Epidemie nell'arte in Italia | ROMA

Gia nel 1656 i romani furono chiamati a rispettare le regole per evitare il diffondersi di un morbo. Alessandro VII Chigi, «un ercole vittorioso sulle ali della peste nera»

Giuseppe Vasi, «Santa Maria in Campitelli» (particolare dell'incisione)
Alessandro Agresti |

Quella che stiamo vivendo in questi giorni non è la sola epidemia che la Città Eterna ha affrontato nella sua storia millenaria: quasi «leggendaria» fu la peste così detta «antonina» dal patronimico dell’imperatore reggente in quegli anni Marco Aurelio o «galenica», dal medico che la studiò e la descrisse, che fu con ogni probabilità morbillo o vaiolo e che tra il 165 e il 180 d.C. decimò un quarto della popolazione europea; anch’essa venne dall’Oriente, importata dall’esercito romano di ritorno dalle campagne militari contro i Parti.

Per non tacere, in età medievale, del fatidico anno 1348, quando il flagello si ripresentò in tutto il suo potere distruttivo, la famigerata «peste nera» proveniente questa volta dal nord della Cina intorno al 1346, diffusasi in Europa tramite Siria, Turchia e poi Grecia per poi scomparire misteriosamente qualche anno dopo, intorno al 1353, dopo aver
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© Riproduzione riservata Giovan Battista Gaulli (bottega di), «Ritratto di Alessandro VII Chigi» (1667, particolare). Baltimora, The Walters Art Museum Nicolas Poussin, «Santa Francesca Romana» (particolare). Parigi, Museo del Louvre
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