Divinità a colori

La sorprendente policromia delle statue greco- romane

Foto allestimento della mostra (BUNTE GÖTTER - GOLDEN EDITION. Die Farben der Antike). Foto: Liebieghaus Skulpturensammlung - Norbert Miguletz
Francesca Petretto |

Francoforte. Dopo aver fatto con successo il giro del mondo torna a casa la mostra della Liebighaus «Divinità policrome-Golden Edition. I colori dell’Antichità», riproponendosi agli appassionati (fino al 30 agosto) con alcune importanti aggiunte, frutto del lavoro di ricerca e ricostruzione effettuato nei suoi laboratori. Da oltre 15 anni le varietà di colori delle statue antiche greco-romane riprodotte dagli studiosi assiani entusiasmano un pubblico internazionale sempre più vasto, per quanto non sia ancora oggi semplice persuadere i molti scettici portati a considerarle immobili nella loro irreale candida purezza marmorea, in realtà quasi mai ricercata dai loro antichi artefici, per via di una consolidata convinzione secolare. E invece la quasi totalità delle sculture che ci sono pervenute hanno perso il colore delle loro ricche decorazioni superficiali così come le architetture che le ospitavano. La mostra affianca ai 100 prestiti provenienti da British Museum, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, Archäologisches Institut di Gottinga e Skulpturensammlung di Dresda i più celebri fra i gioielli della collezione della Liebighaus insieme a oltre 60 ricostruzioni effettuate negli ultimi anni dal team di studiosi guidati dall’archeologo classico Vinzenz Brinkmann con alcuni primi tentativi effettuati già nell’Ottocento e 22 raffigurazioni su stampa (disegni, incisioni ecc.). Quarant’anni di intensa ricerca resi possibili grazie al fondamentale apporto delle fonti scritte e soprattutto alle analisi chimiche di laboratorio dei frammenti policromi pervenutici hanno permesso di riprodurre, prima nel virtuale poi nel reale, copie fedeli all’originale, le possibili tecniche e la natura stessa dei pigmenti utilizzati in antico. Tali ricostruzioni consentono anche di fare nuove considerazioni sull’iconografia della statuaria, molto importante anche dal punto di vista antropologico, etnologico, di storia dei costumi e delle tradizioni: la colorazione di un peplo può fornire utili spunti all’individuazione della divinità raffigurata (si pensi al manto azzurro della Vergine Maria) così come quello di pelle e gemme che ornano orecchie e collo ne offrono sul rango di korai e kouroi di età arcaica. Meravigliosa è la riproduzione a colori del cosiddetto Cavaliere persiano dell’Acropoli (490 a.C. circa) dai calzoni variopinti alla maniera orientale come nel frontone occidentale del Tempio di Afaia a Egina.

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