I debiti dell’arte italiana verso l’ultimo Renoir

A Palazzo Roverella un artista troppo sbrigativamente bollato come «attardato» è messo a confronto con de Chirico, de Pisis, Marini, Spadini

«Portrait d’Adèle Besson» (1918) di Pierre-Auguste Renoir (particolare). Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie
Camilla Bertoni |  | Rovigo

Il viaggio in Italia e l’impatto con la visione dei maestri del passato e della luce mediterranea sulla pittura di Pierre-Auguste Renoir: ruota intorno a questo assunto la mostra «L’alba di un nuovo classicismo» che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo dedica a uno dei protagonisti dell’Impressionismo francese a Palazzo Roverella dal 25 febbraio al 25 giugno.

Una mostra che consente di riscoprire un Renoir troppo sbrigativamente bollato come «attardato», come sottolinea il curatore Paolo Bolpagni: «Partendo dal momento di crisi del pittore rispetto all’Impressionismo, l’intento è mostrare come, al contrario di ciò che si è spesso pensato, negli ultimi trent’anni della sua pittura Renoir scopre vie nuove che saranno fatte proprie da artisti della generazione successiva».

Ecco perché la mostra è costruita in due momenti di confronto dopo una premessa con alcuni capolavori della stagione impressionista, «che provengono da musei di tutta Europa in seguito a un profondo lavoro di perlustrazione, tra i quali la tela preparatoria del “Moulin de la Galette” prestata dal museo danese Ordrupgaard di Charlottenlund», chiarisce il curatore.

Il percorso prosegue nella sezione principale con il Renoir del momento di crisi, «che cerca altre vie guardando al passato, continua Bolpagni. In mostra sono riunite le opere di Rubens e di Ingres che lo hanno ispirato, e soprattutto quelle dei maestri italiani, da Tiziano a Tiepolo, così come l’edizione del trattato di Cennini con la sua prefazione a dimostrazione della profonda conoscenza di Renoir anche degli aspetti tecnici».

Dopo l’abbandono dell’Impressionismo e la maturazione di uno stile attento al recupero delle volumetrie, il confronto inedito avviene in mostra con una serie di opere italiane successive: «Una bagnante o un vaso di fiori del tardo Renoir sono affiancati a una figura femminile di de Chirico degli anni ’30 o a un de Pisis, il bronzo della “Venus Victrix” di Renoir del 1916 accanto a una scultura di Marino Marini, per non parlare di Spadini: sarà sorprendente, conclude Bolpagni, vedere i debiti nell’arte italiana di quegli anni verso la tarda stagione del pittore francese».

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