«Hogarth e l’Europa», la nuova grande mostra alla Tate Britain (fino al 20 marzo), esamina il lavoro del grande maestro inglese della satira pittorica sotto una nuova luce, ponendolo in relazione con l’opera di contemporanei europei.
Sessanta i lavori esposti, provenienti da collezioni pubbliche e private d’Europa e d’America, e capaci di rivelare i diversi volti di William Hogarth: quello del leale patriota, del critico tagliente e dell’astutissimo businessman.
Negli anni ’30 del Settecento avviò le celeberrime serie dei «soggetti morali moderni»: racconti pittorici che narrano l’ascesa e la caduta di personaggi della società inglese del tempo, corrotti dal vizio e dall’assenza di morale. Il XVIII secolo fu un’epoca di trasformazioni, non solo sociali e politiche ma anche urbane: città come Londra, Parigi e Amsterdam subirono un’espansione straordinaria, offrendo a generazioni di artisti unacaleidoscopica fonte di ispirazione.
La mostra londinese, pertanto, affianca scene che ritraggono la vivace vita della capitale inglese (come in «Southwark Fair» del 1733) a vibranti dipinti della Parigi di Étienne Jeaurat e della Venezia di Pietro Longhi. Tra i pezzi forti, il ritratto di Miss Mary Edwards, l’eccentrica e ricchissima mecenate di Hogarth (opera esposta per la prima volta in Gran Bretagna nell’arco degli ultimi cent’anni), nonché capolavori di contemporanei quali Pietro Crespi, Jean-Baptiste-Siméon Chardin e Cornelis Troost.
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