Dopo Borja-Villel, Manuel Segade al Reina Sofía di Madrid

«Il museo ha una responsabilità etica, credo nel potere dell’arte». Il neodirettore spiega i punti del suo progetto per il principale museo spagnolo d’arte contemporanea: «Le questioni etniche, sociali e di genere non sono temi accessori, ma sono parte del Dna dell’arte e insieme all’emergenza ecologica saranno centrali nel mio progetto di museo»

Manuel Segade. Foto Aad Hoogendoorn
Roberta Bosco |  | Madrid

«God save the queer», la parafrasi dell’inno nazionale britannico reso famoso dai Sex Pistols, è diventato il grido di giubilo dei sostenitori di Manuel Segade (La Coruña, 1977), il nuovo direttore del Museo Nazionale Reina Sofía di Madrid, la nave ammiraglia dei musei d’arte contemporanea spagnoli. Segade vanta un ampio curriculum come curatore di mostre in istituzioni nazionali e internazionali che ha consolidato come direttore dal 2015 del Centro de Arte Dos de Mayo (CA2M) di Móstoles, da lui ben posizionato nel circuito dell’arte internazionale nonostante la sua sede periferica, nella cintura di Madrid. È stato inoltre coordinatore del mitico spazio Metrònom di Barcellona (2005-06), promosso dal collezionista Rafael Tous, e conservatore capo del Centro Gallego de Arte Contemporáneo di Santiago de Compostela (2007-09).

Risultato vincitore in una rosa di 9 candidati (contro i 29 del concorso vinto nel 2007 da Manuel Borja-Villel, suo predecessore alla guida del Reina Sofía), tra cui l’italiana Cristiana Collu, l’attuale direttrice della Galleria Nazionale d’Arte moderna e contemporanea di Roma, Segade era il grande favorito dei pronostici fin dall’uscita del bando. Non è una donna come molti speravano, ma senza dubbio una persona molto impegnata sul fronte dell’uguaglianza, dei diritti umani e sociali e molto impegnato nelle questioni di genere, competenze esplicitamente richieste dal bando che molti hanno ritenuto redatto ad hoc per favorirlo.

«Le norme non dipendono da me, ma è vero che ho lavorato molto sulle problematiche di genere, fin da quando studiavo a Leeds con Griselda Pollock, che mise fine al canone maschile nell’arte. Il museo come istituzione democratica deve contribuire all’uguaglianza e ha una responsabilità etica e incluso legale verso la società», ha spiegato Segade, ricordando la Legge spagnola sulla parità del 2007.

«L’arte contemporanea nasce negli anni ’60 con le ultime decolonizzazioni, il maggio studentesco, il femminismo che fu il diretto precursore della performance e le manifestazioni di Stonewall che segnarono la nascita dell’attuale movimento Lgbtqi+. Le questioni etniche, sociali e di genere non sono temi accessori, ma sono parte del Dna dell’arte e insieme all’emergenza ecologica saranno centrali nel mio progetto di museo. Credo fermamente nel potere trasformatore dell’arte e nella sua capacità di creare immaginari di fondamentale importanza», spiega Segade a «Il Giornale dell’Arte», il primo giorno di insediamento nell’ufficio del Reina Sofia.

Ufficio che negli ultimi 15 anni è stato occupato Manuel Borja-Villel, a cui il museo deve la sua identità e la sua proiezione internazionale. Segade preferisce glissare sulla polemica che ha accompagnato gli ultimi mesi del suo predecessore, vittima di una campagna stampa di diffamazione senza precedenti, orchestrata dalla destra mediatica. «Sarebbe arrogante e incauto da parte mia non appoggiarmi sul lavoro di Borja-Villel, che ha portato il museo al livello più alto della sua storia. È mia intenzione recuperare il consenso perduto ed esportare non solo i nostri modelli istituzionali ma l’arte e gli artisti, e soprattutto offrire narrazioni inedite. Il museo ha una collezione di 24mila opere e in “Vasi Comunicanti”, la più grande presentazione della sua storia, ne sono state esposte solo il 5%. Potete immaginare quante potenziali narrazioni non sono ancora venute alla luce. Il passato è più imprevedibile del futuro», assicura Segade che innanzitutto vuole conoscere la sua équipe e dedicarsi alle strutture interne del museo che auspica più poroso, accogliente, accessibile e capace di ascoltare le richieste della società.

Uno dei suoi obiettivi è «diminuire l’istituzionalità del Reina», cioè renderlo più popolare e accessibile al pubblico estraneo all’arte e alle sue dinamiche. Inoltre ha intenzione di lavorare su molteplici livelli per offrire una grande diversità di programmi ai diversi pubblici che compongono la società, ampliare la relazione con la cultura popolare e aumentare la presenza delle artiste, ancora insufficiente. Il compito che lo attende non lo spaventa, così come non lo turbano le elezioni politiche anticipate del 23 luglio (convocate dal primo ministro Pedro Sanchez dopo la sconfitta del Partito Socialista alle recenti elezioni regionali e comunali) o la recente pressione affinché la sua nomina fosse rimandata a dopo le elezioni politiche, esercitata dal Partito Popolare che tutti i sondaggi danno come vincitore. «Ho fiducia nelle istituzioni democratiche e gli otto anni alla guida del CA2M mi hanno dimostrato che è possibile lavorare con libertà e indipendenza con Governi di qualsiasi colore e tendenza», dichiara.



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