Dagli Stati Uniti novità per la restituzione di oggetti d’arte

La Smithsonian adotta nuove linee guida basate su considerazioni etiche per il rimpatrio di oggetti d’arte, dopo aver già annunciato di voler restituire la «maggior parte» dei 39 bronzi del Benin che possiede

Uno dei bronzi del Benin alla Smithsonian Institution. Foto Franko Khoury
Maria Sancho Arrojo |

L’anno scorso una ventina di curatori dei musei della Smithsonian Institution, che comprende 21 musei e il National Zoo, si sono riuniti per discutere la posizione dell’ente nei confronti della restituzione e del rimpatrio di oggetti delle proprie collezioni. L’obiettivo era risolvere un problema che molte istituzioni culturali si trovano ad affrontare oggi con i nuovi standard inerenti alla restituzione e al rimpatrio delle opere d’arte.

Dopo un esame durato sei mesi, le conclusioni del «Gruppo di lavoro per la restituzione etica» sono state riviste dal segretario e dal Consiglio dell’istituzione e, dal 29 aprile, la Smithsonian ha annunciato di aver implementato queste raccomandazioni come linee guida istituzionali. In futuro gli oggetti del museo che sono stati saccheggiati, presi sotto costrizione o ottenuti in altro modo non etico, saranno esaminati in base a una nuova serie di criteri, e in molti casi sarà accelerato il loro ritorno al Paese d’origine. Ciò segna un notevole scarto dalla precedente politica dell’istituto che imponeva ai suoi musei di non restituire i manufatti acquisiti legalmente.

La politica prevista comprende una serie di valori istituzionali rispetto ai quali verranno misurate le restituzioni. Soprattutto spiega che i singoli musei della Smithsonian stabiliranno «procedure per la deaccessione e la restituzione delle collezioni» basate su «considerazioni etiche». In precedenza, la restituzione di un oggetto dalla collezione comportava un lungo processo burocratico che richiedeva l’approvazione del Consiglio dell’istituzione. Ora i musei hanno ricevuto maggiori poteri.

Solo nei casi in cui un oggetto «abbia un significativo valore monetario, di ricerca o storico, o in cui la rinuncia possa essere di significativo interesse pubblico», il Consiglio prenderà in considerazione la possibilità di restituirlo. La politica formalizzata fa seguito all’annuncio della Smithsonian di voler restituire al Paese d’origine, la Nigeria, la «maggior parte» dei 39 bronzi del Benin presenti nella collezione del Museo Nazionale d’Arte Africana. La Smithsonian ha chiarito che la nuova politica non significa che i suoi ricercatori rivaluteranno ciascuno dei 157 milioni di oggetti della sua collezione.

Piuttosto, si occuperà di rivedere gli oggetti quando sorgeranno domande da parte delle comunità, degli studiosi o durante la preparazione di una mostra. La direttiva prevede delle disposizioni generali, non un piano dettagliato su come ogni museo restituirà gli oggetti delle sue collezioni. Quest’ultimo compito sarà lasciato al team di ciascuna istituzione. In un comunicato stampa, la Smithsonian ha spiegato che, «poiché le collezioni sono così diverse, dai veicoli spaziali alle belle arti, l’attuazione sarà specificamente adattata a ciascun museo e alle sue collezioni».

Con la sua nuova politica sta tentando di riconoscere senza mezzi termini che le norme e le pratiche nel mondo del collezionismo sono cambiate e che è giunto il momento per i musei di stare al passo con i tempi. I dirigenti dell’istituzione sperano che altri centri culturali americani seguano il suo esempio. Iniziative del genere sono in corso da anni in Europa, dove il dibattito sulla restituzione è più vivace. Il fatto che una delle istituzioni culturali più burocratiche d’America come la Smithsonian stia affrontando un tema così spinoso è segno che anche gli Stati Uniti potrebbero finalmente iniziare ad agire.

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