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Giuseppe Parello, direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi

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Giuseppe Parello, direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi

Gucci tra il Partenone e il Tempio della Concordia

Silvia Mazza

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Agrigento. «I templi greci ce li abbiamo anche ad Agrigento. Gucci venga da noi». A lanciare l’offerta di «ripiego» alla maison fiorentina è il direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, Giuseppe Parello. Lo stesso che nell’estate del 2015 dava l’ok (bissato l’anno dopo) a un banchetto dei magnati del web e star dello showbiz ai piedi del tempio della Concordia, ridotto a fondale scenografico e per il quale sono bastati 100mila euro a far scivolare la valorizzazione con concessione d’uso verso lo svilimento commerciale del patrimonio. Ma non è che uno dei tanti casi di arte in affitto oggetto di polemiche, dalla sfilata di Stefano Ricci agli Uffizi (130mila euro) al matrimonio indiano dalle mille e una notte nel Cortile dell’Ammannati a Palazzo Pitti (40mila), e per restate nella stessa Sicilia, dal buffet del 2013 al tempio di Segesta (5mila) allo Spritz (22mila) dell’ottobre scorso nello stesso tempio, con logo e altre scritte pubblicitarie sparate da fasci di luce multicolor sul frontone.
Tra i «puristi» che la considerano un’inaccettabile forma di privatizzazione dei beni culturali e i direttori-manager per i quali la scarsa disponibilità finanziaria rende necessario accedere a un variegato ventaglio di possibilità di fundraising, resta sempre la possibilità di trovare una via di mezzo tra la valorizzazione del patrimonio e la sua commercializzazione, la quale, all’interno di una griglia condivisa di regole e procedure, consenta di valutare, caso per caso, la validità della concessione in oggetto. Perché la lezione che viene data dal caso greco non è quella di un «no» punto e basta e non c’entra nemmeno la dignità nazionale, come pure è stato detto.
Il Consiglio archeologico, ha spiegato la ministra greca della cultura Lidia Koniordou, non ha concesso l’Acropoli per la sfilata di moda perché vi riconosce un monumento simbolo della democrazia. «Avevamo proposto, in alternativa, altri monumenti che la casa di moda ha rifiutato», ha precisato. Monumenti la cui concessione, evidentemente, non sarebbe stata avvertita dai greci come una lesione alla dignità nazionale. Perché un monumento non vale l’altro, benché di questo sembri essere convinto il direttore della Valle dei Templi, che «per fortuna» ci rassicura: Gucci è «una garanzia», «se qualcun altro ci chiedesse di fare sfilare una pornodiva non accetteremmo». Il punto è che non è che sia uno spazio fisico e un bene materico quello che i greci hanno negato, ma ciò che sopravvive all’usura delle pietre: il potere semioforo dell’arte. E un evento, seppur culturale, ma fortemente elitario come una sfilata di moda si combina a fatica col concetto di democrazia.
Se già appare quanto meno poco opportuna, almeno sul piano etico, l’offerta di Parello, per la Sicilia bisogna introdurre una serie di riflessioni specifiche. Con una premessa: se i greci hanno attribuito un preciso significato simbolico all’Acropoli, qual è quello che possiamo riconoscere al tempio della Concordia? Se è come è il tempio simbolo di uno dei più importanti siti Unesco del Mediterraneo, può essere concesso per eventi che ne inibiscano, seppur temporaneamente, la fruizione pubblica? È patrimonio dell’umanità, ma ad orologeria o con ammissione di deroghe? Cioè cessa di esserlo per la tale occasione, dalla tale ora alla tal altra e a seconda di chi è il richiedente e di quanto è disposto a spendere? Se, dicevamo, si dovrebbe sempre valutare caso per caso, nel caso del Concordia questa elitaria inibizione della fruizione pubblica non dovrebbe essere sempre esclusa a prescindere? La sua concessione al privato, in altre parole, dovrebbe sempre essere subordinata alla garanzia che sia preservato il valore simbolico del monumento quale patrimonio dell’umanità tutta, senza distinzioni di censo. Un discorso estendibile, naturalmente, a tutti i siti della World Heritage List, per cui poco importa se si tratti di un banchetto o una sfilata di alta moda.

A questi spunti di riflessione va, poi, affiancato il particolare status della Valle dei Templi, che a sua volta rimanda a un tema di cogente attualità nel nostro Paese: quello dell’autonomia gestionale e finanziaria degli istituti. Già due anni fa ci chiedevamo: «Ma contare i soldi in cassa può davvero essere il solo metro di valutazione? Oppure non bisognerebbe avviare una seria riflessione su quali siano gli obiettivi in termini di valorizzazione e fruizione che possano davvero mettere in valore l’autonomia? e questa, poi, deve intendersi in maniera autarchica o comunque all’interno di una griglia condivisa di regole e procedure? Fin dove, infine, si può spingere l’apertura del patrimonio ai privati in nome del fundraising?». Interrogativi che si calano in una situazione particolare. Mentre il veto in Grecia l’ha dato il Consiglio archeologico, nel caso dell’istituto autonomo di Agrigento non avrebbe voce in capitolo il Consiglio Regionale per i Beni culturali, che dovrebbe essere reinsediato a breve (ma sulla «qualità» dei suoi componenti si veda il nostro documento sottoscritto da Legambiente e Italia Nostra, per cui difficilmente ci sarà possibile riconoscere autorevolezza al suo parere). Oggi, che ancora si attende il reinsediamento pure dell’altro Consiglio, quello del Parco, decaduto dal 2011, tutto è deciso da una consolidata diarchia operativa sottratta a qualunque valutazione di merito: quella direttore-commissario. Così si spiega perché per la Grecia conosciamo il parere del Consiglio e della ministra della cultura e per la Sicilia, invece, nel silenzio degli organi consultivi, ma anche dello stesso Assessore ai Beni culturali (che nella regione autonoma corrisponde al ministro), campeggi l’assolo del direttore del Parco.
Se la Grecia dà una lezione di civiltà all’Europa e al mondo, questa è la lezione che la Sicilia vorrebbe dare alla Grecia.

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Silvia Mazza, 21 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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