Dopo i tiranti, la lanterna di Sant'Ivo alla Sapienza

Si conclude la prima fase dei lavori di restauro del capolavoro visionario di Borromini che era stato danneggiato dal sisma del 2016

Sant'Ivo alla Sapienza a Roma edificata da Francesco Borromini tra il 1632 e il 1662
Guglielmo Gigliotti |  | Roma

Il terremoto che colpì l’Italia centrale il 30 ottobre 2016 fu percepito anche a Roma, dove procurò lesioni a svariati edifici. Il più prezioso per la storia mondiale dell’architettura è il Palazzo della Sapienza, che ingloba la chiesa borrominiana di Sant’Ivo alla Sapienza. Interventi di restauro e messa in sicurezza pilotati dalla Soprintendenza speciale di Roma sono stati messi da subito in cantiere e oggi, a cinque anni di distanza, si è conclusa la prima fase dei lavori di restauro globale del complesso.

A dirigerli è stata l’architetto Maria Cristina Lapenna, con stanziamenti della Soprintendenza speciale, della Direzione generale archivi (l’edificio ospita, oltre a uffici del Senato, l’Archivio di Stato di Roma) e del Fondo europeo di sviluppo regionale. Per la seconda fase dei lavori sono stati ottenuti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La prima si è aperta con il restauro della lanterna elicoidale di Sant’Ivo, uno dei vertici del visionarismo architettonico di Francesco Borromini. Questi ebbe l’incarico di realizzare il suo gioiello nel 1632 da papa Urbano VIII e completò la costruzione trent’anni dopo, poco prima di suicidarsi anche per le incomprensioni del suo genio. La seconda fase affronterà le lesioni interne ed esterne della chiesa.

Più urgenti, e ora già riparati, erano risultati i danni subiti da altre parti del complesso del Palazzo della Sapienza, sorto a partire dal XV secolo nel cuore di Campo Marzio (tra piazza Navona e il Pantheon) per mano di una serie di architetti (tra cui Giacomo della Porta), serie chiusa appunto da Borromini.

Interventi di restaro sono stati condotti nella Biblioteca Alessandrina, nel Corridoio borrominiano (di nuovo percorribile), nonché in pareti, volte, tetti e soffitti di ambienti che si dispiegano sui tre lati del monumentale cortile porticato, chiuso su un lato breve dalla chiesa. In particolare su uno dei versanti lunghi sono stati inseriti 16 tiranti in acciaio a iniezione controllata non visibili dall’esterno.

Sondaggi e verifiche statiche hanno permesso di individuare l’origine della debolezza strutturale del complesso, una debolezza che è anche la forza della Città eterna: la struttura poggia in parte su resti archeologici di epoca romana (compresi dallo stesso Borromini nelle parti moderne) e in parte sul terreno di tipo golenale del Campo Marzio, caratterizzato da una forte presenza d’acqua. Le prime crepe comparvero già con Borromini in vita scatenando le ironie e le invettive, espresse in sonetti e livorose pasquinate, della parte del mondo architettonico romano classicista o filo-berniniano.

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