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Genius ex machina

Massimiliano Capella

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Manualità e alta tecnologia a confronto tra alta moda e prêt-à-porter: ma forbici e tagli al laser possono rivelarsi formidabili complici e i rispettivi ruoli non sono così definiti

Fatto a mano vs fatto a macchina. Non proprio! L’alto artigianato della moda haute couture si confronta e non si scontra con le tecniche di lavorazione industriale tipiche del ready-to-wear. «Manus Machina», la nuova mostra del Costume Institute del Metropolitan Museum di New York, allestita dal 5 maggio al 14 agosto nella Robert Lehman Wing, propone infatti una sintesi di 120 abiti e accessori per raccontarci il serrato dialogo contemporaneo tra hand-made e machine-made. Dalla nascita dell’alta moda nel XIX secolo all’invenzione della macchina da cucire la conciliazione tra mano (manus) e macchina (machina) è uno dei temi centrali della moda, soprattutto negli ultimi decenni che hanno registrato nuovi processi creativi dominati da un mix tecnico che ha rimesso in discussione la netta distinzione tra haute couture e prêt-à-porter.

Per Thomas P. Campbell, direttore e ceo del Met, «la moda e la tecnologia sono inestricabilmente collegate ed è quindi opportuno esaminare il ruolo che la mano e la macchina hanno giocato nel processo creativo, non in contrapposizione ma come protagoniste reciproche e uguali». In una sequenza di abiti e prototipi ambientati in maison de couture o moderni atelier si confrontano quindi le tecniche di lavorazione tipiche dell’alta moda più tradizionale, come il ricamo con piume e fiori artificiali, la plissettatura, accanto ai processi più innovativi della stampa 3D, il taglio laser e la saldatura a ultrasuoni.

L’haute couture e l’avanguardia ready-to-wear si sono sfidate sulla base della lavorazione a mano o a macchina, ma, come rivela questa mostra, questa distinzione è diventata sempre meno precisa, con una chiara fusione di entrambe le tecniche. I fashion designer chiamati al confronto mano-macchina sono, tra gli altri, i giganti dell’alta moda, da Cristóbal Balenciaga a Gabrielle «Coco» Chanel, André Courrèges, Christian Dior, Mariano Fortuny, Hubert de Givenchy, Charles James e Madame Grès, fino ai più contemporanei John Galliano (Christian Dior, Maison Margiela), Jean Paul Gaultier, Marc Jacobs (Louis Vuitton). L’aspetto più strettamente tecnologico è invece rappresentato dalle creazioni di Rei Kawakubo (Comme des Garçons), Karl Lagerfeld (Chanel), Helmut Lang, Alexander McQueen (Givenchy), Issey Miyake, Miuccia Prada, Paco Rabanne, Yves Saint Laurent, Raf Simons (Christian Dior), Riccardo Tisci (Givenchy), Iris van Herpen e Yohji Yamamoto.

Massimiliano Capella, 03 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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