Delépine: «Ecco come ci distinguiamo da Basilea»
Il direttore di Paris+ conosce la scena artistica internazionale grazie a un curriculum ricco e composito

Clément Delépine, 41 anni, porta alla direzione di Paris+ la sua conoscenza della scena artistica internazionale. È stato per oltre cinque anni condirettore di Paris Internationale, fiera alternativa ai modelli tradizionali, nata per promuovere il lavoro di artisti emergenti e riscoprire figure più affermate. È stato direttore artistico della Galerie Mitterrand, di Bortolami Gallery a New York, e precedentemente ha lavorato allo Swiss Institute di New York, oltre ad aver coordinato Galleries Curate, iniziativa progettata per favorire il dialogo tra i programmi di 21 gallerie d’arte internazionali.
Come rimodellare una fiera internazionale accentuandone la personalità francese?
Vogliamo esporre idee implementate dalla Fiac, dando loro più significato e più supporto per avere una visione più ampia. Devo dire che la nuova fiera crea molto entusiasmo. C’è la possibilità di sviluppare nuove collaborazioni con tutte le istituzioni, sia private sia pubbliche, che sono disposte a impegnarsi in questo ambito. Siamo molto ben supportati dalla città e dal Ministero della Cultura. Vogliamo che la nostra «Basilea» sia accolta calorosamente e penso che tutti siano consapevoli di quanto l’infrastruttura del gruppo, il «know how» della fiera possano essere al servizio di Parigi.
Che impatto può avere la potenza di fuoco di Art Basel? Abbiamo due fiere importanti, Basilea e Parigi. È possibile una coesistenza? Non sono una la replica dell'altra?
In realtà penso che ci sia la necessità di sviluppare di più l’identità locale. Sì, Art Basel è un gruppo globalizzato, ma le quattro fiere hanno un nucleo locale molto solido. Art Basel a Hong Kong, ad esempio, si rivolge davvero al 50% delle gallerie del Sud-est asiatico.
Ma è un po’ diverso perché Miami e Hong Kong lavorano su campi distinti, geograficamente parlando, mentre Parigi e Basilea sono molto vicine, in tutti i sensi.
Sì, certo ma Basilea è un contesto diverso, ci sono già 292 espositori in una città che entra in sintonia con la fiera, diventando una specie di «bio-cupola»; Parigi è più piccola, ci sono 156 espositori. Quindi Basilea è il gold standard, Parigi deve offrire qualcosa di diverso e ciò che desideriamo proporre è in realtà di aprirsi a diverse industrie creative come la moda, il cinema, la musica, e giocare di più lungo queste linee. Penso che Paris+ sia più basata sul contesto.
Paris+ valorizza le gallerie francesi e l’arte contemporanea francese?
Penso che le gallerie francesi a Paris+ abbiano una visibilità eccezionale. Affittiamo la sede dallo Stato francese, il nostro padrone di casa, quindi è parte della nostra missione dare una piattaforma alle gallerie francesi e, per estensione, agli artisti francesi. La concorrenza spietata è tra le gallerie internazionali che sono disposte a partecipare alla fiera, a stabilire un avamposto o a trasferirsi a Parigi. Non lo farebbero senza un mercato che le supporti. Comunque è un rafforzarsi a vicenda perché le gallerie francesi hanno coltivato una rete locale di collezionisti che scopriranno le nuove gallerie. Ma le gallerie internazionali che si trasferiscono a Parigi sono la testimonianza che si sta guardando alla città con un nuovo interesse.
L’occhio sulla Paris Art Week 2022