Diario da Artissima 2023

Reportage in aggiornamento dall’Oval Lingotto di Torino

Lo stand di Monica De Cardenas
Jenny Dogliani |

GIORNO 4

La 30ma Artissima si chiude con un bilancio positivo. La rigorosa qualità delle proposte di tutti gli stand, l’alto livello del pubblico di collezionisti e addetti ai lavori e la dimensione sempre più internazionale di una fiera già internazionale sono il riconoscimento unanime di tutti i galleristi interpellati dal nostro giornale. Per quanto riguarda le vendite, la maggior parte delle transizioni ha avuto luogo, come ci si aspettava, nella fascia medio-bassa. Ma c’è un sorpresa inaspettata. Mediamente il prezzo delle opere proposte è salito rispetto agli scorsi anni, vari espositori, che prima tendevano a stare nella fascia entro i 50mila euro, sono saliti in quella fino ai 100mila e non è mancata una discreta quantità di lavori oltre i 100mila (che si è ritornati timidamente a vendere anche a Torino). Da segnalare poi la presenza di alcune rare punte fino 300-500mila euro (cosa che non si vedeva più da diversi anni) e una piccolissima manciata di opere a sei zeri (dai Boetti di Tornabuoni a Minjun di Tang Gallery): invenduti, a quanto ci risulta (abbiamo sentito i vari galleristi), ma comunque il segnale di una nuova apertura.
Lo stand di Tiziana Di Caro
«Per me è un’edizione assolutamente positiva, con una bella energia», spiega Benedetta Spalletti della Galleria Vistamare tra opereClaudia Comte, Anna Franceschini, Joseph Kosuth, Mimmo Jodice ed Ettore Spalletti, con prezzi che vanno dai 5mila euro per gli artisti più giovani ai 170mila euro per quelli storicizzati. «Ha funzionato un po’ tutto, cosa non scontata». Nella fascia di prezzo sopra i 50-100mila euro i grandi nomi italiani sono, qui a Torino, tra le certezze più solide. «È stata un’edizione bella, con un buono risultato in termini di vendite», conferma Carlo Repetto. «Si è alzata l’asticella dei budget: era una fiera dove di solito si lavorava su cose medio piccole, quest’anno hanno funzionato anche opere medio-grandi, il che è molto positivo. C’è stato un pubblico molto più qualificato, una notevole presenza di collezionisti internazionali, in particolare europei, francesi, inglesi, belga. Abbiamo osato un po’ di più: i prezzi in stand sono da 10mila a 180mila euro, hanno funzionato un paio di cose di fascia piccola abbiamo e anche un paio di cose di fascia medio alta. È un risultato significativo, vengono qui per cercare la qualità, nel nostro caso in relazione all’Arte povera, Penone, Pistoletto, Paolini, Calzolari». Nel caso degli esponenti dell’Arte povera, per i quali Torino è il punto di riferimento, aiutano la grande mostra in programma nel 2024 a Parigi e la mostra di Pistoletto in corso al Castello di Rivoli, «sono cose che contagiano il collezionista, che se non ha un’opera si muove e cerca di rincorrerla prima che sia troppo tardi», conclude Repetto.
Lo stand di Tucci Russo
Ulteriore conferma arriva da Biasutti & Biasutti, con un progetto «che parte dagli artisti dell’Arte povera citati nel manifesto di Alighiero Boetti: Pistoletto, Calzolari, Merz, Gilardi e Paolini (ci siamo allargati anche ad Anselmo). Siamo molto soddisfatti della fiera, abbiamo visto molti collezionisti internazionali, europei, e siamo soddisfatti delle vendite, hanno funzionato tutte le fasce». Discretamente soddisfatto Matteo Lampertico che, alla sua prima Artissima, ha portato un progetto monografico su Emilio Prini l’«outsider» del gruppo: «Abbiamo avuto un buon riscontro di pubblico, critica e anche qualche vendita. Lo stand è un progetto specifico su Emilio Prini (ci è stato chiesto di non fare antologiche o retrospettive) è tra i nomi meno conosciuti dell’Arte povera, ora è in mostra al Macro di Roma e dunque Artissima ci è sembrata l’occasione giusta per fare un progetto ben focalizzato su un protagonistab dell’arte italiana degli anni ’60 e ’70 in fase di riscoperta, perfetto per un pubblico sofisticato ed esigente (nel senso del contemporaneo) come quello di Artissima. Il range in stand va da 10mila a 100mila euro, abbiamo venduto un po’ di cose da poco e un po’ di cose a prezzi importanti; sono discretamente soddisfatto, ma non entusiasta», spiega.
Emilio Prini nello stand di ML Fine Art
Altro discorso, invece, per le fasce di prezzo molto più alte. Nell’elegantissimo stand di Tucci Russo, con opere di Giovanni Anselmo, Tony Cragg, Giulio Paolini e un Giuseppe Penone da 590mila euro, Elisabetta Di Grazia ci spiega: «È stata una fiera molto bene organizzata, con un pubblico molto selezionato e ben distribuito nel corso della giornata inaugurale, il che ha garantito un buon dialogo professionale. Per quanto riguarda le vendite sulle cose medio piccole c’è uno scorrimento normale, senza problemi. Poi ci sono dei lavori che richiedono un tempo più lungo». Stesso pensiero, anche per Roberto Casamonti di Tornabuoni, con opere fino a sei zeri e artisti quali Dadamaino, Burri, Biasi e Boetti: «Il pubblico è straordinario, meraviglioso, intenso, pieno. Le vendite sono quelle che sono. La fascia alta (parliamo di cifre a sei zeri) si fa fatica a venderla un po’ da tutte le parti, non solo a Torino, la proporzione di chi ha grosse cifre da investire in arte è di poche unità percentuali». E infatti anche il grosso dipinto di Yue Minjun da un milione di euro, proposto dalla Tang Contemporary Art Gallery è rimasto invenduto. «È la nostra prima partecipazione ad Artissima, spiega Jeeeun Hong, abbiamo riscontrato molto interesse nei nostri artisti cinesi proposti, specialmente Gao Hang e Ai Weiwei, di cui abbiamo venduto alcuni pezzi», la cifra più bassa 11mila euro.
Ai Weiwei nello stand di Tang Cointemporary Art
Tiepido il bergamasco Thomas Brambilla, che spiega: «La fiera è andata abbastanza bene, alcune trattative erano già avviate prima e qui è arrivata la conferma. Ho però portato un range di prezzi abbastanza alto che a Torino fa un po’ fatica a tenere, nello stand si va dai 50mila ai 100mila con punte a 250mila euro. A Torino funziona molto bene la fascia sui 10mila. Ho puntato su due novità John Giorno, di cui faremo la prima personale in galleria a dicembre, e Bryan Hunt, americano 78 anni, legato a Eric Fishl e David Salle, ma meno noto. Poi le nostre conferme, Jack Pierson, Lynda Benglis, Wim Delvoye di cui abbiamo appena fatto una mostra in galleria». Insomma, i collezionisti di Artissima sembrano pronti a scommettere su artisti giovani o ancora da scoprire se i prezzi sono contenuti, ma se si alzano troppo ad avere successo sembrano essere i nomi già solidi.
Renate Bertlmann nello stand di Silvia Steinek
Da Mazzoleni vanno bene Marinella Senatore, Melissa McGill, David Reimondo e Andrea Francolino (con prezzi da 5mila a 70mila euro). Da SpazioA, Giuseppe Alleruzzo si dice contento, ma non contentissimo «c’è anche una situazione che non aiuta, legata alla guerra e a molte altre incertezze, sono moderatamente soddisfatto», nello stand si spazia dal giovanissimo Finn Theuws (1997) sui 2.500-5mila euro fino alle opere di Giulia Cenci sui 20-30mila euro e un’opera di Esther Klas sui 38mila euro e i lavori di Luca Bertolo 9-15mila euro e Chiara Camoni 5-20mila euro.
Lo stand di Monitor
Uno dei successi più grandi successi, in termini di vendite, lo registriamo nella fascia sotto i 15mila euro, ed è il quasi sold out della londinese The Sunday Painter Londra, dove Lisa Modiano, alla sua prima Artissima con un solo show di Jennifer J Lee, ci dice di avere venduto praticamente tutto lo stand (tranne due quadri), prezzi da 1.500 a 14mila sterline. Edizione positiva anche per la viennese Silvia Steinek, dove Tachdjian Carol si dice contenta di avere fatto qualche vendita, perlopiù a collezionisti austriaci (Paese presente in fiera con 13 gallerie), che hanno apprezzato i lavori di Renate Bertlmann (da 3mila a 32 mila euro), artista che nel 2019 ha rappresentato l’Austria alla Biennale di Venezia e della quale è in corso una retrospettiva al Belvedere a Vienna. Discrete vendite e trattative anche per Dario Bonetta della galleria A+B di Brescia, che valuta la 30ma «un’edizione ottima, molto curata, con grande attenzione di tutti i galleristi alla presentazione sia per le proposte innovative sia per quelle consolidate. Ho venduto quattro lavori e sono ancora in trattativa su qualcosa: mi ritengo soddisfatto», prezzi da 4 a 10 mila euro per opere di Markus Saile, Osamu Kobayashi, Tobias Hoffknecht e Nazzarena Poli Maramotti.
Lo stand di A+B Brescia
La parola finale la lasciamo a Paola Capata della galleria Monitor, membro del comitato di selezione che abbiamo incontrato dopo il canonico giro finale che direttore e comitato fanno la domenica mattina: «È stata un’edizione particolarmente riuscita, grazie anche a un grande lavoro fatto sull’internazionalizzazione di una fiera (comunque già internazionale) sia per le partecipazioni delle gallerie sia per quelle degli ospiti. La qualità degli stand è molto alta, è stato fatto un grande sforzo da parte di tutti gli espositori. Diversi colleghi hanno confermato che è una fiera in cui si è lavorato. A me è andata bene sin dalle prime ore, ho lavorato con tutti gli artisti presenti nello stand, li abbiamo venduti praticamente tutti, sia a collezioni italiane sia straniere, per lo più nuove. Per me è l’edizione più bella degli ultimi anni». Nel suo stand un inedito di Nicola Samorì (25mila euro9, Oscar Giaconia (15mila euro), Matteo Fato (16mila euro), Lucia Cantò (3.500 e 4mila euro, entrambe vendute). Thomas Braida (7.500 euro venduta).

GIORNO 3

Sono tanti i parametri attraverso cui si misurano il successo e lo stato di salute di una fiera. Le vendite sono una voce importante, ma altrettanto lo sono la capacità di generare una ricaduta economica e culturale. Artissima srl in questo senso è una realtà solidamente strutturata, che funzione in parte come un’istituzione pubblica, essendo affiliata alla Fondazione Torino Musei, e in parte come un’azienda, che attraverso vari partner agisce come un vero e proprio network di imprese. Premi e fondi di acquisizione sono in questo senso uno strumento di primaria importanza, non solo perché garantiscono un’immissione di liquidità nelle tasche di artisti e galleristi, ma anche perché permettono di realizzare mostre, residenze e progetti inediti che alimentano la ricerca e lo sviluppo dei linguaggi artistici e il dialogo con varie comunità.
«Simple Things» di Cemile Sahin, Ester Schipper (Berlino)
Trend in costante crescita, quest’anno sono 13 ad Artissima i premi e fondi di acquisizione. Sono anche la cartina tornasole delle tendenze che attecchiscono in ambito istituzionale, essendo tutte le giurie e commissioni composte da importanti critici, curatori e direttori di musei internazionali. Da questo punto di vista una delle iniziative più interessanti è IDENTITY Fund for New Entries, un fondo attraverso cui un board composto dai precedenti direttori di Artissima (Andrea Bellini, Francesco Manacorda, Sarah Cosulich e Ilaria Bonacossa) ha scelto tre delle diciassette gallerie della sezione New Entries, cui dare un rimborso delle spese sostenute per partecipare alla loro prima Artissima. Trampolino di lancio per molte gallerie, che scelgono la fiera torinese per il loro debutto internazionale, New Entries (insieme a Present Future) è una sorta di sancta sanctorum, la sezione più sperimentale della fiera più sperimentale dedicata al contemporaneo (i prezzi si aggirano mediamente sulle poche migliaia di euro e raramente superano i 20mila). Qui si può davvero scoprire l’arte di domani, tanto più se filtrata dallo sguardo di una così autorevole giuria.
Lo stand di Reservoir (Cape Town)
Tutte e tre le gallerie scelte ci parlano di nuovi immaginari, nuove geografie e nuovi punti di vista attraverso cui guardare la grande storia scritta sui libri dell’Occidente. Reservoir (Cape Town) presenta un raffinatissimo dialogo tra le opere di Dale Lawrence e Inga Somdyala. Le opere di Lawrence mescolano artefatti fisici in fibra di plastica a fogli con frasi scritte dall’intelligenza artificiale, creando stratificazioni materiche e concettuale molto dense e complesse. Somdyala «esplora gli aspetti personali dei negoziati culturali, politici e sociali della generazione post-apartheid. Usando la terra della sua casa di eKomani in Sudafrica, l’ocra rossa, l’ossido rosso, verde e la cenere, si ricollega agli aspetti primordiali della presenza umana e realizza opere bidimensionali che descrive come bandiere ispirate ai colori di quella del Congresso nazionale Africano e di quella olandese», spiegano dalla galleria.
Lo stand di HOA Gallery, San Paolo
La seconda vincitrice è la HOA Gallery di San Paolo, presenta i lavori della fotografa Rafaela Kennedy, che si concentra sui soggetti delle comunità indigena e transgender, e della pittrice Renan Aguena, che realizza dipinti astratti ispirati alle favelas. «HOA è un’organizzazione artistica con sede a San Paolo, in Brasile, fondata nel 2020 dall’artista Igi Lola Ayedun e dedicata all’arte contemporanea latino-americana. Si tratta di una galleria gestita da un collettivo di artisti che combina le dinamiche tipiche di una galleria commerciale con attività caratteristiche di uno spazio indipendente. Come recita il suo Manifesto di fondazione, presso HOA è possibile vedere, comprare, imparare, insegnare, raggiungere gli altri e soprattutto. Sviluppare un’idea differente e alternativa dell’arte contemporanea in Brasile», afferma Andrea Bellini.
Lo stand di Eugenia Delfini (Roma)
La terza galleria, romana, è l’unica italiana delle tre premiate. Ha aperto un anno fa, si chiama Eugenia Delfini, come la sua fondatrice, e si concentra su «artisti post-concettuali che indagano le trasformazioni della contemporaneità». Presenta un solo show di Nicolò Degiorgis, fotografo ed editore bolzanese (classe 1984). Tra le opere esposte 44 scatti in bianco e nero di alcune vette dolomitiche raffigurate in diverse stagioni e ore del giorno, «un omaggio al paesaggio delle Alpi e alla ciclicità della vita, per raccontare i cambiamenti della materia tellurica che da soffice (con la neve) diventa ruvido (con la pietra scoperta). Vi sono poi delle piccole sculture tridimensionali in pietra dolomitica e un lightbox con un collage digitale omaggio al dipinto “Case alpestri su cielo fiammante” di Depero, che racconta le trasformazioni del Tirolo dopo la seconda guerra mondiale», spiega la gallerista (prezzi dai 900 euro ai 25mila). Le sue opere sono già state esposte alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, al Macro di Roma, MAMbo, Museion, MaXXI.
Lo stand di Umberto Di Marino (Napoli)
Per partecipare ad Artissima, infatti, anche le gallerie e gli artisti emergenti sono sottoposti a una rigorosissima selezione, grazie alla quale la fiera ambisce a mantenere una qualità alta e costante. Succede anche nell’altra sezione dedicata all’arte di domani, Present Future, dove spicca, per esempio, l’installazione ambientale «Simple Thing» di Cemile Sahin della galleria Esther Schipper di Berlino, artista già nelle collezioni del Kunstmuseum di Zurigo e di Bonn. È un lavoro legato alla frenologia, pseudoscienza che studia il legame fra i tratti somatici e la propensione all’omicidio. L’opera è composta da una carta da parati che riproduce un inseguimento in automobile, l’immagine è stata realizzata dall’Intelligenza artificiale in stile fumettistico. Un video trasmette scene di un posto di un blocco accompagnate da frasi tratte dalla saga «Il padrino», a riflettere sull’iconografia e il fascino dei cattivi sui social media.
Michele Spadaro, Collica & Partners (San Gregorio di Catania)
Confluita nella collezione del Castello di Rivoli è tra le 12 opere acquisite dalla Fondazione CRT per l’Arte Moderna e Contemporanea (budget totale 200mila euro, valore commerciale 281.200 euro, a compensare lo scarto è il valore aggiunto che comporta per gli artisti entrare in così prestigiose collezioni museali). Le opere andate al Castello di Rivoli sono otto, gli artisti, oltre alla Sahin, sono Steffani Jemison e Marwa Arsanios. Le altre quattro opere della Gam sono, invece, di Lorenza Boisi, Francesca Cavaliere e Alessandri Pessoli.

Tecnologia e intelligenza artificiale sono ancora piuttosto in sordina qui ad Artissima, tuttavia tra ai vari esempi appena va aggiunto l’arazzo in lana e fibre di plastica realizzato da Rebecca Moccia in collaborazione con l’azienda di Giovanni Bonotto. L’artista è partita da quattro fotografie termiche che ritraggono, tra le varie cose, gli scranni di un parlamento e la sagoma un uomo disteso. I colori rossi e blu, scaturiti dalle lunghezze d’onda associate alla temperatura, ci invitando a percepire il mondo in modo diverso, e con esso anche la solitudine e le emozioni. Si intitola «Un corpo che si infiamma», è presentato dalla Galleria Mazzoleni ed è, insieme a quella di Lawrence Abu Hamdan (mor charpentier) l’opera vincitrice dell’OGR Award.
«Un corpo che si infiamma» di Rebecca Moccia, Mazzoleni (Londra, Torino)
Fra le tante sinergie tra arte e impresa che animano la fiera ricordiamo, invece, quella innescata dal PREMIO VANNI OCCHIALI #ARTISTROOM, vinto, alla sua terza edizione, da Elisa Alberti della galleria Krobath di Vienna. È stata scelta «per la capacità di realizzare opere caratterizzate da forme geometriche semplici e superfici morbide e monocrome. Per il suo vocabolario fatto di parole a più voci dove sono i colori (quasi sempre due, al massimo tre) ad emergere su superfici che riempiono ambienti in cui lo sperimentale e ciò che non lo è coesistono ed emozionano. La sua pittura acrilica, dalle referenze astratte e minimaliste, crea un mondo che è il nostro in cui ognuno può riconoscersi a suo modo». Oltre alla vincita di 2.500 euro, l’artista disegnerà e collaborerà alla progettazione di una capsule collection di occhiali d’artista prodotti in edizione limitata.
Mara Callegaro, MADEIN, Carioca (Norma Mangione, Torino)
Da visitare infine lo stand dedicato ai vincitori della scorsa edizione di MADEIN, il progetto di residenze in azienda realizzato nella scorsa edizione da Carioca, Prima Industrie, Pattern Group e Mattioli, in collaborazione con Camera di Commercio di Torino e Regione Piemonte. «Il focus di questa tipologia di residenze, spiega la curatrice Sonia Belfiore, è concentrato sulla produzione: l’artista entra in azienda e dialoga con la comunità aziendale per dare vita a un’opera che parla di know how, di materiali e di produzione, creando un ponte e un dialogo con il personale dell’azienda». Tra i lavori esposti «Cheek to Cheek, Slapping Beat» (2023) di Mara Callegaro (Galleria Norma Mangione), realizzato in residenza da Carioca, una sorta di tenda danzante di pennarelli ispirata alla complessità delle componentistiche dei prodotti e della linea di produzione. Tra le residenze promosse da Artissima anche quelle nella Fondazione Oelle Mediterraneo Antico di Catania e nello Zac di Palermo, intitolate «A occhi chiusi» e «Isola Sicilia», qui «gli artisti invitati in residenza producono una mostra, con conseguenti ricadute sulla comunità e il suo modo di pensare», conclude Ornella Laneri presidente di Fondazione Oelle.


GIORNO 2


Il bilancio del primo giorno è di segno positivo. Tra i galleristi interpellati non si registrano sold out, che nessuno si aspettava, né vendite stratosferiche, mai messe in previsione, ma una buona energia, un’ottima affluenza di pubblico, ben selezionato e internazionale, e discrete transazioni entro i 50mila euro. «Il nostro giudizio sulla prima giornata è positivo: abbiamo fatto vendite su diversi artisti dai 5mila ai 20mila euro. Abbiamo letto una lunga lista di direttori e curatori, che attendiamo però ancora di vedere nel nostro stand», spiega Fabrizio Padovani della P420 (Bologna), con opere di Adelaide Cioni, June Crespo, Rodrigo Hernandez, Francis Offman, Pieter Vermeersch e Shafei Xia. E in effetti erano molti i nomi che contano ad aggirarsi tra i corridoi dell’Oval, da Hans Ulrich Obrist, nuovo membro del comitato scientifico della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, a Krist Gruijthuijsen, direttore del KW Institute for Contemporary Art di Berlino, curatorial advisor per Artissima 2023. «Un’ottima cornice di pubblico internazionale, conferma un cauto Alfonso Artiaco, abbiamo iniziato a lavorare, aspettiamo...», tra le sue proposte Diego Cibelli, Anri Sala, Perino & Vele, Liam Gillick e Michel François.
Un’opera di Arcangelo Sassolino da Repetto
«Buona affluenza, ma vendite lente», per la new entries zurighese Fabian Lang: però non è insolito riscontrare una maggiore riflessività nell’acquisto di giovani artisti ancora poco noti, specie in Italia, in questo caso Kilian Rüthemann e Isabelle Young (prezzi da 1.600 a 30mila euro). Buon primo giorno per l’affezionatissima Raffaella Cortese, alla sua 27ma Artissima: «L’inaugurazione è andata bene, con buon pubblico selezionato che ci ha dato buone soddisfazioni. È una fiera molto curata, ben allestita, che conserva ancora l’aspetto artigianale dell’allestimento e del fare fiera, un aspetto molto importante e per nulla scontato». La fiera come la città, prosegue la gallerista, membro del comitato di selezione, «non risente della moda, che a volte finisce per intaccare i valori specifici dell’arte e seguire la mentalità delle stagioni che all’arte non si addice».
«Il nuotatore» di Studio Azzurro, Umberto Benappi
Nel suo stand opere legate alla parola e alla poesia di artisti come Monica Bonvicini, autrici di frasi non tenere che testimoniano disagi e angosce, espressione di un’arte non consolatoria, caratteristica piuttosto ricorrente in molte delle opere in fiera. Nello stand di Raffaella Cortese ancora Simone Forti, protagonista di una personale alla Gam di Torino con due opere comprate proprio dalla Cortese durante la scorsa edizione, e poi Marcello Maloberti, Roni Horn, Barbara Bloom e altri ancora, con prezzi fino a 300mila euro, ma vendite, a oggi, entro i 50mila. A riconferma che questa è la fascia che funziona ad Artissima, anche se, conclude: «vorrei tanto alzare l’asticella portare lavori più costosi, perché penso che ci sia la possibilità».
Stand di Peola Simondi
E a proposito di alto artigianato nella costruzione dello stand, da vedere quello di Umberto Benappi che riproduce «Il nuotatore» di Studio Azzurro, trasformando lo stand in una piscina. Soddisfatta del primo giorno anche Francesca Simondi, che nel suo stand ha registrato «una buona affluenza per il progetto site specific di Francesca Ferrero, un fraseggio con simboli matematici che lega le opere sulle pareti realizzate ad hoc e ispirate al tema della cura, insieme alla Ferrero opere di due nuove artiste, Loren Wy e Flaminia Veronesi, prezzi da 2.500 a 10mila (più iva). Ci sono state vendite, ma dobbiamo continuare a vendere, almeno una ogni giorno», si augura e conclude.

Sono dati che meglio si comprendono se inseriti in un più ampio contesto internazionale, dove «secondo il rapporto ArtBasel/UBS, l’Italia rappresenta l’1% del mercato mondiale e, ancora peggio, il 2% di quello europeo», spiega Pietro Vallone (Galleria Massimo De Carlo e consigliere Angamc), in uno dei talk all’Oval, moderato da Nicolas Ballario. A farla da padrona sono Usa, Uk e Asia, ultimamente con uno sbocciare di gallerie in Korea, e in Europa la Francia, cresciuta nel post Brexit (al 7% del mercato mondiale). «È uno scenario che rispecchia anche le caratteristiche fiscali e legali dei Paesi capaci di creare un contesto favorevole alla crescita delle gallerie», prosegue Vallone, che auspica un’innovazione relativamente a temi come iva, art bonus, donazioni, circolazione delle opere, da cui trarrebbe un buon impulso tutto il sistema fieristico, che in Italia paga il prezzo di un’arretratezza burocratica, legale e fiscale, compresa Artissima, che, come Andrea Sirio Ortolani (Osart Gallery e presidente Angamc) ricorda «resta uno dei più grandi esempi di fiera con una propria ben definita identità, la fiera più sperimentale che ci sia in Italia, quella più contemporanea e internazionale».
«A fly like you» di paloma Proudfoot, Soy Capitan
Insomma, le grandi vendite si fanno nei grandi mercati con le grandi gallerie, che hanno gli strumenti e un sistema alle spalle in grado di fare crescere tutti e autoalimentare se stesso. L’Italia è il Paese delle piccole e medie imprese e questo vale anche per le gallerie. «A livello internazionale si sta andando verso un oligopolio, tante fiere stanno venendo acquisite dai colossi ArtBasel (Paris+ era Fiac) e Frieze (due fiere negli Usa). E questo mi spaventa un po’, perché c’è il rischio che diventi un circolo chiuso e se non c’è riciclo, non si estende ad altri la possibilità di entrare in contatto con un pubblico internazionale di un certo livello si rischia di tarpare le ali a tante gallerie medio piccole», conclude. Lunga vita dunque a una fiera come Artissima, che rimane il posto dove venire a scoprire gli artisti e le gallerie giovani che rappresentano la più autentica espressione della varietà della ricerca internazionale, ma che faticano a trovare spazio in un mercato sempre più polarizzato dalle gallerie «multinazionali».


GIORNO 1


Una coloratissima, affollata e frastagliata città prende forma in prossimità di una zolla d’erba davanti all’Oval. Realizzata in plastica colorata dal designer Jacopo Foggini, immersa nel cielo grigio al cospetto del grattacielo di Fuksas e dei corpi emergenti all’ingresso dell’Oval, affonda le sue radici nella città futurista di Balla e Depero, ma costituisce il seme di un mondo nuovo e diverso, di uno dei tanti possibili scenari futuri che Artissima ci racconta attraverso le proposte di 181 gallerie (da 33 Paesi e 4 continenti), raccolte attorno ad ampi corridoi in stand ordinati e rigorosi, con proposte spesso inedite e dotate di una grande volontà di ricerca e innovazione.
La «CittaDinamica» di Jacopo Foggini
Dipinti, lavori bidimensionali su vari supporti e sculture di piccole dimensioni sono le opere più ricorrenti, scandite da una discreta presenza di installazioni di ambizioni museali e dimensioni più grandi (mai esagerate), in stand curati e ragionati, con pareti mai troppo affollate. I prezzi vanno dalle poche migliaia di euro a qualche milione, un milione per un grande dipinto di Yue Minjun della Galleria Tang Contemporary Art, «colosso» asiatico con sedi a Pechino, Seoul, Hing Kong e Bangkok; e poi alcuni Fontana da Mazzoleni, Boetti e Burri da Tornabuoni alzano di qualche unità l’asticella. La fascia bassa, sotto i 50mila euro, è quella più rappresentata e ricercata dai collezionisti italiani e internazionali, che abitualmente frequentano Artissima, ed è anche quella più connaturata agli artisti mid-career ed emergenti che popolano la fiera e che in vari casi costituiscono una scoperta o una scommessa per il pubblico dell’Oval.
Yue Minjun, Galleria Tang Contemporary Art
Buona parte delle opere è fatta con materiali poveri e di scarto, l’idea e la pratica del riciclo, in tempi di inflazione, crisi energetica e climatica, è una pratica diffusa e una buona soluzione. Forme organiche, animali e vegetali sono incise a penna sul fondo di teglie in alluminio nell’installazione modulare dell’artista mongolo Bekhbaatar Enkhtur (900 euro al pezzo) nello stand di Materia (Roma). Sul pavimento lo stesso artista ha collocato una scultura in cera d’api: simile a un fiore la cui esistenza è legata all’impollinazione, è la metafora di un ecosistema delicato e incredibilmente complesso dove tutto è connesso, interdipendente.
Alicja Brzeska, Sante Anne Gallery
Fil rouge dell’edizione il tema della cura. La cura del pianeta, la cura dell’altro e di noi stessi, la cura delle relazioni, delle cose e dell’arte. Alicja Brzeska, seduta sul pavimento nello stand della Sante Anne Gallery (Parigi), accarezza con fare materno i calchi in cemento di due cani uniti nel muso (opera di di Xolo Cuintle), sembra infondere in loro la vita, plasmarli in due unità separate.  Il cemento non è un materiale nobile quanto il marmo, ma i tratti abbozzati dei cani lo rendono prezioso, caldo e carico di energia. I cani sono creature antiche e fedeli che accompagnano l’uomo sin dagli arbori della civiltà, prendendosi cura delle greggi, delle case, accompagnando i non vedenti. Sono un esempio perfetto della relazione di cura teorizzata dall’antropologo Renzo Taddei cui è ispirata la 30ma edizione di Artissima.
Bertozzi & Casoni, Rossi & Rossi
Nello stand di Massimo Ligreggi (Catania), le opere dell’artista ungherese Tomas Kaszas (dai 3mila ai 10mila euro) sono fatte di pannelli di legno recuperati assemblati in scultura, lastre di amianto con incise figure di rami e foglie. Tra i suoi lavori vi è una scultura che simula un edificio modernista abbandonato. È un omaggio al Modernismo e al suo fallimento, il canto del cigno di un pensiero che voleva essere il futuro. «L’artista ha partecipato all’ultima Documenta di Kassel e a tutte le biennali negli ultimi due anni, tranne a quella di Venezia, dove l’avevano invitato ma ha declinato per protesta contro il Governo Ungherese», spiega il gallerista. Anche l’impegno politico di un artista, la sua scelta di schierarsi, è una forma di cura.
Tomas Kaszas, Massimo Ligreggi
Il fallimento delle istanze comuniste, avvenuto nei regimi dove un nobile principio di cura reciproca ed egualitarismo è degenerato in una forma di controllo e repressione, è tema della serie di sculture in ceramica della giovane Ioana Maria Sisea per la rosenfeld gallery di Londra. Dipinte a mano, volutamente kitsch, alludono all’immaginario pornografico maschile dominante. Raffigurano un celebre orso rumeno in compagnia di prostitute e raccontano la storia di riscatto da quel mondo e dalla sua arte di regime: «All’indomani della caduta del comunismo la Romania viene segnata da una grande ondata di disoccupazione, specialmente femminile. Attraverso le sue opere l’artista racconta la storia dell’emancipazione delle donne rumene, sottolineando il potere dell’arte di ispirare e trasformare», spiegano i galleristi.

Ma la cura non può esistere senza memoria, senza la consapevolezza del passato, dei passaggi epocali, dei cambiamenti di passo che hanno segnato non solo la nostra storia, ma anche l’arte e i linguaggi del nuovo millennio. Ramak Fazel, artista iraniano, statunitense d’adozione, presenta da Viasaterna «Milan Unit» (1994-2009) un archivio lungo pochi metri, con una serie di scaffali colmi di 15 anni della sua vita e attività fotografica, progetti, negativi, hard disk e macchine fotografiche raccontano il passaggio dall’analogico al digitale, sono una straordinaria capsula del tempo. Il prezzo, 200mila euro, include la cessione dei diritti di tutte le fotografie in esso contenute. Anche il mercato dell’arte è soggetto a leggi che mutano nel tempo.
Ramak Fazel, Viasaterna
Molti dei lavori esposti sembrano raccogliere l’eredità dell’Arte povera, ben documentata da opere recenti di numi tutelari come Giuseppe Penone (da Repetto) e Pierpaolo Calzolari (da Biasutti&Biasutti), solo per citarne un paio. Fanno propria la trasformazione e l’energia insita nella materia opere come le «Alghe» in metallo di Francesca Leone o il calcestruzzo con intarsi di fiori di Alessandro Piangiamore, entrambi da Magazzino (Roma), o i grandi alambicchi con materiali in fermentazione e le piccole serre idroponiche di Hilario Isola da Jocelyn Wolff (Parigi).
Hilario Isola, Jocelyn Wolff
Poco prima dell’uscita, nello stand di Rosa Santos Gallery (Valencia), c’è «A reverse into tomorrow» di Andrea Canepa, una tenda canadese da campeggio decorata con figure di uomini e donne che richiamano arcaici culti legati agli elementi e al mondo naturale, promuove un modello di società e di vita alternative. Si ispira al Kibbo Kift, un gruppo britannico simil Boy Scout che negli anni Venti sosteneva la vita e l’educazione all’aria aperta contro le logiche del progresso e della civiltà industriale. Andrea Canepa «amplifica l’estetica del movimento collegandola alle preoccupazioni per il futuro. All’interno della tenda una voce auspica una riconnessione tra uomo e natura, mentre sulle pareti vi sono varie allusioni a database, miniere di asteroidi, reti neurali e viaggi spaziali», spiegano dalla galleria. È un altro dei tanti mondi possibili che Artissima ci propone.Andrea Canepa, Rosa Santos Gallery

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