Hamish Fulton, camminare è la sua opera d'arte

«Come Walking Artist, non produco oggetti da introdurre nel mercato, ma trasformo le idee in realtà vissute»

Hamish Fulton. Courtesy Galleria Michela Rizzo, Venezia e Häusler Contemporary, Zürich. Foto: Francesca Cirilli
Massimo Melotti |

André Leroi-Gourhan, antropologo, proponeva la tesi secondo cui lo sviluppo e il progresso dell’umanità partivano non tanto dal cervello ma dai piedi. In sintesi identificava l’inizio dell’umanità dal momento in cui si sviluppò una posizione bipede costante. Dal piede al camminare, il passo è breve. E proprio dalla capacità di spostarsi l’uomo ha dato vita all’avventura della sua storia e della sua creatività. Hamish Fulton (Londra, 1946) con la sua arte sembra aver ritrovato il gesto primario, rimandandoci al senso ancestrale che sta alla base del nostro esistere. A quarant’anni dal primo Walk, molti, soprattutto i giovani artisti, vedono in lui un maestro o un visionario.

Ha realizzato Walk in tutto il mondo, camminato sugli ottomila in Tibet, sull’Everest, nelle Ande, in Alaska, in Siberia e in Islanda per ritrovare un rapporto diretto con l’ambiente naturale quale tramite, in ultima analisi, di un processo di meditazione e di autocoscienza. I Walk hanno molto in comune con le pratiche delle popolazioni nomadi o dei pellegrini medievali, ma sono anche vicini alle visioni ecologiche dei moderni esploratori e antropologi. Negli ultimi vent’anni Fulton ha condiviso la sua esperienza con il pubblico nei Public Walk. Mentre il Walk in solitaria ha uno svolgimento direzionale che prevede un percorso da un punto all’altro, il Public Work di solito è formato da un percorso ripetitivo e nelle sue modalità si rifà alle pratiche zen.

Hamish Fulton ha fatto del camminare la sua opera d’arte: scritti, disegni, fotografie, grandi interventi su parete sono ricercati dai collezionisti. In occasione dell’ultima edizione di Artissima, ha realizzato un Public Walk organizzato da Häusler Contemporary di Zurigo e dalla Galleria Michela Rizzo di Venezia in collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e con il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Circa duecento persone, di varia estrazione ed età, per circa un’ora, seguendo le indicazioni dell’artista, hanno camminato a distanze regolari in linee determinate e ripetute sulla storica pista automobilistica del Lingotto Fiat.

Hamish Fulton, qual era il clima artistico a Londra quando era studente alla St. Martin’s School of Art?
Il modo in cui percepivo quel periodo, tra la metà e la fine degli anni Sessanta, era quello di reagire contro i controlli comportamentali delle generazioni più anziane del dopoguerra e a quelli che, per uno studente d’arte, sembravano essere i dogmi della storia dell’arte del tempo. Oggi, nel 2018, si pongono il problema della memoria e della riscrittura della storia. Quei tempi erano dominati dal comportamento maschile. Le opinioni delle donne erano ritenute di scarsa importanza. La natura era vista semplicemente come terreno agricolo o dove si andava in vacanza. L’industria era considerata determinante. Le popolazioni indigene di tutto il mondo e che nel corso dei secoli avevano subito il colonialismo erano ancora considerate inferiori e primitive. Ma era anche un momento di ribellione, un tempo di rifiuto creativo dei valori esistenti e prestabiliti. Molto importante alla scuola d’arte è stata l’esperienza di una discussione aperta, non gerarchica.

E quali erano i suoi riferimenti intellettuali e artistici a quel tempo?
I nativi americani. L’esplosione della cultura giovanile. Le influenze di altri studenti d’arte. I poeti Beat. Gli alpinisti britannici. Bob Dylan. L’antica calligrafia Zen giapponese.

Come si svolse il primo Walk?
Da studente della St Martins. Il mio primo «Art-Walk» è stato realizzato il 2 febbraio 1967. Un gruppo di noi studenti ha compiuto un cammino di transizione dalle affollate strade del centro di Londra sino a un campo vuoto in campagna. Siamo partiti dall’entrata della scuola al 109 di Charing Cross Road e abbiamo camminato per mezza giornata. Richard Long e io eravamo gli organizzatori di due Walk connessi ma non fummo in grado di partecipare al Walk di 15 minuti dall’angolo di Greek Street e Old Compton all’ingresso della scuola. Cinquant’anni dopo, nel 2017 (come anche nel 2007), ho ripetuto il Walk da solo per celebrarne l’anniversario.

I suoi lavori potrebbero essere definiti performance o azioni artistiche?
Io mi definisco un Walking Artist. Ho coniato questo termine a metà degli anni Settanta, quando gli storici dell’arte credevano che esistessero solo due indiscutibili possibilità per fare arte: la tradizione della pittura di paesaggio britannica del passato e, nel presente, la Land art, intesa come scultura all’aperto. Sembrerebbe che gli storici dell’arte in realtà non abbiano «letto» i miei «Walk Text», non abbiano colto il significato del mio lavoro artistico. Nella definizione «Walking Artist», nessuna delle due parole menziona un mezzo artistico o materiale artistico. L’implicazione è che ogni artista che cammina può utilizzare l’esperienza del camminare come base da cui creare la propria arte. Ciò apre a diverse possibilità, più fuori nella vita che dentro le priorità degli storici dell’arte. Peraltro non sono un artista concettuale che si occupa di idee in quanto idee. Invece, io trasformo le idee in realtà vissute. Non sono un Land artista perché la Land art contraddice l’arte del camminare. Il problema, a mio avviso, è che gli storici dell’arte non sono in grado di vedere oltre la Land art, un concetto ormai profondamente radicato, senza discussioni, come il dominio degli agricoltori sui cacciatori-raccoglitori. Credono che se cammini, devi essere una specie di Land artist minore. È un atteggiamento ristretto che respingo totalmente. Sono interessato alla Deep Ecology. Un indizio di una delle basi su cui si fonda la mia arte può essere fornito da una citazione di Aldo Leopold (ecologo e precursore dell’etica della terra, Ndr) nel 1949: «Abusiamo della terra perché la consideriamo una merce che ci appartiene». Sulla base di questa citazione, posso affermare che non ho alcun interesse a rimodellare la superficie del terreno o, introdurre «oggetti naturali» nel mercato internazionale dell’arte.

Quanto cammina in un giorno? Considera camminare una pratica meditativa?
Non ho una distanza di cammino giornaliera fissa, perché cammino su superfici di terreno diverse e porto pesi diversi. Camminare in generale è di beneficio per la mente, la libera, ti consente di rilassarti. Camminare è meditativo.

Che cosa succede durante un Walk?
Molte mie camminate sono vissute nella natura. La percezione più importante è quella di rispettare e prestare attenzione a tutte le varie forme di vita sul nostro pianeta. Sulla Terra c’è di più che la semplice vita umana. Le nostre percezioni e i nostri riferimenti oggi sono sempre più attirati dalla tecnologia. Vine Deloria Junior, di origine Lakota, ha identificato la tecnologia nella nostra vita come ciò che «crea strumenti per risparmiare lavoro e che ci rubano il nostro tempo». Finora non ho mai camminato con uno smartphone. Diciamo che se per i camminatori il Gps di uno smartphone è utile (anche per salvarsi la vita), dal mio punto di vista, con il suo uso, siamo «persi». Persi per convenienza, persi per l’imposizione delle corporation tecnologiche, persi perché crea una dipendenza, persi nel nostro rifiuto meccanicistico della natura «selvaggia». Per tutto il tempo che concentriamo le attività umane nei nostri smartphone, siamo contemporaneamente e diametralmente opposti alla natura, guardiamo nella direzione opposta. La natura è persa per noi, specialmente per i bambini. Quando i bambini non sono stati aiutati a prendere coscienza o familiarità con la natura «selvaggia», non possono avere alcuna filosofia o esperienza per identificare e protestare contro la continuazione del riscaldamento globale.

Perché ha deciso di passare dalle camminate in solitaria ai Public Walk?
I Walk in comune sono più orientati alla mente e alla condivisione, consentendo di rallentare i ritmi di una vita vissuta ad alta velocità. Dall’esterno possono sembrare visivamente noiosi, ma ho sempre trovato che internamente hanno un impatto sulla mente. Sono stati pensati per essere fatti senza parlare: silenziosamente e lentamente creano un’esperienza condivisa. Per pochi secondi di tempo, si scivola alla deriva su un’altra percezione. Si potrebbe dire che le camminate in comune sono una forma di rituale che generalmente manca nelle nostre vite congestionate e distratte.

Durante un Public Walk si innescano diverse dinamiche sia rivolte all’interno dell’individuo come in una pratica zen, sia nelle relazioni che si possono creare camminando con altre persone e con il territorio che si percorre.
Le influenze dello Zen giapponese e del primo taoismo cinese hanno avuto un posto importante nella mia mente quando ero studente. I cinesi realizzarono dipinti taoisti del «paesaggio» più di mille anni prima degli artisti occidentali. Quando ero studente, lo Zen mi ha prospettato un atteggiamento di «moderazione».

Si definisce un profeta o un eretico?
Un profeta eretico.

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