Gallerie d’Italia con quattro porte
Il direttore Michele Coppola, a pochi giorni dell'apertura della sede torinese: «Sogno che domani tanti ragazzi, ormai uomini e donne, possano dire di aver compreso i grandi temi dell’attualità attraverso i nostri progetti sulla fotografia. Progetti culturali e "sociali"»

Il 17 maggio è la data, attesissima, del più vasto e ambizioso progetto culturale degli anni recenti a Torino, le nuove Gallerie d’Italia di piazza San Carlo in Palazzo Turinetti, sontuosa sede legale e storica di Intesa Sanpaolo. Proprio alla banca si deve il quarto museo (dopo le sedi di Milano, Vicenza e Napoli, che il 21 maggio apre spazi triplicati rispetto agli attuali, in cui si esporranno Caravaggio e la pittura napoletana, ceramiche antiche e arte contemporanea) del suo «sistema di musei» gestito dal Progetto Cultura della Banca, nato per valorizzare un patrimonio di oltre 35mila opere d’arte di proprietà, confluito negli anni nel Gruppo.
Le Gallerie d’Italia di Torino si svilupperanno su 10mila metri quadrati di percorso espositivo su cinque piani, di cui tre ipogei, riconfigurati su progetto di Michele De Lucchi (AMDL CIRCLE) per renderlo «un luogo unico dove fotografia e videoarte documenteranno e conserveranno immagini, avvenimenti, riflessioni per promuovere i temi legati all’evoluzione della sostenibilità Esg (Environmental, Social, Governance)», spiega la banca. Responsabile, anima e instancabile coordinatore è Michele Coppola (Torino, 1973), Executive Director Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo. È anche direttore delle quattro sedi delle Gallerie d’Italia, ciascuna delle quali ha un vicedirettore incaricato: Antonio Carloni a Torino (forte del suo precedente incarico di direttore del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move), Giovanni Morale a Milano, Antonio Ernesto Denunzio a Napoli ed Elena Milan a Vicenza.
Lo spazio torinese sarà la sede dell’Archivio Publifoto (con circa 7 milioni di scatti realizzati dagli anni Trenta agli anni Novanta da una delle principali agenzie di fotogiornalismo italiane) ed esporrà una selezione di opere dalle collezioni del Gruppo, tra cui il seicentesco ciclo pittorico dell’antico Oratorio della Compagnia di San Paolo. Le due mostre inaugurali (fino al 4 settembre) saranno «La fragile meraviglia. Un viaggio nella natura che cambia» di Paolo Pellegrin, un reportage fotografico «d’autore» dedicato al tema del cambiamento climatico con la curatela di Walter Guadagnini (committenza originale che ha visto impegnato il fotografo in Paesi come Namibia, Islanda, Costa Rica e Italia) e, in significativo dialogo, «Dalla guerra alla luna. 1945-1969», selezione di immagini storiche dell’Archivio Publifoto, a cura di Giovanna Calvenzi e Aldo Grasso.
Direttore, come si immagina le Gallerie d’Italia di piazza San Carlo nel giorno dell’inaugurazione?
Nonostante l’abitudine di chi come me ormai frequenta da tempo un cantiere che suscita meraviglia ed emozioni costanti, anche per il suo essere in continuo divenire, mi immagino che il 17 maggio sarà comunque un momento di grandissima sorpresa. Scendere la gradonata che De Lucchi ha ideato per portare dal cortile interno fino al secondo piano sotterraneo già oggi provoca sensazioni forti. E credo che molti, come me, vivranno la sorpresa di scoprire spazi davvero molto suggestivi, del tutto nuovi e perfettamente adatti a presentare temi così attuali e importanti nella nostra vita, come quelli che potranno ammirare dal giorno dell’inaugurazione.
Le mostre inaugurali suggeriscono infatti un confronto particolarmente suggestivo, tra le nuove immagini dedicate al «climate change» del progetto di Paolo Pellegrin e gli scatti del boom economico italiano provenienti dall’Archivio Publifoto. Com’è nato questo doppio progetto?
La scelta di Pellegrin nasce da tre ragioni. La prima, legata al tema: il cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacciai, un lavoro importante e centrale nella sua poetica. Seconda ragione, Pellegrin è un componente del board di Camera, di cui Walter Guadagnini è il direttore. Vogliamo lanciare un messaggio chiaro di collaborazione con Camera, che abbiamo contribuito a fondare e con cui continueremo a lavorare. Terza ragione: iniziamo con un grande fotografo italiano per proseguire con protagonisti internazionali, già entro il 2022. Ma, a dimostrazione che anche nella componente dedicata alla fotografia a Torino esiste un legame forte con la collezione di proprietà di Intesa Sanpaolo, l’Archivio Publifoto sarà fisicamente presente negli spazi di piazza San Carlo, e (a -10 metri, terzo piano ipogeo) avrà una rilevanza di primissimo piano in termini di dimensioni, di fruibilità e di interazione con tutte le iniziative temporanee via via realizzate. Abbiamo quindi deciso di proporre una selezione di immagini che fosse in dialogo con la nostra nuova committenza a Pellegrin. Le due mostre sottolineano proprio la volontà di riflettere in parallelo, in termini contemporanei e storici, e di presentarsi come approfondimento reciproco. Ma in realtà, secondo la felice intuizione di De Lucchi, chi entra potrà vedere ciò che più desidera, muovendosi liberamente tra le diverse attività sui vari livelli e il percorso museale curato da Fernando Mazzocca, Alessandro Morandotti e Gelsomina Spione nelle sale storiche del secondo piano di Palazzo Turinetti. Il tutto accompagnato da momenti di racconto intorno alle immagini che pensiamo saranno estremamente suggestivi.
Quali novità porteranno le Gallerie torinesi nel sistema che già comprende Milano, Napoli e Vicenza?
Le Gallerie d’Italia sono un museo con quattro porte. E se il 17 apriranno al pubblico le Gallerie di Torino, il sabato successivo inaugureremo le nuove Gallerie di Napoli, ampliate da Palazzo Zevallos Stigliano agli spazi, giganti e bellissimi, dell’ex Banco di Napoli. Ovviamente sia le Gallerie di Torino sia quelle di Napoli lavoreranno aggiungendo, affiancando e diversificando. Esiste una singola identità per ogni luogo e le Gallerie di Torino, scegliendo la fotografia e l’immagine come elementi centrali, affiancano alle altre sedi uno spazio in cui affrontare le grandi tematiche del presente, come il cambiamento climatico, l’economia circolare, l’inclusione, le sfide della tecnologia e dell’innovazione del futuro. Tutti i temi che la fotografia, con la sua velocità ed efficacia, può mettere al centro dell’attenzione, grazie a esposizioni originali e a una rete di attività, dibattiti, approfondimenti, progetti con le università, laboratori con le scuole, iniziative con tutta la platea di istituzioni della città di Torino e non solo.
Quali attività avete previsto per i prossimi mesi?
Non tutte si possono condividere, perché stiamo lavorando a una pianificazione che arriverà fino al 2024 e servirà a definire l’identità delle Gallerie d’Italia. Che, a partire dallo stesso nome, lasciano intendere la volontà di condividere le collezioni di proprietà della banca. Attorno alle mostre vogliamo realizzare molti momenti di dialogo, di indagine e di racconto. Le Gallerie si apriranno alla città per proseguire la «passeggiata» in piazza San Carlo aprendosi ad altre istituzioni culturali. Lavoreremo con festival e appuntamenti centrali in città, e lo faremo ovviamente a partire dal Salone del Libro e Artissima, comprendendo tutti i soggetti abitualmente sostenuti dal Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo. Torinesi e non solo. Vogliamo proporre un’idea nuova di museo, capace di far accadere tante cose e, da vero «content provider», di produrre contenuti originali da condividere con il pubblico italiano per poi portarli in altri luoghi del mondo. A partire dalla fotografia, in cui Torino si è ritagliata una posizione di primo piano.
Torino riuscirà davvero ad affermarsi come uno dei pricipali poli internazionali della fotografia?
Io credo che le Gallerie d’Italia di piazza San Carlo nascano perché il lavoro fatto con Camera-Centro Italiano per la Fotografia (nato nel 2015, presieduto da Emanuele Chieli, Ndr) è stato capace di contribuire a evidenziare come la fotografia possa essere protagonista in un dibattito attuale. I progetti di Camera sono di grande qualità e riconoscimento internazionale, come dimostra l’esposizione in corso con le collezioni del MoMA. Le Gallerie d’Italia si inseriranno in un percorso molto chiaro, che fa riferimento sia al lavoro del recente passato, sia alla vocazione di Torino nel campo del cinema, della televisione, delle gallerie private e di Artissima. Già oggi è una delle città più importanti a cui guardare se si è interessati alla fotografia. Dal 17 maggio sarà di certo un luogo in cui sarà obbligatorio recarsi, di persona, per vedere ciò che vi accade anche grazie all’impegno continuativo dalla prima banca italiana, con tutta la sua forza e le sue ambizioni. Il consiglio che do alla città, anzi il mio auspicio, è continuare a fare tutto questo: concepire e produrre iniziative, mai prescindendo dalla qualità, in una coralità di soggetti coinvolti.
Quale rapporto vede con Camera, di cui Intesa Sanpaolo è tra i soci fondatori?
Credo che il fatto stesso che Guadagnini, direttore di Camera, curi la prima mostra da noi sia un bellissimo messaggio. La sinergia, la vicinanza fisica, la differenza degli spazi, tutto potrà aiutare per progetti comuni e iniziative congiunte. Torino ha spazio sufficiente per entrambe le istituzioni, e magari per una bellissima passeggiata nel centro cittadino, ricco di musei come poche altre città in Italia.
Le Gallerie d’Italia di Torino saranno incentrate esclusivamente sulla fotografia?
Il tema è la fotografia, l’immagine, il mondo digitale. Lo spazio si presta, anche con gli ambienti aulici di Palazzo Turinetti, a ospitare eventi diversi e molto vari. La manica lunga al terzo piano sotterraneo è un volume molto duttile e davvero affascinante. Lo presenteremo completamente vuoto, per suggerire le sue potenzialità e tutti i possibili progetti futuri. È una scelta che conferma l’altissima qualità dell’intervento architettonico.
Lei come immagina le Gallerie d’Italia di Torino fra dieci anni?
Mi piacerebbe sentire parlare delle Gallerie con lo stesso affetto e apprezzamento delle grandi istituzioni culturali che già oggi costituiscono l’identità di Torino, dalla Mole Antonelliana al Museo Egizio. E vorrei che tanti ragazzi, ormai diventati uomini e donne protagonisti della propria vita, possano dire di aver compreso meglio i grandi temi dell’attualità proprio nelle Gallerie d’Italia di Torino, grazie a un laboratorio con la scuola, un progetto con l’università, una grande mostra. Mi piace pensare che le nostre iniziative (che sono culturali e, non dimentichiamolo, sociali) possano servire a far nascere nuove curiosità. E a soddisfare il nostro bisogno di bellezza e di conoscenza del mondo che ci circonda.
GALLERIE D’ITALIA - TORINO
I contributi speciali pubblicati nei mesi scorsi per approfondire alcune questioni cruciali del dibattito contemporaneo sulla fotografia in vista dell’apertura della nuova sede di Gallerie d’Italia