Gli spiazzamenti percettivi di Marignoni
La prima personale dell’artista trentino da Kromya Art Gallery è un invito a osservare dettagli e limiti che si celano tra le disparate morfologie delle sue opere

C’è una cifra comune tra le opere, di diversa tecnica, diverso materiale, diverso formato, che il giovane trentino Luca Marignoni espone dal 7 ottobre (con inaugurazione il 6 ottobre) al 2 dicembre da Kromya Art Gallery. Nato a Cles nel 1989, l’artista, dopo diverse partecipazioni a mostre collettive, è alla sua prima personale, «Lo stesso cielo, ogni notte», a cura di Luca Massimo Barbero, che raccoglie una ventina di opere scultoree, in legno, gesso e cartongesso, realizzate dal 2016 al 2023, in ampia parte inedite.
La cifra comune del suo modus operandi è identificata da Barbero nella «poetica del limite», come il confine tra la luce e l’ombra che caratterizza il grande pannello in cartongesso «Variazioni di: 1»: posto su un’apertura, lasciando filtrare la luce attraverso il disegno che una fresa ha trasformato in un traforo, rende ambigua la percezione del passaggio tra il dentro e il fuori e crea un punto di inattesa fragilità della parete, aprendo aspettative e attese su ciò che si trova al di là di questo sottile ma invalicabile confine.
Sono opere che «prendono spunto dalla logica dell'iconostasi», suggerisce Barbero che, se «apparentemente nasconde qualcosa, agisce piuttosto per evocare un incontro». Il confine viene evocato anche nelle fragili (ancora la fragilità, la leggerezza, la delicatezza di un lavoro in levare, che emerge dalla materia) sculture in legno, al limite tra oggetto materiale e ombra evanescente.
«Le sculture di Marignoni, scrive ancora Barbero, ci chiedono di considerare se l’atto del fare sia definito dal riempire uno spazio con qualcosa dove prima non c’era nulla e rispondono trasformando e riducendo la materia che già c’è in una forma che ci costringe a prendere coscienza della dimensione in cui esistiamo. Oscillano nel potere delle loro stesse ombre. Senza pretese, implicano tutto il resto. Ci portano al confine del visibile e ci spingono verso l’idea di ciò che c’è oltre. Ci indicano l’invisibile».
Partendo da un pezzo di legno, lo scultore ne ricava un leggerissimo disegno tridimensionale, che, appeso al muro, sembra essere sospeso nell’aria, come in «Punto fra due cieli», titolo di una serie di sculture. «Sono opere quasi sempre costruite sulla simmetria, spiega l’artista, perché credo che la simmetria accentui la profondità del lavoro, inviti a guardare attraverso, donando la sensazione di una maggiore volumetria a cui contribuisce poi anche il gioco di ombre che si crea sulla parete».
E nella lavorazione del legno, a ben guardare, ritorna quell’attenzione al segno, sottile, che si confonde quasi con le venature. A ben guardare. È proprio questa una delle chiavi di lettura della mostra, la necessità di un’osservazione attenta, come suggerisce, un po’ cripticamente, il titolo scelto dall’artista. «Ho scelto il cielo come qualcosa che si guarda sempre, spiega, non è qualcosa di particolare, è sempre lo stesso, sembra che non ci sia niente da vedere, ma poi a ben guardare trovi moltissime cose da osservare. Anche le mie opere si possono capire solo se viste dal vero, allora iniziano a vibrare, allora si percepisce quella relazione che creano con lo spazio e che inizia a trasformarlo».
