Il paesaggio psichico di Kerstin Brätsch

Gió Marconi presenta una personale dell'artista invitata in Biennale da Cecilia Alemani per far parte della mostra centrale

Le opere di Kerstin Brätsch allestite all'Arsenale di Venezia per la mostra centrale «Il Latte dei Sogni» curata da Cecilia Alemani. Foto Andrea Rossetti
Ada Masoero |  | Milano

Invitata da Cecilia Alemani a far parte della mostra «Il latte dei sogni», in Biennale a Venezia, Kerstin Brätsch, è la protagonista della mostra «Die Sein: Para Psychics II», presentata da Gió Marconi fino al 29 luglio. L’artista, nata ad Amburgo ma basata a New York, ha realizzato il ciclo di opere «Para Psychics» nel 2020-2021, durante la pandemia, chiudendosi in un autoisolamento scandito dal rituale giornaliero della scrittura di un diario sul proprio «paesaggio» psichico, esplorato attraverso la pratica medianica, cui si affida da lungo tempo.

Ne è scaturita una serie di disegni, generati dal precedente ciclo «Psychics», 2006-2008, ma ora sprofondati nell’interiorità. Interiorità, quella percorsa da Brätsch, che è sì psichica ma anche fisica, perché le forme che abitano i suoi lavori sono biologiche: si tratta, infatti, di parti dell’anatomia umana (vasi, visceri...) sezionate ma capaci di germogliare nuove forme, in un rapporto con il mondo, esteriore e interiore, che si muove secondo la logica di rete del micelio, il filamento fungino sotterraneo che per sua natura, come scrive il biologo Merlin Sheldrake in L’ordine nascosto, 2020, tende a «esplorare e a proliferare».

Nell’opera di Kerstin Brätsch, le immagini «rizomatiche» che ne scaturiscono acquistano una ricchezza quasi barocca, spesso declinata dall’artista con colori che evocano quelli dei cristalli, innescando così un cortocircuito spaesante con le forme organiche e proliferanti che le abitano.

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