Hackerati documenti personali del proprietario di Sotheby’s Patrick Drahi

Si è scoperto che il miliardario imprenditore possiede una collezione di oltre 200 opere del valore di 750 milioni di dollari, in gran parte acquistate tramite la sua casa d’aste. Sorgono dubbi sulle sue attività fiscali

Patrick Drahi. Foto Reuters/Violeta Santos Moura
Antoine Harari, Georgina Adam |

Nel 2019 il miliardario francese delle telecomunicazioni Patrick Drahi ha stupito il mondo dell’arte acquistando e rendendo privata Sotheby’s per 3,7 miliardi di dollari (nello specifico è stata venduta a Bidfair Usa, una società interamente controllata da Drahi). Ora Drahi è nuovamente al centro dell’attenzione per una notizia altrettanto clamorosa: sono stati fatti trapelare una serie di documenti riguardanti la sua collezione d’arte, a cui è seguita una richiesta di riscatto da parte di alcuni hacker. I documenti forniscono dettagli anche sugli accordi relativi alle sue attività fiscali e sul modo in cui lui e i suoi consulenti le stavano perfezionando.

La testata online svizzera «Heidi News» ha visionato i file e sta pubblicando un’inchiesta, così come il quotidiano francese «Le Monde», ma già a settembre il sito francese «Reflets» aveva pubblicato dieci articoli basati sulle e-mail violate. HIVE, questo il nome degli hacker, chiedeva a Drahi un riscatto di 5 milioni di euro per non pubblicare 140 GB di dati sulla sua collezione, oltre a varie comunicazioni dei suoi consulenti fiscali.

Per tutta risposta tre aziende di Drahi hanno presentato una denuncia contro la società Rebuild.sh di Reflets presso il Tribunale di commercio di Nanterre, in Francia, sostenendo la violazione del segreto commerciale e il «disturbo dell’ordine pubblico». Il Tribunale ha proibito a Reflet di pubblicare nuove informazioni, ma ha permesso che gli articoli esistenti rimanessero online, in attesa del prossimo appello previsto il 23 novembre.

All’epoca dell’acquisizione di Sotheby’s Drahi era descritto come un collezionista, ma si sapeva ben poco dei suoi gusti, di ciò che possedeva e dell’entità delle sue proprietà. I documenti emersi rivelano ora la straordinaria quantità e qualità delle opere che ha accumulato negli ultimi sette anni, in gran parte acquistate presso Sotheby’s. Picasso, Magritte, Bacon, Chagall, Dubuffet, Giacometti, Léger, Vasarely e Kandinskij sono solo alcuni degli artisti di cui possiede almeno un’opera. I prezzi vanno dai 76,6 milioni di euro per «Grand Femme I» (1960) di Alberto Giacometti, ai 6.700 euro per una ceramica di Suzanne Ramié. La stima del valore della collezione supera i 750 milioni di euro.

Tra i pezzi più importanti di Drahi figurano la «Femme au costume turc dans un fauteuil» (1955) di Pablo Picasso, valutata 27 milioni di euro, il «Ritratto di Jeanne Hebuterne seduta in poltrona» (1918) di Amedeo Modigliani, 71 milioni di euro, e il «Triptych Inspired by the Oresteia of Aeschylus» (1981) di Francis Bacon, 75,2 milioni di euro. C’è anche un altro Giacometti, «Femme de Venise II» (1956-57), valutato 13,3 milioni di euro, e «Le domaine enchanté (V)« (1953) di René Magritte, acquistato da Sotheby’s New York per 8,9 milioni di dollari nel 2020. La «Tasse de thé V» (1966) di Jean Dubuffet, invece, è stata acquistata nel giugno 2015 per 1,1 milioni di dollari. Poi due «Abstraktes Bild» di Gerhard Richter, uno giallo e uno rosso, il cui prezzo è stato indicato in 2,9 e 3,9 milioni di dollari. Altre opere citate da Heidi News sono «Crépuscule ou la maison rouge» (1948) di Marc Chagall, acquistato per 5 milioni di dollari, e «Le corsage rouge» (1922) di Fernand Léger, 17 milioni di dollari.

Dal continente asiatico arrivano un Ye Liu, «Leave me in the dark» (2008), da 5,5 milioni di euro, e un grande vaso Longquan in celadon acquistato per 842.183,40 euro. Ma c’è anche una «Madonna del Rosario con angeli» (1735) di Giovanni Battista Tiepolo, costata 15,7 milioni di euro. Tuttavia, la stragrande maggioranza della collezione è costituita da opere d’arte moderna e impressionista, da «The family of man, 12» di Barbara Hepworth, acquistata per 4,8 milioni di euro, sino a «Dammernde Stadt» (1913) di Egon Schiele, acquistata per 25 milioni di euro.

Secondo un altro inventario, almeno 25 opere d’arte sono state acquistate presso Sotheby’s tra il 2015 e il 2020. In quanto società privata però la casa d’aste pubblica solo i risultati delle vendite e non i profitti e per l’anno 2020 il suo lotto di punta è stato il trittico di Francis Bacon acquistato per 84,5 milioni di dollari nel corso di un’asta coperta da garanzia interna. L’acquirente non era mai stato identificato, ma ora il prezzo record solleva interrogativi su come sia stato raggiunto e se l’acquirente abbia beneficiato dei termini della garanzia. Anche perché questo tipo di vendite fanno inevitabilmente lievitare le cifre dichiarate dall’azienda.

Stando ad appunti scritti a mano a penna blu dallo stesso Drahi, sarebbero indicate persino le probabili collocazioni nelle sue residenze svizzere, anche se gran parte della collezione era conservata nel magazzino blindato del porto franco di Ginevra, a Grand-Lancy, vicino all’aeroporto. Fino a quando si trovavano nel porto franco le opere non erano soggette all’Iva svizzera del 7,7%, mentre sarebbero state tassate se fossero state trasferite nelle numerose residenze di Drahi.

Ad esempio, opere per un valore di 65 milioni di euro erano destinate a essere allestite nel suo chalet di Zermatt, il che avrebbe comportato un’Iva di 5 milioni di euro. Anche le sue due case di Cologny erano annotate come possibili destinazioni per altre opere del valore di 312 milioni di euro, potenzialmente soggette a un’Iva per 24 milioni di euro.

I consulenti fiscali ginevrini Oberson e Abel hanno tuttavia consigliato a Drahi di affittare le opere da Before SA, il che gli avrebbe permesso di ottenere un rimborso dell’Iva. Un’altra soluzione suggerita è stata quella dell’«importazione temporanea», autorizzata per due anni e prorogabile per un terzo. Ma i due consulenti si sono spinti sino a proporre di scrivere alle autorità doganali ginevrine per chiedere l’esenzione dall’Iva. Heidi News ha domandato alle autorità svizzere se questa proposta fosse stata accettata, senza ricevere risposta.

I documenti mostrano che Oberson e Abel hanno anche esplorato la possibilità di utilizzare legalmente la casa di Drahi a scopi commerciali, con opere d’arte in esposizione e potenzialmente in vendita, valutando anche di creare una galleria annessa, aperta in qualche modo al pubblico al fine di ridurre gli oneri dell’Iva. Non ci sono prove che Drahi abbia seguito il consiglio dello studio ginevrino, anche se quest’ultimo ha scritto alle autorità fiscali in tal senso.

Inizialmente Drahi possedeva circa 200 opere d’arte con la sua società lussemburghese Before SA, e per questo non sarebbe stato soggetto all’imposta sulle plusvalenze qualora le avesse rivendute o regalate ai figli. Tuttavia, la situazione è cambiata nel gennaio 2022, quando l’Unione Europea ha adottato una nuova direttiva, la ATAD2 (Anti Tax Avoidance Directive), rivolta in particolare al Lussemburgo e ai Paesi Bassi.

Forse in previsione di questo cambiamento normativo, pochi mesi prima, il 29 ottobre 2021, la proprietà della collezione era stata trasferita a due società di Saint Vincent e Grenadine, un paradiso fiscale dei Caraibi, denominate Angelheart Ltd e Forever Ltd. Il gruppo di opere è stato inizialmente valutato 764 milioni di euro, ma per non incorrere nell’imposta sulle plusvalenze, nel marzo 2022 le stime sono state ridotte a 717.023.825 euro. Tenendo conto delle perdite esistenti su altre voci, il trasferimento non ha comportato l’applicazione dell’imposta sulle plusvalenze.

Come osserva il professor Roman Kräussl del dipartimento di finanza dell’Università del Lussemburgo: «Non si può fare questo tipo di valutazione internamente, occorre uno specialista esterno indipendente e magari più di uno. Altrimenti c’è il rischio di una sottovalutazione che potrebbe portare a problemi fiscali».

Al momento della pubblicazione, Drahi non ha risposto alle domande di «The Art Newspaper» e né lui né i suoi consulenti hanno risposto a 31 domande puntuali inviate da Heidi News. Tuttavia, hanno dichiarato che: «Il signor Drahi non commenta, conferma o respinge le accuse relative alla sua vita privata, ai suoi figli o alla sua religione», aggiungendo: «Il signor Drahi e la sua famiglia hanno sempre pagato le tasse dovute, in conformità con le normative vigenti nei Paesi interessati».

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