Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliBerlino. Fino all’inizio della guerra civile siriana, nel 2011, la città vecchia di Aleppo era uno dei luoghi più ricchi di cultura al mondo, patrimonio Unesco dal 1986. Quasi interamente rasa al suolo, la sua ricostruzione prende pian piano forma. La Moschea degli Omayyadi è un simbolo con una valenza politica, oltre che culturale, che fa gola a molti.
Dopo i milioni stanziati dall’Aga Khan e l’aiuto ceceno della Fondazione Kadyrov, anche il Museum für Islamische Kunst di Berlino sostiene la ricostruzione. «Il nostro obiettivo è aiutare gli aleppini a riedificare la città vecchia e fornire all’Unesco la documentazione necessaria», ha dichiarato il direttore del museo Stefan Weber, che ha inviato al World Heritage Center una schedaturara degli edifici del complesso completa di dettagli costruttivi e catalogazione dei danni subiti.
Il database (oltre 200mila foto, disegni e report), compilato dal Syrian Heritage Archive Project dal 2013 ad oggi, è frutto della collaborazione di Gerda-Henkel-Stiftung, Deutsches Archäologisches Institut e Andrew W. Mellon Foundation, vincitori dei Museum & Heritage Awards. La Moschea, insieme ad altri due edifici pilota prescelti dal progetto, è già stata ricostruita virtualmente e sarà presentata in una mostra al Pergamonmuseum. L’auspicata realizzazione pratica sarà il coronamento di una straordinaria collaborazione internazionale.

La città vecchia di Aleppo. Foto: Ron Van Oers
Altri articoli dell'autore
Nell’Hamburger Kunsthalle le opere dell’artista tedesco che espande la nozione di pittura a «ciò che lui vuole vedere»
Nel Kunstgebäude Stuttgart manufatti e archeologia illustrano la vita nel primo millennio del Land del Baden-Württemberg
Il museo di Essen dedica un focus sul significato culturale delle pettinature e il loro continuo mutare con la società a partire da Diane Arbus fino a TikTok
Nel Gropius Bau di Berlino il pubblico è chiamato a prendere parte ad attività organizzate, a sporcarsi le mani, a fare rumore, a cucinare e mangiare, a giocare tra le installazioni dell’artista thailandese