Gli Odescalchi vendono le loro opere?

Un’interpellanza denuncia presunte alienazioni dalle loro collezioni

Particolare della facciata di Palazzo Odescalchi a Roma, in piazza Santi Apostoli
Guglielmo Gigliotti |  | ROMA

Molte grandi collezioni d’arte antica sono sottoposte all’istituto giuridico del trust, per cui i proprietari possono beneficiarne ma non disporne: così è, a Roma, per i tesori d’arte privati, ma di interesse culturale universale, dei Colonna, dei Pallavicini-Rospigliosi, dei Doria-Pamphilj. Non per gli Odescalchi.

Il motivo, che ha radice in specifiche disposizioni del Mibact stabilite nei decenni passati, non è stato (ancora) chiarito. Fatto sta che un’interpellanza parlamentare del 5 agosto rivolta dalla deputata Vincenza Bruno Bossio (Pd) al ministro Franceschini riporta alla ribalta proprio questa famiglia aristocratica, protagonista dal XVII secolo dello scenario politico-culturale europeo, soprattutto a seguito del pontificato di Innocenzo XI (al secolo Benedetto Odescalchi), dal 1676 al 1689.

L’interpellanza alla Camera dei deputati ha per oggetto la presunta dispersione di parte dei dipinti d’epoca rinascimentale e barocca operata dalla principessa Giulia Odescalchi, proprietaria del palazzo gentilizio in piazza Santi Apostoli, realizzato da Carlo Maderno, poi riconfigurato su progetto di Gian Lorenzo Bernini e, infine, ampliato da Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli.

L’interpellanza elenca una serie di opere d’arte non più presenti nella fastosa dimora, tra cui una «Resurrezione» di Saturnino Gatti di fine ’400, che sarebbe stata privata di una grande cornice dorata per facilitarne l’espatrio, tanto che era in vendita da Christie’s a New York il 12 gennaio 1996 nell’asta n. 8.338. A un’asta di Sotheby’s di Londra sono apparsi invece una veduta di Tivoli e una di Grottaferrata di Gaspar van Wittel, precedentemente parte della collezione di Palazzo Odescalchi, come la «Festa di corte in giardino di villa italiana», dipinta nel 1556 dal monogrammista «MO», e giunta a un’asta di Trinity Fine Art, a Londra.

Alienazione lecita? Sicuramente non lo fu quella riguardante un taccuino di proprietà Odescalchi con disegni di Pietro da Cortona, che negli anni ’90 si stava involando all’estero, se non fosse stato sequestrato alla dogana dell’Aeroporto di Fiumicino dalla Guardia di Finanza per esportazione clandestina. Ora il taccuino è in collezione presso l’Istituto centrale per la grafica. Altro taccuino emerso sul mercato londinese è quello di Francesco Allegrini, ma all’appello ne mancano altri 29, tutti acquistati a fine ’600 da Livio I Odescalchi, nipote di Innocenzo XI.

L’onorevole Bruno Bossio auspica un «sequestro preventivo» di quanto ancora rimane nel Palazzo Odescalchi (dove peraltro è stata operata una radicale frammentazione degli ambienti al fine di ricavarne appartamenti), per scongiurare, nello scompaginamento di un insieme di altissimo profilo culturale, «un duro colpo alla cultura capitolina».

Quanto è avvenuto di sicuro nel passato è la spoliazione, da parte di altri componenti della famiglia Odescalchi, di residenze ricche di statuaria antica e opere barocche, a Bassano Romano (scelta da Fellini nel 1960 per scene di «La dolce vita»), a Bracciano (il Castello Odescalchi) e a Palo, a nord di Roma. Un «Mitra tauroctono» è apparso al Getty Museum di Malibu, ma di decine di altri capolavori, tra cui elementi pertinenziali e non amovibili, che sarebbero dovuti entrare nel vincolo unitario del palazzo, non si sa più nulla.

Interpellata, Giulia Odescalchi risponde: «Ho venduto solo due opere di Lucio Massari (pittore bolognese del Seicento, Ndr), con regolare contratto di vendita, a una galleria di fama nazionale. I taccuini con disegni di Pietro da Cortona non erano miei, del sequestro della Guardia di Finanza non so nulla. Di ogni oggetto che è uscito da Palazzo Odescalchi ho informato le autorità competenti. Gli uffici di Soprintendenza sanno tutto, anche delle trasformazioni interne degli appartamenti, tutto è avvenuto sempre legalmente».

Contattati da «Il Giornale dell’Arte», gli uffici competenti della Soprintendenza speciale di Roma hanno dichiarato di non aver avuto finora alcun riscontro di illeciti, e che sarà eventualmente l’azione della Magistratura, coinvolta mediante esposto presentato da persona informata dei fatti, a chiarire l’intera questione.

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