia Musakovska, poetessa e traduttrice ucraina, ha scritto in un post su Facebook che «chiaramente, l’obiettivo del nemico è cancellare l’identità nazionale e la cultura ucraina distruggendone completamente il patrimonio».
Analisi coordinate
«Stiamo cercando di raccogliere informazioni e di verificarle, afferma Sophie Delepierre, responsabile della protezione del patrimonio culturale presso il Consiglio Internazionale dei Musei (Icom). La comunità internazionale sta intraprendendo un’azione coordinata per combattere [la distruzione del patrimonio]. Ci sono molti attori nel sistema al di là della comunità museale: l’Organizzazione mondiale delle dogane, la Polizia di frontiera, l’Interpol e l’Unesco. Ma dobbiamo trovare il modo giusto per combattere, e dobbiamo farlo insieme».

L’Unesco, l’Icom e le organizzazioni affiliate, come l’Alleanza Internazionale per la Protezione del Patrimonio nelle Aree di Conflitto (Aliph) e l’Iniziativa di Emergenza per il Salvataggio del Patrimonio (Heri), stanno attualmente sviluppando un meccanismo per valutare e organizzare in modo indipendente questa massa di dati, lavorando in linea con la Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.

Il gruppo di giornalismo investigativo «Bellingcat» e il suo partner «Newsy» hanno pubblicato il 7 giugno un rapporto di analisi diffusa con «l’obiettivo di vedere che cosa potessero dirci le fonti open access sulle condizioni dei siti e sulle circostanze che hanno portato al loro danneggiamento e alla loro distruzione» scrive il direttore Maxim Edwards.

Negli Stati Uniti, il Cultural Heritage Monitoring Lab (CHML), parte del Virginia Museum of Natural History di Martinsville, sta lavorando in collaborazione con la Smithsonian Cultural Rescue Initiative. Qui, un team di storici, conservatori e archeologi sta raccogliendo prove attraverso mezzi «geospaziali», ovvero con l’ausilio di immagini satellitari, telerilevamento e filmati open source.

Il CHML ha rilevato 458 siti culturali danneggiati: «Stiamo monitorando oltre 28.000 siti e oggetti culturali in tutta l’Ucraina. Il nostro approccio ci permette di identificare i potenziali impatti ogni 48 ore, una necessità immediata in questa fase del conflitto. Il lavoro a distanza che il CHML sta svolgendo deve essere integrato da una serie di risorse sul campo. Abbiamo bisogno di partner locali che conducano ispezioni specialistiche e valutazioni strutturali sulle collezioni. Altrimenti i danni possono passare inosservati per anni. Questo è il tipo di ricerca di cui abbiamo bisogno da parte degli operatori del settore nei mesi e negli anni a venire».

Una volta accertate le prove, la coalizione le invierà alla Corte Penale Internazionale. Il governo ucraino intende utilizzare queste informazioni al fine di condannare la Russia per crimini di guerra. Ma le complessità del diritto internazionale dovranno essere affrontate in anticipo, in modo che le prove acquisite possano contribuire direttamente a chiamare in causa i responsabili. In una recente rubrica di «The Art Newspaper» Robert Bevan nota che «il genocidio culturale non è di per sé riconosciuto come crimine a livello internazionale ma che gli attacchi alla cultura possono rilevare di un intento genocida».

L’attacco della Russia alla cultura ucraina non si limita alle bombe ma sfocia anche nel traffico illecito. Gli sforzi per rintracciare i manufatti ucraini rubati sono stati fatti sia da professionisti che da volontari; dai più alti livelli dell’Interpol ai collettivi spontanei che si riuniscono su Telegram, Whatsapp e Instagram. L’Interpol ha caricato 218 opere d’arte ucraine, oggetto di traffici illeciti, sulla sua applicazione mobile ID-Art. C’è poi il collettivo Instagram Divchata, un’iniziativa volontaria progettata per aiutare gli artisti e i musei ucraini a mantenere un database di opere d’arte che sono state evacuate dal Paese.

All’Icom, inoltre, i funzionari stanno lavorando all’elaborazione di una lista rossa di emergenza per l’Ucraina, un inventario categorizzato degli oggetti culturali presenti nelle collezioni di istituzioni ucraine riconosciute e che sono a rischio imminente di furto. L’elenco sarà distribuito a breve alle forze dell’ordine.

«Ai collezionisti diciamo: tenete gli occhi aperti e fate attenzione», afferma Delepierre.

Guerra Russia-Ucraina 2022

Traduzione di Mariaelena Floriani

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