I trent’anni della collezione Sandretto Re Rebaudengo
Palazzo Strozzi celebra la ricorrenza con un allestimento di Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione del museo fiorentino

«Quale luogo più splendido che non Firenze per una mostra sul mecenatismo e il collezionismo?», commenta Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, riguardo a «Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye», da lui curata, dal 4 marzo al 18 giugno, per festeggiare i trent’anni della Collezione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, una delle più prestigiose in Italia per l’arte contemporanea.
Tre decenni nei quali Patrizia Sandretto, donna «inarrestabile ed elegante ha riunito con determinazione, coraggio e intuito» opere che testimoniano le tendenze più significative dell’espressione artistica dei nostri anni. «Il criterio che abbiamo adottato insieme a Patrizia ed Eugenio (figlio di Patrizia, Ndr) in quasi tre anni di lavoro è “cronotematico”, perché ci sembrava giusto costruire una “storia dell’arte”, precisa Galansino. Si parte dunque dalla Londra ruggente degli anni Novanta, in cui nasce la passione di Patrizia per l’arte contemporanea, (con Damien Hirst e Sarah Lucas ad esempio), per proseguire svolgendo temi diversi in ciascuna sala, con fil rouge che attraversano però più sezioni: una sorta di raccolta di racconti, oppure un libro suddiviso in capitoli che però portano a una visione unitaria».
Sono infatti varie le tematiche che la mostra presenta, selezionando con accuratezza opere dalla ricchissima collezione: fragilità umana, vanitas, alienazione, disoccupazione, discriminazioni razziali e di genere, affrontate in modi e con media diversi, da artisti di generazioni e geografie diverse, dal più anziano Hans-Peter Feldmann con un lavoro sull’11 settembre alla più giovane Giulia Cenci con le sue creature in cui risuonano echi ancestrali.
Una sala è dedicata alle opere «alchemiche» («Art Matters») con le bolle di David Medalla ma anche le pitture di Rudolf Stingel, e una al «Made in Italy», con, tra gli altri, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Lara Favaretto e Paola Pivi. La riflessione sull’identità è affidata ad artiste quali Barbara Kruger, Cindy Sherman, Shirin Neshat, ma anche a Josh Kline, con le figure umane impacchettate in sacchi di plastica, residui di una società disumana.
Il tema del paesaggio è presente tramite la fotografia e nella sala «Places» sono riuniti soprattutto gli artisti della Scuola di Düsseldorf (Thomas Ruff, Thomas Struth), mentre «Bodies» riunisce la figurazione degli anni più recenti con Lynette Yiadom-Boakye, Michael Armitage e Mark Manders. Un tono fiabesco, ancestrale domina «Mythologies», con Thomas Schütte o Adrián Villar Rojas, mentre nella sala dedicata all’astrazione spicca Wolfgang Tillmans.
Gli spazi della Strozzina accolgono i video, tra cui il celebre «Zidane. A 21th Century Portrait» di Philippe Parreno e Douglas Gordon, ma anche il «Saint Sebastian» di Fiona Tan, senza dimenticare William Kentridge e la «situazione costruita» di Tino Sehgal.
«Reaching for the Stars»: una costellazione di opere, l’incitamento a guardare più in alto tramite l’arte? «Puntare alle stelle, raggiungere le stelle, prosegue Galansino. Già nella Firenze del Quattrocento si cercavano le risposte alle proprie domande nello spazio infinito, indagando l’influenza sia delle “stelle fisse” sia di quelle “erranti” sulla vita degli uomini: lo stesso Filippo Strozzi si affidò agli astri prima di avventurarsi nella costruzione del suo palazzo. Al titolo della mostra si collega l’opera che ci accoglie nel cortile: il missile di Goshka Macuga (poi destinato all’isola della laguna veneziana, ora di proprietà dei Sandretto Re Rebaudengo) che si pone come incoraggiamento a guardare verso orizzonti e aspirazioni più alte, ma ci richiama anche alla moda del turismo spaziale dei magnati dei nostri anni, causa di gravi inquinamenti e sprechi energetici».