Il Blake italiano che ispirò Hitchcock

Le illustrazioni di matrice simbolista di Alberto Martini nelle mostre congiunte organizzate da Laocoonte e da Carlo Virgilio

Una tavola per il «Macbeth» di Shakespeare e una delle illustrazioni per i «Tales» di Poe, di Alberto Martini
Francesca Romana Morelli |  | Roma

Considerato un precursore del Surrealismo, il pittore, illustratore e incisore Alberto Martini (Oderzo, 1876-Milano, 1954) fu una delle fonti artistiche per Hitchcock: nel film «Gli Uccelli» vi sono espliciti rimandi alle illustrazioni del maestro veneto per i Tales di Edgar Allan Poe. Un cospicuo nucleo dedicato ai racconti dello scrittore americano è incluso nelle mostre congiunte organizzate dalla Laocoonte di Monica Cardarelli e da Carlo Virgilio e Stefano Grandesso dal 12 maggio (una chiude il 30 giugno, l’altra il 25).

Animato da una natura enigmatica e decadente, dai forti tratti surrealisti, Martini si legò all’ambiente tedesco ma nel 1928 si trasferì a Parigi dove, in totale isolamento, scandagliò le profondità dell’animo umano. Con un saggio in catalogo di Alessandro Botta, Grandesso e Virgilio si focalizzano sulla produzione giovanile dell’artista, presentando 44 opere riemerse da collezioni private: 5 incisioni e 39 disegni a china che illustrano poemi come Morgante maggiore (1895) di Luigi Pulci, la Secchia Rapita di Alessandro Tassoni e Le corti dei miracoli (1896-97), nonché il ciclo «Il poema del lavoro», legato a temi sociali all’epoca di grande attualità.

Spiega Grandesso: «In mostra il nucleo più notevole riguarda le illustrazioni dei Tales di Poe, 13 disegni, tra cui alcuni capolavori di Martini, che trovarono una grande risonanza nella stampa del tempo. Iniziate nel 1905, furono esposte a Bruxelles e a Londra, dove l’artista fu paragonato a William Blake. Questo ciclo costituisce il suo più compiuto contributo all’illustrazione letteraria di matrice simbolista».

La Cardarelli studia e raccoglie l’opera di Martini da una decina di anni. Nel 2017 ha organizzato una mostra sostanziosa, e ora pubblica un volume che indaga il trentennale sodalizio dell’artista con il giornalista e critico d’arte napoletano Vittorio Pica (Etgraphiae). Corredata di catalogo, la mostra si tiene nel nuovo Gabinetto dei disegni delle Galleria W. Apolloni (via Margutta 53B).

Sono riuniti 70 tra disegni e incisioni, tra cui tavole per Poe, per l’Amleto e il Macbeth di Shakespeare, Aurèlia di Gérard de Nerval. Spiccano 29 fogli del Poema delle Ombre enigmatica e inquietante galleria di volti mascherati, in cui i Racconti notturni di Poe sembrano legarsi alle decadenti feste della marchesa Casati, che ebbe in Martini il suo artista di corte.

Si citano infine un olio, «Le Flambeau du pantin» (1940), in cui Martini mette in scena il mito di Don Giovanni, un «doppio» di se stesso, invecchiato seduttore atterrito dall’apparizione del fantasma di Medusa che ha il volto della marchesa Casati e un autoritratto (1905), apoteosi del dandy che era.

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