Il paesaggio è la tv

La doppia anima di fotografo e pittore di Mario Schifano indagata dallo Studio Raffaelli

Mario Schifano, «RiVedere», 1992. Cortesia Studio d’Arte Raffaelli
Camilla Bertoni |  | Trento

«Inviato speciale della realtà tra rumore alterno delle cose e suoni rapidi della pittura». Così Achille Bonito Oliva definiva Mario Schifano (1934-98), protagonista della mostra «Panorama» nello Studio Raffaelli di Trento fino al 27 agosto. L’installazione a tutta parete è composta da un centinaio di piccole immagini formato cartolina datate tra fine anni Ottanta e primi Novanta, esposte qui per la prima volta, a restituire uno spaccato di quegli anni.

Un’opera in cui confluisce la doppia anima di fotografo e pittore, di inviato speciale della realtà che nel suo studio si circondava di televisioni dalle quali catturava degli scatti estrapolando singoli momenti dal flusso di immagini mediatiche di cui aveva intuito in anticipo il potere e la potenziale invasività. Queste singole immagini le chiamava «paesaggi tv» e le elaborava pittoricamente mettendo l’accento su un particolare punto, deformando e interpretando.

Sovrapporre il gesto manuale all’immagine fotografica è insito nel linguaggio di Schifano. Il panorama cui allude il titolo della mostra è «inteso non solo nel suo riferimento naturalistico visivo, ma anche come milieu socio-culturale osservato e riassorbito dall’artista», si legge nella presentazione. Una produzione meno nota, come spiega Giordano Raffaelli, cui sono affiancati dipinti di grande formato scelti per il legame con il tema del panorama come lo intendeva l’artista.

Non dalla tv, ma dalla graphic novel e dai cartoon prende spunto il linguaggio dell’artista sudafricana Karlien De Villiers, a cui dedica una personale la galleria Cellar Contemporary, lo spazio che Davide Raffaelli e Camilla Nacci hanno dedicato alla giovane arte visiva contemporanea. «Floating solo» è il titolo di una delle opere esposte, dove una donna galleggia sulle acque in una veduta a volo d’uccello.

«È questa sorta di “navigazione in solitaria” da cui la mostra prende il titolo, che rende unico il lavoro di Karlien De Villiers e le consente di superare le barriere della convenzione per elaborare un linguaggio pittorico e disegnativo unico, scrive Camilla Nacci nella presentazione. L’artista plana a volo d’uccello sulle dinamiche della coppia, sulle tematiche di genere, sui comportamenti interpersonali, sulle playlist di letture, film e artisti preferiti, sulle molteplici sfaccettature dell’universo femminile (e femminista), a cui dedica ampia parte della sua produzione».

Una carrellata di tipi umani si squaderna sulle pareti della galleria, senza troppa compassione, quasi senza scampo, tra stereotipi e comportamenti stabiliti dalle regole sociali e dall’immaginario collettivo. Molte le figure femminili, oppresse da troppe informazioni («Too much information»), teste vuote che esprimono pensieri vuoti («Speech») o staccate dal resto del corpo («Heads up»), donne di cui alla domenica rimane solo lo scheletro («Sunday girl»), stesso destino per la «Super girl», eppure avrebbe avuto così tante potenzialità («She had so much potential»).

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