Il collettivo ruangrupa, curatori di documenta 15, crede che alcune persone «volessero che la mostra fallisse» Foto Nicolas Wefers

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Il collettivo ruangrupa, curatori di documenta 15, crede che alcune persone «volessero che la mostra fallisse» Foto Nicolas Wefers

documenta 15: confermate le accuse di antisemitismo

Il rapporto stilato da un comitato di sette esperti sostiene che alcune opere esposte a Kassel lo scorso anno «veicolano affermazioni che possono o devono essere interpretate come antisemite»

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Redazione GDA

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A febbraio è stato pubblicato un rapporto di 133 pagine sulla controversia circa le accuse di antisemitismo che ha travolto documenta 15 (18 giugno-25 settembre). Il reportage fornisce «un’analisi fondata e approfondita degli eventi che hanno scosso [la mostra quinquennale]», afferma Christian Geselle, presidente del consiglio di sorveglianza della manifestazione di Kassel. Il rapporto, redatto da un comitato di sette esperti d’arte, ricerca sull’antisemitismo, studi sui conflitti, diritto e scienze politiche, ha confermato che alcune opere esposte a documenta 15 «veicolano affermazioni che possono o devono essere interpretate come antisemite». Tra i membri del comitato figurano Julia Bernstein, docente di sociologia all’Università di Scienze Applicate di Francoforte, e la psicologa Marina Chernivsky.

Se le precedenti edizioni dell’influente mostra hanno suscitato polemiche, nella storia recente nessuna si è rivelata così incendiaria come l’ultima. Documenta 15 è stata curata da ruangrupa, un collettivo di artisti indonesiani fondato oltre 20 anni fa a Giacarta e il cui progetto curatoriale si è basato sul concetto di «lumbung» («granaio di riso» in lingua indonesiana), che si riferisce alle idee di collettivismo e di condivisione delle risorse.

Ruangrupa ha presentato prospettive artistiche dal Sud globale, esaminando le conseguenze del razzismo, del colonialismo e del capitalismo. Ma prima dell’inaugurazione, due immagini antisemite nell’opera monumentale «Peopleʼs Justice» (2000) del collettivo di artisti indonesiani Taring Padi hanno scatenato un polverone.

Inizialmente l’opera è stata solo coperta, per essere poi rimossa a giugno in seguito a un’ondata di proteste che a luglio, a seguito delle nuove accuse di antisemitismo mosse anche ad altre opere esposte in mostra, hanno portato alle dimissioni di Sabine Schormann, allora direttrice generale di documenta. Il rapporto degli esperti afferma che «chiari codici visivi antisemiti» possono essere trovati in «People’s Justice» di Taring Padi e in un disegno del defunto vignettista palestinese Naji al-Ali presentato dal collettivo Archives des luttes des femmes en Algérie, un’iniziativa che mira a costruire un archivio digitale di documenti relativi ai collettivi femministi algerini. Il rapporto ha esaminato anche le opere «Tokyo Reels» e la serie «Guernica Gaza» di Mohammed Al-Hawajri, concludendo che «possono anche essere plausibilmente considerate antisemite nel senso dell’antisemitismo legato a Israele».

A settembre il consiglio consultivo di documenta 15 ha dichiarato che «il compito più urgente» era quello di interrompere la proiezione di «Tokyo Reels», una serie di film restaurati dal collettivo di ricerca e produzione cinematografica Subversive Film che, come si legge sul sito di documenta, mira a far luce sulla «trascurata e non ancora documentata solidarietà antimperialista tra Giappone e Palestina». I membri del comitato di ricerca per la direzione artistica di documenta 15, tra cui la direttrice della Tate Modern Frances Morris, hanno però condannato la decisione del gruppo consultivo di cercare di ritirare le opere.

In alcune parti, tuttavia, il rapporto sottolinea anche la sfida di difendere la libertà artistica: «Il consiglio di vigilanza accoglie con particolare favore la chiara classificazione delle opere criticate e l’individuazione dell’area di tensione tra la libertà artistica costituzionalmente tutelata e, allo stesso tempo, la gestione responsabile delle rappresentazioni antisemite in questo contesto», ha aggiunto Christian Geselle in un comunicato.

Il rapporto afferma inoltre che le reazioni della direzione «non sono state commisurate alla gravità della situazione e l’hanno piuttosto esacerbata», proponendo sei misure. In vista di documenta 16, che si terrà dal primo giugno al 19 settembre 2027, l’attenzione si concentrerà sulla definizione di standard legati alla libertà artistica e ai suoi limiti; sull’affrontare qualsiasi forma di misantropia specifica di un gruppo, come l’antisemitismo, il razzismo e l’antiziganismo (sentimento anti indiano); sul riadattamento dell’organizzazione e delle strutture del comitato e sulla definizione della struttura curatoriale e della direzione artistica dell’evento.

Il nuovo direttore generale, Andreas Hoffmann, assumerà l’incarico a maggio. In un’intervista rilasciata a settembre a «The Art Newspaper», ruangrupa ha dichiarato: «Pensiamo che la polemica scatenatasi abbia sollevato domande importanti. Possiamo sostituire il controllo con la fiducia? Possiamo adattare le strutture gerarchiche per creare un altro significato di responsabilità? Pensiamo che ci fossero persone che volevano che questa mostra fallisse»

Il collettivo ruangrupa, curatori di documenta 15, crede che alcune persone «volessero che la mostra fallisse» Foto Nicolas Wefers

Redazione GDA, 08 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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