Due città immerse nella Light art

Le Luci di A2A per Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023

Alberto Fiz  |

«Go Up». Una scala alta 12 metri che produce un effetto visivo perturbante, con scariche elettriche simili a lampi, sale verticalmente sulla Rocca di Bergamo. Al centro la scritta in inglese che invita a non fermarsi, a proseguire nel cammino senza tentennamenti. L’installazione di Francesca Marangoni appare l’emblema più riconoscibile di «Light is Life», la Festa delle Luci ideata per celebrare Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.

Le due città vengono illuminate dall’arte con le opere site specific di 17 artisti italiani e stranieri che trasformano piazze, strade e monumenti attraverso opere luminose. Nessuno spreco o bollette insostenibili, come qualche malalingua cercherà di sussurrare. L’evento prevede l’utilizzo di energia da fonti alternative e A2A che ha organizzato il progetto dona a Fondazione Banco dell’energia una somma equivalente al volume di energia utilizzato per l’intera manifestazione.

Fatta questa premessa è possibile godersi in notturna, senza sensi di colpa, uno spettacolo che modifica radicalmente la percezione dei luoghi, come hanno dimostrato le tante manifestazioni che hanno preceduto «Light is Life», in primo luogo a Torino «Luci d’Artista» che nel 2022 ha compiuto 25 anni. Alcune delle opere sono più efficaci di altre, in ogni caso questa volta gli sforzi raddoppiano e due città sono unite dalla luce propagata dai monumenti, intesi come veri e propri fari della cultura.

Al Castello di Brescia, celebre fortificazione di origine medievale, sono arroccate 15 installazioni luminose che vanno alla conquista di nuove frontiere del visibile. A intercettare lo sguardo degli spettatori è «Hello Goodbye», la grande scultura di Marco Lodola che dai tempi del Nuovo Futurismo gioca con la storia e con le sue convenzioni; poco più in là Angelo Bonelli, direttore artistico della manifestazione, ha ideato «Run Beyond», dove attraverso le sagome luminose di un uomo che si prepara a spiccare un salto, tutti sono invitati a superare i propri limiti. Ma il lavoro più imprevedibile è quello dell’artista inglese di origini indiane Chila Kumari Burman, che sin dalla metà degli anni Ottanta esplora l’estetica della femminilità asiatica. In quest’occasione ha allestito nel cortile del mastio «Remembering a Brave New World», un’installazione in technicolor che, come un circo felliniano, spazia dalla mitologia a Bollywood sino all’impegno politico in una girandola di fantasie e di ricordi.
Chila Kumari Burman
Da Brescia a Bergamo dove la Festa delle Luci si svolge in Città Alta e nello scenografico Chiostro Maggiore della Biblioteca Musicale Gaetano Donizetti viene proposta «Traffic», la scultura mobile dell’artista cileno Ivan Navarro che lavora con luci, specchi e tubi di vetro per realizzare installazioni dove l’elemento luminoso assume una valenza simbolica e sociale. Navarro (di lui c’è anche una seconda installazione al Tempietto di Santa Croce) si è chiaramente ispirato all’ottantanovenne Paolo Scirpa, pioniere della light art, assente però da questa manifestazione con altri protagonisti tra cui Carlo Bernardini. In compenso Federica Marangoni fa il bis e insieme a «Go Up» propone un altro lavoro suggestivo «The time machine», clessidra dorata alta tre metri che riflette sul passaggio del tempo e la sua componente effimera.

In una manifestazione dove la Festa delle Luci vuole essere l’occasione per un grande evento popolare d’impatto mediatico, non mancano i lavori immersivi, tra cui quello dell’artista francese Oliver Ratsi che nel Chiostro Maggiore del Convento di San Francesco ha creato «Frame Perspective», un ambiente fluttuante dove tutto è phygital in una relazione costante tra le tecnologie digitali e gli spazi fisici.

La Light art (dal 2016 si svolge a Mantova una Biennale sull’argomento) è un’espressione artistica che risale agli anni Cinquanta e tra le prime opere di luce va ricordata la rivoluzionaria Struttura al neon realizzata da Lucio Fontana nel 1951 per la IX Triennale di Milano. Ma è negli anni Sessanta e Settanta che si sviluppa parallelamente al Minimalismo con le opere di Dan Flavin, James Turrel e Robert Irwin, tre artisti a cui Giuseppe Panza di Biumo, tra i maggiori collezionisti internazionali, commissionò una serie di opere site specific per la sua Villa di Varese, dal 1996 di proprietà del FAI. Ancora oggi però chi volesse investire nei pionieri della Light Art può concludere ottimi affari e le opere luminose di Irwin o Turrel si possono acquistare anche al di sotto dei 60mila euro. Paolo Scirpa poi si trova anche a meno di 15mila euro. Accanto a lui, in Italia Nanda Vigo e Piero Fogliati hanno fatto della luce un elemento di profonda riflessione artistica creando opere di assoluta originalità. Entrambi si possono ancora trovare a cifre estremamente favorevoli, in linea con Scirpa.

Nemmeno il griffato Olafur Eliasson, celebrato prima a Palazzo Strozzi poi al Castello di Rivoli, è irraggiungibile. In ottobre una sua installazione dodecaedrica è stata venduta da Phillips a Londra per 38 mila sterline, poco meno di 45 mila euro. La luce insomma può ancora illuminare i collezionisti.
Angelo Bonello e la sua opera «Run Beyond» per  «Light is Life», Festa delle Luci A2A» a Brescia e Bergamo

© Riproduzione riservata «Affinity» di Amigo & Amigo