Il Bronzino ritrovato in asta da Sotheby’s

L’opera sta sollevando interesse in ambito internazionale per due motivi: la sua travagliata, drammatica storia e l’ipotesi che possa trattarsi di un autoritratto giovanile dell’artista

«Ritratto di giovane uomo con penna d’oca», attribuito ad Agnolo Bronzino (particolare). © Sotheby’s
Laura Lombardi |  | New York

Va all’asta da Sotheby’s, a New York, il 26 gennaio, con una stima di 3-5 milioni di dollari, il «Ritratto di giovane uomo con penna d’oca», attribuito ad Agnolo Bronzino e datato 1527 circa. L’opera sta sollevando interesse in ambito internazionale per due motivi: la sua travagliata, drammatica storia e l’ipotesi che possa trattarsi di un autoritratto giovanile dell’artista.

Il dipinto proviene infatti dal Führermuseum di Linz, ma è ricordato per la prima volta nel Seicento, proprio come ritratto di Pico della Mirandola del Bronzino, nella collezione inglese di Sir William Temple, venduto dagli eredi nel 1824 all’asta da Christie’s a Londra. Dopo vari passaggi in altre raccolte inglesi viene acquistato, sempre come Bronzino, da Hugh Blaker che lo vende nel 1920 a August L. Mayer, storico dell'arte tedesco, il quale lo attribuisce a Francesco Salviati e lo rivende a Julius Böhler.

Il 5 ottobre 1927 è Ilse Hesselberger, donna d’affari di Monaco e vivace animatrice dell’alta società tedesca, a entrare in possesso dell’opera, ma, con l’ascesa del nazismo, la ricca collezionista ebrea si trova costretta a liberarsi di molti averi e della sua collezione monacense, devolvendo ingenti contributi allo Stato, in cambio della promessa di essere risparmiata dalle persecuzioni razziali.

Tuttavia, nel novembre 1941, pochi giorni dopo aver versato l’ingente somma di 100mila marchi del Terzo Reich, Ilse è deportata nel campo di concentramento di Kaunas, in Lituania, dove sarà uccisa cinque giorni dopo, senza riuscire, per pochissimo, a esser salvata dal visto di uscita cubano, ottenuto dalla figlia, mandata oltreoceano dalla madre. Saranno proprio gli eredi della figlia a vedersi restituire il dipinto, riscattato grazie all’intervento di David J. Rowland, avvocato newyorkese specializzato nel recupero delle opere saccheggiate dai nazisti.

In vista dell’asta (i cui proventi sono destinati alla Selfhelp Community Services, che sostiene i sopravvissuti dell’Olocausto in Nord America e alla Lighthouse Guild, organizzazione sanitaria ebraica), Elisabeth Lobkowicz (vicepresidente di Sotheby’s) si è rivolta a Carlo Falciani, esperto di pittura del Cinquecento toscano e curatore della mostra di Bronzino a Palazzo Strozzi nel 2011.

«Il dipinto è chiaramente di Bronzino giovane, spiega Falciani, come rivelano il disegno delle mani e del volto, la posa, l’aspetto stereometrico della forma e anche la luce che evidenzia ogni particolare. Si osserva, come nel “Ritratto di Lorenzo Lenzi”, l’influenza del Pontormo, col quale egli ha lavorato in Santa Felicita, dipingendo due dei quattro Tondi degli apostoli. L’attribuzione dell’opera a Salviati non stupisce, visto che nella monografia di Arthur McComb del 1926 anche il “Ritratto di Ludovico Capponi”, ora assegnato a Bronzino, era dato a Salviati. L’attribuzione a Jacopino del Conte formulata probabilmente dal direttore del Führermuseum, Hermann Voss, è legata alla resa molto naturalistica. A quel tempo, di Bronzino erano infatti noti i dipinti più freddi, come la “Venere”, tant’è vero che anche la “Dama in rosso” di Francoforte fino a poco tempo fa era data a Pontormo e non a Bronzino».

E perché un autoritratto? Gli unici autoritratti certi di Bronzino appartengono alla sua maturità: quello inserito nel «Cristo al Limbo» nella Chiesa di Santa Croce (1552) e nell’affresco tardo del «Martirio di san Lorenzo» (1568) in San Lorenzo, a Firenze. «Proprio nell’affresco a San Lorenzo Bronzino si ritrae come scrittore con la penna in mano, essendo lui pittore e poeta. Nel dipinto il giovane regge la penna d’oca con la mano destra mentre con la sinistra indica in foglio dove si legge, in latino: “L’immagine pensa per scrivere ma in modo tale da non scrivere / Scrive spontaneamente ma spontaneamente non agisce / Fa mal volentieri, il meno possibile, infatti si indirizza soltanto a scrivere / Affinché non ci sia bisogno di scrivere ulteriormente”.

Una scritta che evoca l’essere in bilico tra due ambiti espressivi come era proprio Bronzino: la pittura e la scrittura, e a questo rimanderebbe anche il calamaio che è stranissimo, in bilico su uno spunzone metallico come non se ne trovano di uguali e che qui starebbe proprio a simboleggiare questa incertezza. Inoltre, la fronte alta e il naso forte corrispondono abbastanza all’autoritratto certo del Bronzino del 1552, sebbene riconosca non vi sia assoluta certezza, ma dobbiamo considerare che intercorrono circa trent’anni tra le due raffigurazioni. Solo figure codificate come Cosimo I erano mantenute simili nel tempo
».

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Laura Lombardi