Firenze, dopo l'alluvione un decennio di utopie radicali

Una mostra alla Strozzina ripercorre la straordinaria stagione creativa vissuta dalla città tra il 1966 e il 1976, contraddistinta da un originale scambio tra la ricerca architettonica e le arti visive

«Città lineare-proposta di corridoio urbano», un progetto di Zziggurat del 1969
Laura Lombardi |

Firenze.  «L’alluvione di Firenze del 1966 portò i giovani architetti a un coinvolgimento molto vitale», ricorda Lara Vinca Masini (testimone seria e appassionata di quella stagione) «e un grande coraggio invase la città».
La mostra «Utopie radicali. Oltre l’architettura. Firenze 1966-1976», aperta dal 20 ottobre al 21 gennaio 2018 nelle sale della Strozzina di Palazzo Strozzi, per la cura di Pino Brugellis, Gianni Pettena e  Alberto Salvadori (curatori anche del catalogo edito da Quodlibet Habitat), è dedicata a quelle utopie sí radicali ma al tempo stesso così ancorate nella realtà del tempo e non certo solo italiana.
È infatti una Firenze davvero internazionale quella che, in anni in un’Europa che andava «covando» il ’68, lavora sullo scambio e sui nessi tra la ricerca architettonica e le arti visive e la musica (mitici lo Space Electronic dei 9999 a Firenze o il Bamba Issa
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(l'articolo integrale è disponibile nell'edizione su carta)

© Riproduzione riservata L’immagine della mostra è una citazione della copertina del numero 367 della rivista «Casabella» del luglio 1972, realizzata dall’allora direttore Alessandro Mendini e dedicata alla mostra Italy. The New Domestic Landscape a cura di Emilio Ambasz al MoMA di New York che aveva celebrato a livello internazionale il lavoro dei progettisti radicali, coinvolti nella mostra di Palazzo Strozzi.
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