Il Mantegna al Poldi Pezzoli è di nuovo Mantegna

Con un difficile intervento ritrovati i toni freddi alterati nell’800 da Giuseppe Molteni

La «Madonna con il Bambino» di Andrea Mantegna conservata nel Museo Poldi Pezzoli di Milano (particolare)
Ada Masoero |  | MILANO

È un dipinto «nuovo» quello che, dopo il lungo soggiorno all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, è tornato nel Salone dell’Affresco del Museo Poldi Pezzoli protagonista della mostra-dossier «Mantegna ritrovato», resa possibile dal determinante contributo della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti, che ha seguito questo importante recupero fin dal primo giorno e senza il cui sostegno il restauro non si sarebbe potuto realizzare.

L’intervento cui è stata sottoposta la «Madonna con il Bambino» di Andrea Mantegna («uno dei dipinti più amati dai visitatori», specifica la direttrice, Annalisa Zanni), condotto da Lucia Bresci sotto la direzione di Cecilia Frosinini dell’Opificio, con il conservatore del museo Andrea Di Lorenzo, ha infatti restituito un’opera diversa da ciò che avevamo sempre visto.

Gian Giacomo Poldi Pezzoli l’acquistò nel 1861 dallo storico dell’arte e celebre connoisseur Giovanni Morelli (che doveva saldare un debito di gioco). Due anni dopo l’affidò per il restauro al direttore di Brera Giuseppe Molteni, suo amico e ritrattista di fiducia, noto anche per la disinvoltura (allora diffusa, però) con cui interveniva sulle opere, per compiacere il gusto dell’epoca. Anche in questo caso Molteni non si smentì: sulla piccola tela dipinta a tempera magra (una tecnica cara a Mantegna, che conferisce al dipinto un aspetto opaco, quasi da affresco), stese una vernice ambrata che alterò i colori originari e la rese simile a un dipinto su tavola, non senza aver impreziosito la veste con arbitrari decori in oro, ridipinto il manto e prolungato le braccia della Vergine in modo che il gruppo sembrasse stagliarsi davanti a un’apertura.

Il difficile intervento condotto ora dall’Opificio è stato suggerito dalla fragilità dell’opera: «Eravamo molto preoccupati del suo stato di conservazione, spiega la Zanni, trattandosi di un dipinto su lino finissimo, a tempera magra e senza imprimitura. E sospettavamo che sotto le ridipinture di Molteni ci fossero vaste lacune». Invece, le indagini diagnostiche hanno messo in luce l’inattesa presenza della pittura originale sotto l’ottocentesca e il dipinto ha ritrovato i toni freddi tipici di Mantegna, i suoi sapienti effetti di luce e le preziose pennellate di oro in conchiglia che illuminano capelli e sguardo della Vergine.

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