Déco italiano senza limiti
L’allestimento al Forte di Bard evidenzia le molte sfaccettature e gli aspetti meno indagati di un fenomeno già molto studiato a livello internazionale

Duecento opere tra dipinti, sculture, decorazioni murali, moda, arti applicate, manifesti, illustrazioni e grafica per un’immersione nell’universo formale del gusto Déco, declinato però nella versione italiana, dunque certamente esotico, raffinato, depurato e incline alla geometria, ma pur sempre eclettico.
Affrancandosi da limiti temporali precisi, nella difficoltà di circoscrivere una stagione di cui sono interessanti anche i preludi e gli epiloghi, Francesco Parisi, già curatore della mostra «Il Liberty in Italia» (Reggio Emilia, 2016), nell’allestimento al Forte di Bard, in scena dal 2 dicembre 2022 al 10 aprile 2023, riprende il filo del discorso con l’ampia esposizione «Il Déco in Italia, l’eleganza della modernità», puntando a evidenziare le molte sfaccettature e gli aspetti meno indagati di un fenomeno già molto studiato a livello internazionale.
L’approccio è flessibile, aperto anche alla danza, alla pittura e alla scultura, discipline lasciate spesso in seconda linea rispetto alla seducente avanzata di arti applicate e grafica in mostre di questo tipo, ma qui rivalutate in relazione a contesti che, proprio per la loro peculiarità nazionale, sfumano ancora tra morbidezze naturalistiche e modernità futurista.
La varietà è dunque uno dei punti di forza di questa mostra che il curatore, affiancato da esperti per le diverse sezioni, ha attentamente costruito con l’intento di «porre in risalto, oltre alle arti applicate, quelle manifestazioni artistiche che evidenziano il fil rouge del gusto Déco italiano, rilevando le necessarie intersezioni di stili e temi guida».
Tra gli spunti per un’analisi comparativa con il quadro europeo, figura un’inedita ricostruzione del bistrattato (fu definito un «buco nero» a fronte dell’«Esprit Nouveau» di Le Corbusier) padiglione italiano progettato da Brasini alla storica «Exposition International des Arts Decoratifs et Industriels Modernes» di Parigi nel 1925, dove la nostra cultura figurativa si presentava con tutte le sue contraddizioni, tra lo splendido nitore di Gio Ponti, l’artigianalità tessile di Herta Ottolenghi Wedekind e il decorativismo ornamentale più tradizionalista di artisti come Chini e Bargellini. Senza dimenticare che, poco lontano, al Grand Palais, esponevano, però, i nostri futuristi. La mostra è organizzata in collaborazione con Silvana Editoriale.