Gli affreschi dell’Abbazia di Pomposa patiscono il nord

Restaurati il Crocifisso e le decorazioni parietali della navata sinistra del complesso abbaziale romagnolo dove passarono anche Dante, Giotto e l’inventore della «scrittura» musicale Guido d’Arezzo

La navata sinistra dell’Abbazia di Pomposa con il Crocifisso
Stefano Luppi |  | Codigoro (Fe)

«A livello tecnico, ogni azione di restauro si compone di molte fasi che scaturiscono dalla ricerca e tendono alla conservazione ottimale. Anche a livello emotivo, qui all’Abbazia di Pomposa, abbiamo attraversato vari momenti, tra l’apprensione e l’orgoglio, nel constatare che questi interventi oggi assicurano la corretta sopravvivenza di opere di notevole importanza». Così Serena Ciliani, il direttore del complesso abbaziale romagnolo dove passarono anche Dante, Giotto e l’inventore della «scrittura» musicale Guido d’Arezzo, illustra il compimento del restauro del ciclo di affreschi della navata sinistra della Chiesa di Santa Maria, realizzato in diverse epoche tra Tre e Ottocento e del Crocifisso databile tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo.

L’intervento, iniziato nel novembre 2021, costato 100mila euro (fondi della legge 190/2020) e terminato da poco, ha riguardato superfici pittoriche da tempo particolarmente compromesse per la loro collocazione su una parete rivolta a nord. Vista la loro rilevanza artistica è stato istituito un gruppo di lavoro che ha coinvolto l’architetto Keoma Ambrogio della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Bologna come progettista e direttore dei lavori mentre i restauri sono stati condotti dal restauratore Giovanni Giannelli del Laboratorio di Ottorino Nonfarmale.
La navata sinistra dell’Abbazia di Pomposa
Le operazioni sono state coordinate dalla Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna: Emanuela Fiori si è occupata degli aspetti storico artistici e Maria Teresa Conventi della direzione operativa. La parete recava pitture figurative e decorative su un apparato murario lasciato a «vista»: «I problemi conservativi, prosegue Serena Ciliani, erano diversi. Ossidazioni superficiali generalizzate ne riducevano la leggibilità e numerose alterazioni cromatiche, anche di dimensioni considerevoli, riguardavano prevalentemente integrazioni otto-novecentesche. Altri fenomeni di degrado rilevati interessavano lo strato di intonaco a supporto della pellicola pittorica con sollevamenti e distacchi di entrambi gli strati».

Giovanni Giannelli aggiunge: «Una volta determinata la sequenza stratigrafica e individuata una stesura di calce leggermente pigmentata “avorio” si è proceduto con la riproposizione della stessa nelle parti lacunose e come fondo, là dove era necessario integrare piccole zone. Questa procedura ci ha permesso di ottenere e mantenere quella “trasparenza” e definizione che caratterizza l’intera decorazione e allo stesso tempo di creare una zona neutra tra i vari elementi decorativi che circondano il Crocifisso».

Particolarmente complesso è risultato il recupero della «Madonna con Bambino in Trono», «avvenuto, prosegue il restauratore, prima con una serie di consolidamenti superficiali e in profondità e a seguire con la rimozione dalla superficie pittorica di una ossidazione particolarmente aggregata provocata dalla stesura di vari fissativi e restauri pittorici. Le integrazioni pittoriche sono state eseguite a tempera, acquarello e in alcuni punti a pastello, in accordo con la direzione lavori per valorizzare l’apparato decorativo».
Il Crocifisso in fase di restauro
Il Crocifisso ligneo era in condizioni critiche per i sollevamenti della pellicola pittorica delle tre differenti stesure cromatiche applicate nei restauri precedenti e per il viraggio cromatico della patinatura applicata nel XIX secolo. «Qui, spiega il restauratore, sono stati eseguiti la disinfestazione dei biodeteriogeni e il consolidamento della pellicola pittorica al fine di recuperare la cromia primo rinascimentale, eliminando le numerose ridipinture così da recuperare anche l’espressività del volto del Cristo con dettagli molto raffinati». A conclusione delle operazioni il complesso scultoreo è stato ricollocato all’interno della nicchia ricavata ed evidenziata da un motivo decorativo nel XIX secolo.

Aggiunge infine Keoma Ambrogio: «Tra gli affreschi è stata recuperata una Madonna in trono tra santi di ottima fattura con uno stato di degrado avanzato. È stata inoltre presa un’importante decisione relativamente alle vaste superfici in muratura a vista che circondavano gli affreschi e che ne rendevano complessa la lettura. Adottando un intonaco a calce con tinta neutra si è cercato di restituire dignità all’insieme eliminando la disomogeneità visiva».

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Stefano Luppi