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Da 700 anni Dante alimenta la cultura nazionale, non solo quella «alta»
- Valeria Tassinari
- 09 ottobre 2021
- 00’minuti di lettura


Edoardo Tresoldi, «Sacral» 2016
Divinamente pop
Da 700 anni Dante alimenta la cultura nazionale, non solo quella «alta»
- Valeria Tassinari
- 09 ottobre 2021
- 00’minuti di lettura
Valeria Tassinari
Leggi i suoi articoliDante, Dante e ancora Dante. Dopo «Inclusa est flamma» e «Le Arti al tempo dell’esilio» Ravenna doveva pur celebrare i 700 anni dalla morte del poeta anche in una visione più aperta all’immaginario popolare, e puntualmente lo fa, a conclusione del ciclo espositivo «Dante. Gli occhi e la mente». La nuova proposta del MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna «Un’Epopea POP» è, infatti, un’ampia e vivace esplorazione di ciò che l’immagine del poeta, i suoi scritti, i suoi personaggi e le sue parole da sette secoli continuano a rappresentare iconicamente, in un territorio che si espande ben oltre i confini della cultura «alta».
Senza preclusioni, la mostra curata da Giuseppe Antonelli, docente di linguistica all’Università di Pavia, interseca percorsi tematici e visuali con una selezione di opere di artisti contemporanei internazionali, grazie alla collaborazione curatoriale di Giorgia Salerno, responsabile del coordinamento culturale e conservatrice del MAR.
Fino al 9 gennaio oltre un centinaio di oggetti e opere, documenti audio, video ed esperienze interattive, per ritrovare fin nella nostra quotidianità l’eco di una straordinaria fortuna popolare che, dal Trecento ad oggi, si rinnova alimentandosi del mito fondativo per eccellenza, che identifica Dante come padre della cultura italiana ed europea. Dai calendari alle canzoni, dalle letture attoriali ai videogame, dalle magliette alle edizioni illustrate, il Poeta non si banalizza mai, ma mantiene intatta la sua potenza rappresentativa.
Nelle sezioni (La memoria di Dante, Dante e l’immagine, Dante e la pubblicità, La divina parodia, Dante personaggio, Dante e Beatrice) s’intrecciano gli affondi interpretativi degli artisti sui temi più classici dell’iconografia dantesca. Niente di didascalico, ma affinità elettive anche casuali nelle donne di Letizia Battaglia, Tomaso Binga, Irma Blank, Rä di Martino, Maria Adele Del Vecchio, Giosetta Fioroni, Elisa Montessori e Kiki Smith, nell’Inferno di Robert Rauschenberg, nel viaggiare di Richard Long, e nella Stella di Gilberto Zorio.
E, per celebrare la seduzione immateriale delle anime, la grande «Sacral» di Edoardo Tresoldi, evocativa del Nobile Castello o Castello degli Spiriti Magni, un’installazione architettonica che dal cinquecentesco chiostro del museo riesce a portarci direttamente nel Quarto Canto dell’Inferno. La mostra ha il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Dante 2021-Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni, Ministero della Cultura, della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, della Camera di Commercio di Ravenna e della Società Dantesca Italiana.

Edoardo Tresoldi, «Sacral» 2016