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Essere proto oggi

Lidia Panzeri

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Per tutto il 1994, in occasione del nono centenario della sua consacrazione avvenuta nel 1094 sotto il doge Vitale Falier, la Basilica di San Marco è stata visibile nella sua interezza; lo stesso è accaduto, ma per pochi giorni, durante la visita di papa Benedetto XVI ai primi di maggio del 2011: due occasioni straordinarie. La normalità infatti è quella dei lavori in corso con impalcature che coprono parte delle facciate. L’ultima porzione restaurata (e liberata da due anni di ponteggi) era costituita da due arcate dell’ordine inferiore della facciata principale prospiciente la piazza. Ancora un anno e sarà completato anche quello delle campate superiori. 

«Lavori senza interruzione, spiega il primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin in carica dal marzo del 2015, sono necessari per conservare nella sua integrità ogni prezioso metro quadro, il che comporta una continua manutenzione». La Procuratoria di San Marco era la più importante delle magistrature della Serenissima tanto da essere mantenuta anche dopo la caduta della Repubblica Veneziana nel 1797. Compito della Procuratoria di San Marco è ancora oggi quello di reperire i fondi per la manutenzione della basilica. Venuti quasi del tutto a mancare i finanziamenti statali, le risorse derivano dalla vendita dei biglietti che danno accesso al Tesoro, al Museo di San Marco (dove è conservata la quadriga originale) e al campanile; più il contributo dei privati, sia associazioni sia singoli. L’ingresso alla chiesa è, invece, gratuito. Alla Procuratoria spetta, inoltre, la nomina del proto, ovvero l’architetto a cui compete la direzione dei restauri, incarico per molti anni ricoperto da Ettore Vio e dal primo aprile di quest’anno assunto da Mario Piana, professore ordinario allo Iuav di Venezia. «È una gioia avere ereditato quello che fu il ruolo di Sansovino, commenta, e occuparmi in prima persona della Basilica di San Marco di cui ho curato i restauri quale funzionario della Soprintendenza fino al 1998, compreso quello della facciata sud confinante con Palazzo Ducale, una straordinaria sinfonia di marmi policromi». Gli abbiamo rivolto qualche domanda.

Quali progetti avete per risolvere il problema più critico, il nartece d’ingresso che va sempre sott’acqua?
L’acqua lo invade una media di 130 volte l’anno con un’alta marea di poco inferiore agli 80 cm. È escluso che a questo livello intervenga il Mose. La soluzione sta nel mettere in sicurezza l’isola di San Marco completando il rialzo delle rive. L’acqua che entra, per di più salina, compromette la stabilità delle due colonne all’entrata principale. Quelle interne, invece, sono soggette ad assestamenti fisiologici che causano l’andamento a onde del mosaico del pavimento. Non è comunque il caso di alterare questo equilibrio.

L’altro fattore di degrado è l’inquinamento atmosferico.
Certamente: il pulviscolo arriva fino in cima al campanile.

Quanto incidono le grandi navi?
Diciamo che sarei più felice se non passassero, ma non è possibile stabilire un nesso certo di causa ed effetto. Certo constato che i piombi delle cupole come quella della Salute diventano neri. Come pure nere diventano le grondaie in rame.

Rispetto al 1998 che cosa è cambiato?
Dal punto di vista dei materiali nessun mutamento radicale. Tra le novità il laser e alcune resine protettive ma, più dei materiali,  conta la procedura con cui si applicano. E non esistono macchine sostitutive del lavoro meccanico. Quindi non si possono abbattere i tempi d’impiego della manodopera, peraltro molto qualificata, come quella dei mosaicisti. Non a caso il 90-95 % per cento del costo del restauro è costituito dal costo della manodopera.

Usate tutte maestranze interne?
Per l’ordinaria manutenzione sì; per quella straordinaria la convenzione è con Ottorino Nonfarmale, designato da una commissione ministeriale nel 1981.

La lentezza è un elemento distintivo.
Le faccio un esempio. Per quanto riguarda le sculture, normalmente si procede prima con la pulitura, poi con il consolidamento e infine con il protettivo. In basilica prima si consolida e poi si rimuove la crosta, il che significa dover ripetere l’operazione anche cinque volte.

Ci sono problemi di staticità?
La cupola sopra il Tesoro dà qualche segno di cedimento con possibile distacco delle tessere di mosaico. La stiamo monitorando.

Per quanto riguarda il campanile si può ripetere il disastro del 1902?
È più che stabile, come anche gli altri campanili di Venezia, compreso quello dei Frari che è inclinato di 70 cm.

Come concluderebbe?
Affermando che è davvero una meraviglia che la basilica si sia conservata intatta nei secoli. È questo che marca la differenza con la chiesa di Santa Sofia.

Lidia Panzeri, 13 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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