Il Modernismo è l’utopia diventata un incubo
Lavori nuovi e recenti di venti artisti contemporanei approfondiscono l’affascinante connubio tra design architettonico e genere noir

Pensate ad «Arancia Meccanica» e alle superfici di cemento grigio dell’edificio brutalista della Thamesmead Estate, lungo la riva sud-est del Tamigi: è questa la residenza di Alex, l’eccentrico e ultraviolento protagonista del film di Stanley Kubrick, interpretato da Malcolm McDowell.
Qui, il paesaggio architettonico fa da cornice perfetta a un mondo distopico, in cui la brutalità, così come le strutture «brutali» del complesso abitativo, regna sovrana. L’architettura modernista, nell’arte e nel cinema, è spesso associata a un’estetica gotica. Idea che emerge nella seconda metà del secolo scorso, in relazione ai progetti di sviluppo urbano postbellici: visioni di abitazioni economiche ed efficienti si traducono, nella realtà dei fatti, in ambienti freddi e labirintici, alienanti e impossibili da navigare.
In omaggio a questa storia, l’Ikon di Birmingham, la città brutalista per antonomasia, dedica una mostra all’affascinante connubio tra design architettonico e genere noir. Dal 25 novembre all’1 maggio «Horror in the Modernist Block» riunisce lavori nuovi e recenti di venti artisti contemporanei, inglesi e non.
Nel film «Monelle» (2017) di Diego Marcon, un gruppo di ragazzine giacciono addormentate nelle intersezioni architettoniche della Casa del Fascio di Como. Flash improvvisi e drammatici illuminano per pochi istanti i vari ambienti dell’edificio, dando vita a fotogrammi di una storia dell’orrore.
Non vi è una narrazione lineare, ma solo un senso di disagio e turbamento, rafforzato dal setting freddo e impersonale dell’architettura. Tra gli altri artisti in mostra, Shezad Dawood, Richard Hughes, Maria Taniguchi, Abbas Zahedi e Ho Tzu Nyen.