Dentro lo Schermo dell’arte e degli artisti

Il festival diretto da Silvia Lucchesi presenta film di artisti come Matthew Barney e Shirin Neshat, in presenza e online. Dodici i partecipanti a VISIO, la «fucina di talenti» curata da Leonardo Bigazzi

Iván Argote, un frame dal video «Au Revoir Joseph Gallieni», 2021.
Laura Lombardi |  | Firenze

Alla sua XIV edizione (dal 10 al 14 novembre) «Lo schermo dell’arte» torna in sala ma resta anche online sulla piattaforma di Mymovies (con i film disponibili fino al 21 novembre), una forma che l’anno scorso ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio collaborando anche con università e Accademie di Belle arti. Diretto da Silvia Lucchesi, articolato tra il Teatro della Compagnia e la Manifattura Tabacchi, il festival vanta una fisionomia ormai ben distinta da altre rassegne che legano arte e cinema, concentrandosi sui film «di artista» più che sui documentari «su artisti», pur presenti nella rassegna e tutti moto recenti e inediti in Italia.

Tra i film più attesi è «Redoubt» di Matthew Barney, che apre il festival il 10 novembre, libero adattamento del mito di Diana e Atteone e spunto per una riflessione sulla relazione tra uomo e natura nel paesaggio dell’Idaho. A chiudere il festival sarà invece «Land of Dreams» di Shirin Neshat, co-scenaggiato da Jean-Claude Carrière e interpretato, tra gli altri, da Matt Dillon e Isabella Rossellini: per l’occasione l’artista iraniana tornerà per la terza volta tra il pubblico dello «Schermo dell’Arte».

Il programma è ricco di proposte che toccano temi cruciali della nostra contemporaneità, come «White Cube» di Renzo Martens, nato dalla collaborazione dell’artista olandese con una cooperativa di lavoratori congolesi per costruire un centro di arte contemporanea in un’ex piantagione Unilever in Congo. Qui tuttavia, rispetto a «Enjoy poverty» presentato allo Schermo nel 2008 e sempre in collaborazione con i congolesi, il finale è più «lieto» in quanto le sculture riprodotte in cioccolato degli operai artisti rivendute a New York permetteranno loro di ricomprare la terra loro sottratta. Altro tema molto «caldo» è quello sollevato dal film di Ivan Argote, «Au revoir Joseph Gallieni» (protagonista della colonizzazione francese del Madagascar), legato alla rimozione dei monumenti pubblici, che ha suscitato forte dibattito specie dopo le rivolte del Black Lives Matter: al film è dedicato anche uno dei talk proposti dal festival, che vede Argote in conversazione con Riccardo Venturi.

In anteprima mondiale è «Fuori dai teatri» di Rä di Martino, narrazione vibrante tramite la tecnica «verbatim», unita a materiali d’archivio dell’esperienza dei fondatori del Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera che fu un luogo capace di ospitare spettacoli e attori di fama mondiale. Tra le molte altre proposte si segnala il focus di quest’anno su Olivier Laric, artista multimediale svizzero le cui produzioni ruotano intorno ai temi della metamorfosi, dell’ibridazione, dell’autenticità e della riproducibilità, anch’essi al centro di molta ricerca degli ultimi decenni.

Tra i documentari, quello di Alain Fleischer «J’ai retrouvé Christian Boltanski», relazione di un’amicizia di lunghissima data ma anche omaggio all’artista recentemente scomparso, oppure «Lifeline: Clifford Still» di Dennis Scholl, spunto per una riflessione sul rapporto tra produzione artistica contemporanea e mercato, o «The women of Bauhaus» di Susanne Radelhof. A metà tra documentario e film d’artista è «Les Indes galantes» di Philippe Béziat, con il backstage della messa in scena di Clément Cogitore, dell’opera di Jean-Philippe Rameau riletta in chiave postcoloniale all’Opera Bastille nel 2019.

Da dieci anni «Lo schermo dell’arte» comprende la rassegna «VISIO European Programme on Artists’ Moving Images», il progetto di ricerca e residenza ideato e curato da Leonardo Bigazzi, una fucina di giovani talenti poi affermati sul piano internazionale. Quest’anno la mostra dei partecipanti, selezionati su circa 90 progetti, è «Thinking Beyond. Moving Images for a Post-Pandemic World», prodotta con NAM. Not A Museum alla Manifattura Tabacchi dove, con le opere video di Eoghan Ryan, Thuy-Han Nguyen-Chi, Alexandra Erre, ChongYan Liu, PHILTH HAUS, Eleonora Luccarini, Nelson Borrec Carter, Janaina Wagner, Vega, Roman Khimei & Yarema Malashchuk, si attraversano universi nei quali storie personali si intrecciano con la Storia, esperienze traumatiche e vulnerabilità si legano alla riflessione sulla identità di genere o sull’inquinamento del pianeta, sentimenti di malinconia, segregazione e di alienazione si mescolano, e suscitano domande sul nostro futuro incerto, cercando però di leggere quelle situazioni tragiche e conflittuali come occasioni generative.
 

Curato da Bigazzi è anche «Artists’ Film Italia Recovery Fund»,realizzato grazie a un crowdfunding dello «Schermo dell’arte» che ha raccolto 27mila euro in piena pandemia, anche con il contributo di Fondazione Cr Firenze. Saranno presentate le opere dei vincitori Roberto Fassone («Pas de Deux/Pas seul»), Beatrice Favaretto («The pornographer») e Caterina Erica Shanta («Talking about visibility»),insieme al lavoro di Riccardo Giacconi «Ditteggiatura» (un’edizione d’artista di ciascuna delle opere sarà alla GAMeC di Bergamo).

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