Dentro l’esperimento ci siamo anche noi
Agli Uffizi un dipinto di Wright of Derby fa riflettere sulle nostre reazioni alla scienza

Una piccola raffinata mostra, «Arte e scienza» a cura di Alessandra Griffo, intorno a un prestito d’eccezione dalla National Gallery di Londra: l’«Esperimento su di un uccello inserito in una pompa pneumatica» (1786) di Joseph Wright of Derby, esposto per la prima volta in Italia fino al 24 gennaio agli Uffizi nella sala 38, coi dipinti di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
Il pittore inglese, noto per l’interesse rivolto alla scoperta scientifica, ritrae qui l’esperimento sul vuoto d’aria messo a punto da Robert Boyle, già noto al tempo e per questo oggetto di dimostrazioni a fini didattici e divulgativi, frutto della cultura dell’Illuminismo. A Firenze, il granduca Pietro Leopoldo di Lorena, dagli anni Settanta del Settecento, prima a Palazzo Pitti per i propri figli, poi nel neonato Museo di Fisica e Storia Naturale a La Specola (il più visitato anche se lo stesso granduca aveva inaugurato gli Uffizi), commissionava analoghi laboratori dimostrativi con strumentazioni ora conservate al Museo Galileo.
La particolarità del dipinto, di caravaggesca memoria nei forti effetti luministici e della pittura olandese del Seicento nell’attenzione al dettaglio, risiede nella resa delle diverse reazioni del pubblico, riunito in una casa di campagna inglese. Un vario campionario di tipi umani segue infatti i gesti dell’uomo che, girando la chiavetta ed eliminando l’aria dalla campana, decreterà la morte del volatile (bianco, riferimento simbolico al suo sacrificio). E anche noi che guardiamo l’opera, dove le figure sono a grandezza naturale, diventiamo spettatori dell’esperimento, entriamo in quella stanza, nella quale i forti contrasti di luci e ombra accentuano la teatralità della scena.
La mostra pone poi a confronto altre cinque opere delle Gallerie degli Uffizi nelle quali è presente lo studio a lume di candela e la concentrazione sul lavoro, come il «San Girolamo con due angeli» di Bartolomeo Cavarozzi (1617), o il tema dell’animale morto (la «Natura morta con cacciagione», 1713, di Giuseppe Maria Crespi), mentre l’ottocentesco «Orologio da mensola in forma di gabbietta» evoca nella forma l’uccelliera da cui è stato estratto il volatile dell’esperimento. Tra i vari livelli di lettura possibili, il dipinto s’impone, nota la Griffo, «in quest’epoca segnata dal Covid-19, con imprevisti accenti di attualità [...] per le nostre reazioni nei confronti della ricerca scientifica, indifferenza, consapevolezza, riflessione, curiosità o timore».