I 400 interventi dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali

L’ente è al centro del restauro del patrimonio culturale della collettività

Restauratrici dell’Istituto Veneto al lavoro sulle pitture della cupola della Chiesa di San Rocco
Melania Lunazzi |  | Venezia

Con quasi trent’anni di attività alle spalle nel campo del restauro, l’Istituto Veneto per i Beni Culturali è una realtà ormai consolidata e forse ancora poco conosciuta al di fuori del Veneto, nonostante un’operatività costante che ha esportato anche in altre regioni italiane e all’estero, con interventi in manufatti e moschee tra Israele, Palestina e Yemen. Dal 1995 ad oggi sono stati quasi 400 i cantieri di restauro portati a termine, di cui più di 200 dal 2011, con progetti in ogni ambito e tecnica su superfici di qualsiasi materiale.

Giuridicamente l’istituto, fondato e tuttora diretto da Renzo Ravagnan, è classificato come un ente non profit deputato per statuto alla formazione superiore di restauratori ed è riconosciuto e finanziato direttamente dalla Regione Veneto. Presso quest’ultima è infatti accreditato per la formazione professionale di tecnici specializzati nel restauro di beni culturali, formazione che viene messa in atto sia attraverso corsi triennali per raggiungere la qualifica di Tecnico del restauro, sia con corsi di specializzazione e di inserimento nel lavoro rivolti a restauratori già diplomati.

Oltre che di formazione l’istituto si occupa di ricerca e progettazione nel settore del restauro e della conservazione del patrimonio storico artistico e architettonico del territorio, operando in stretta sinergia con le Soprintendenze competenti, con il Polo Museale di Venezia e con il sostegno dei Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia, della cui associazione è membro.

Obiettivo principale dell’ente è da sempre il restauro del patrimonio culturale della collettività, gestito da istituzioni pubbliche o di diritto pubblico, ed è per questo che gode del sostegno economico per la formazione erogato dalla Regione Veneto: «Di fatto siamo sostenuti economicamente, riferisce Federica Restiani, responsabile scientifica dell’istituto e docente in Storia delle tecniche costruttive e Conservazione dei materiali dell’edilizia storica, dal settore pubblico e attraverso la formazione professionale dei giovami “restituiamo” in qualche modo questo sostegno alla collettività con il restauro dei beni culturali». Un esempio emblematico è senz’altro Villa Pisani a Stra, dove con cantieri scuola l’istituto opera dal 2016 nel restauro periodico di tutti gli elementi interni ed esterni, giardino incluso.

Dopo il restauro del pavimento in opus sectile della Ca’ d’Oro danneggiato dall’alta marea, è in corso, per lo stesso motivo, con gli stessi finanziatori (Save Venice Inc, che è uno dei membri dei Comitati Privati Internazionali per la salvaguardia di Venezia) e con la direzione della stessa Restiani, il restauro della pavimentazione in opus sectile della Chiesta di Santa Maria dei Miracoli (conclusione entro l’anno). Sempre a Venezia e con la stessa direzione lavori, a ottobre si sono conclusi due cantieri importanti: nella Chiesa di San Rocco e in Palazzo Sandi.

Nella Chiesa di San Rocco le operazioni di restauro si sono concentrate sulle superfici murarie della cupola, dipinte a metà Settecento con tecnica a olio da Giuseppe Angeli sulle tracce dei precedenti affreschi perduti eseguiti da Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone due secoli prima: un cantiere didattico nell’ambito della formazione del corso per Tecnico del restauro attivato dall’Istituto e finanziato dalla Regione con Fondo Sociale Europeo e Ministero del Lavoro. 

In Palazzo Tiepolo Sandi Cipolla si è intervenuti sul restauro del fregio pittorico monocromo di Nicolò Bambini presente nel salone del piano nobile e avente per soggetto L’umanità primitiva o Allegoria della lascivia (1724-25). Il dipinto dell’allora settantenne Bambini fa da perimetro al grande affresco «Il trionfo dell’eloquenza», uno dei suoi primi lavori veneziani del giovane Tiepolo. Il fregio monocromo è stato eseguito con la cosiddetta tecnica del marouflage, pittura murale a olio «mediata» poco diffusa a Venezia ad eccezione della celebre impresa del Fumiani a San Pantalon.

In questo caso è stata realizzata mediante l’applicazione di porzioni successive di tela, incollate e chiodate alla centinatura lignea del soffitto, per una superficie complessiva di oltre 50 metri quadrati. Quest’ultimo restauro è stato realizzato con il sostegno dell’Associazione nazionale costruttori edili di Venezia che ha sede nello stesso edificio.

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