Fase 2, zero fiere?

Tra fiere spostate e già programmate, in autunno sarà un ingorgo globale. Ma i galleristi frenano: i rischi (non solo sanitari) sono altissimi

La stazione di Waterloo nella serie fotografica di Mark Wallinger, «Panorama: London 2020» (particolare), dedicata alla capitale durante la pandemia. Cortesia dell’artista
Anny Shaw |

Il destino delle fiere del 2020 è in bilico. I galleristi si chiedono se, dopo mesi di inattività, potranno permettersi di partecipare a quelle riprogrammate in autunno: tra le altre, Miart (11-13 settembre) e Art Basel (15-20 settembre). Ma poi incombono Frieze London e Frieze Masters (8-11 ottobre) e la Fiac a Parigi (22-25 ottobre) e Artissima (6-8 novembre, in concomitanza con l’altra torinese, Flashback). ArtVerona si è rifugiata in dicembre (11-13), dopo Art Basel Miami (3-6 dicembre).

Quanto ad Art Brussels, ha preferito saltare il turno (come l’altra fiera primaverile Frieze New York) dando l’arrivederci all’aprile 2021. Anche se il lockdown dovesse essere allentato e le gallerie riuscissero a pianificare economicamente la partecipazione a una o più fiere, quanti mercanti e collezionisti vorranno saltare su un aereo per farsi strada in un affollato centro congressi a settembre, quando Art Basel dovrebbe essere la prima fiera della fase 2?

L’organizzazione di Frieze London cerca di infondere coraggio ai galleristi, dichiarandosi disponibile a rivedere le scadenze dei pagamenti delle locazioni. L’appetito per le fiere potrebbe aumentare verso la fine dell’anno: Art Basel a Miami Beach ha già ottenuto la conferma di partecipazione da parte del 90% dei selezionati. Elsa Ravazzolo Botner, condirettrice della galleria brasiliana A Gentil Carioca, spera che «la situazione sarà migliore per tutti a dicembre», ma teme che la partecipazione all’edizione di Basilea non sia fattibile. «A settembre non sappiamo se saremo in grado di volare, figuriamoci spedire opere d’arte».

E poi c’è l’incognita collezionisti, molti dei quali, tra l’altro, sono anziani e dunque nella fascia più a rischio. In un’intervista rilasciata a Cnn Money, la gallerista svizzera Dominique Lévy afferma che a suo avviso nessuno vorrà visitare una fiera prima che venga trovato un vaccino per il Covid-19: «Non vedo possibile nessuna fiera d’arte prima del prossimo anno».

Anche la collezionista Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ritiene «molto difficile» che si terranno fiere questo autunno. Se confermate, prenderebbe in considerazione la possibilità di viaggiare verso destinazioni europee: Art Basel, Frieze London e Fiac a Parigi. «Forse le fiere potrebbero diventare meno internazionali in questo momento, pensa la collezionista torinese. È possibile, quindi, che la presenza di mercanti, collezionisti e altri operatori sia più di provenienza regionale e meno globale».

Di un’Artissima più europea parla anche la sua direttrice, Ilaria Bonacossa: «Lo scenario autunnale è ancora poco chiaro a tutti, e comprende visioni ottimiste di ripresa così come anche la possibilità del perdurare delle misure di sicurezza, dichiara. Artissima è a novembre e mi sembra presto per escludere sin d’ora la possibilità di realizzare magari una versione ridotta della fiera, con una internazionalità solo europea e con ingressi contingentati e misure di sanificazione anti Covid. Inoltre, essendo Artissima di Fondazione Torino Musei e non proprietà dell’ente fiera, questa particolarità ci permette di non escludere, se necessario, un cambio di sede o di ridefinizione della struttura della fiera. Vogliamo, possiamo e quindi dobbiamo essere propositivi, prosegue la Bonacossa. Sul fronte digitale a giugno lanceremo un progetto editoriale curato dal nostro team di curatori sul sito Artissima in Progress con un’opera per ciascuna delle gallerie di Artissima 2019. Un progetto gratuito per le gallerie che erano presenti lo scorso anno che le aiuti in un momento di scambi ridotti a essere in contatto con il nostro network di appassionati e collezionisti e viceversa».

La linea del massimo riserbo continua a improntare, invece, la comunicazione di Miart, che per ora resta confermata a settembre, un periodo reperito a fatica dall’organizzazione dopo la mancata apertura a marzo. Neppure i giganti sono invulnerabili. Il gruppo svizzero Mch è stato duramente colpito dalla cancellazione e dal rinvio di alcune delle sue fiere, tra cui due del franchise Art Basel, come Masterpiece London e la fiera dell’orologeria e dei gioielli Baselworld.

All’inizio di marzo, la Mch ha previsto perdite fino a circa 170 milioni di euro per il 2020. Mch ha anche subito una ristrutturazione da gennaio, vendendo una parte del centro espositivo Messe Basel alla città di Basilea per un importo di 950mila euro, precisando però che gli spazi venduti, la Hall 3 e l’auditorium, non sono utilizzati da Art Basel.

La divisione marketing della Mch, con sede negli Stati Uniti, ha licenziato 150 dipendenti all’inizio di aprile, una mossa che tuttavia non influisce sulle fiere del gruppo Art Basel. A seguito del fiasco di Baselworld, e nel bel mezzo di una ristrutturazione, uno dei principali investitori di Mch, Erhard Lee, avrebbe intanto chiesto, secondo Bloomberg, lo scioglimento della società svizzera.

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