Curve e rette protagoniste da 10 A.M. ART

Artisti di diverse generazioni si confrontano in un suggestivo percorso espositivo in cui coniugano teoria e forma per spiazzare la funzione abituale dell’occhio

«Verticalità dalla 2 alla 11» (2003) di Lucia Di Luciano
Francesca Interlenghi |  | Milano

«Curva e retta. La linea nelle ricerche astratto-cinetiche italiane» è la mostra che la galleria 10 A.M. ART di Milano propone fino al prossimo 27 gennaio. La collettiva, a cura di Paolo Bolpagni, raccoglie una selezione di opere di Luigi Veronesi, Franco Grignani, Mario Ballocco, Lucia Di Luciano, Giovanni Pizzo, Ennio L. Chiggio, Claudio D’Angelo e Marina Apollonio, in cui protagonista assoluta è la linea e le sue molteplici possibilità combinatorie.

Nello spazio multifunzionale di 300 mq situato nel cuore dei Navigli, concepito per accogliere progetti ampi e «special» che approfondiscono il rapporto tra arte, sperimentazione e design, i due fondatori, Bianca Maria Menichini e Christian Akrivos, valorizzando il programma espositivo della galleria, indagano il tema della percezione visiva nel contesto delle ricerche astratto-cinetiche in Italia.

I lavori esposti in questa occasione sono tutti accomunati dalla volontà di investigare le ragioni oggettive del guardare, del vedere, del percepire e dell’ingannare otticamente, con opere che esigono un comportamento attivo da parte dello spettatore, studiate appositamente per suscitare una precisa interazione tra l’occhio di chi guarda (e riguarda) e il carattere proprio dell’immagine.

Arte gestaltica, come è stata anche definita dallo storico dell’arte Giulio Carlo Argan, in riferimento alla teoria della Gestalt (corrente psicologica incentrata sui temi della percezione e dell’esperienza) fa delle sua manifestazione allo spettatore un’avventura davvero complessa e imprevedibile.
Scrive il curatore: «Accostare le opere di questi autori serve anche a riconoscere il valore e la varietà di ricerche che da un lato mostrano tuttora la loro forza e attualità, e dallaltro stupiscono per linfinito campo di possibilità schiuso dallutilizzo, in fondo, di pochi “ingredienti” di base.»
Opere nella parete frontale, dal basso a sinistra, di Mario Ballocco, Marina Apollonio, Giovanni Pizzo, Ennio Ludovico Chiggio, Franco Grignani e nella parete laterale di  Luigi Veronesi e Claudio D’Angelo
Soltanto due sono infatti gli ingredienti di base di questo progetto espositivo che si sviluppa su entrambi i piani della galleria: la curva e la retta. Intorno a questi viene costruita la fenomenologia del mutamento, del divenire, della pulsazione e dell’instabilità.

Luigi Veronesi (Milano, 1908-98) è presente con quattro dipinti degli anni Settanta in cui la linea è segno di un tempo-spazio nel quale l’artista esplora le possibilità del divenire ritmico delle forme. Accanto a questi, le opere di Marina Apollonio (Trieste, 1940) icone indiscusse di un’epoca.

Figlia di Umbro Apollonio, critico d’arte tra i più autorevoli e tra i più impegnati a definire quella che, soprattutto dopo le mostre di Zagabria (1961-73), verrà denominata anche Nuova Tendenza, l’artista è reduce dalla partecipazione al Padiglione Centrale della Biennale di Venezia del 2022.

Qui è presente con dei dipinti (identificati con il titolo «Gradazione») realizzati con cerchi concentrici in cui le miscele di pigmenti usate sono state prestabilite da una mappa cromatica per la programmazione delle sequenze di colore.
«Dinamica circolare Cratere N» (1968) di Marina Apollonio e  «Dispositivo Optical A+B (dittico)» (1964) di Ennio Ludovico Chiggio
A testimonianza dell’evoluzione filosofica da un’arte di contemplazione a un’arte di azione, vi è anche l’opera «Dinamica Circolare Cratere N» del 1968 che, fluttuando paradossalmente tra concavità e convessità, crea delle composizioni centrifughe in cui risuonano naturalmente forze celesti e terrestri: dalla rotazione delle galassie alla crescita di una conchiglia marina.

C’è poi Ennio L. Chiggio (Napoli, 1938-Padova, 2020), forse il più «optical» degli artisti proposti, membro del Gruppo N fondato nel 1959 a Padova nel nome di una poetica e di una produzione letteralmente collettiva.

Lucia Di Luciano (Siracusa, 1933), anche lei presente quest’anno a Venezia, è qui con un’opera del 1965, in cui è manifesto il rigoroso utilizzo del bianco, e una più recente, realizzata nel 2003,  intitolata «Verticalità dalla 2 alla 11», che dà conto dell’evoluzione del suo lavoro negli anni e delle sue esplorazioni inerenti le dinamiche cromatiche.

Claudio D’Angelo (Tripoli, 1938-Ascoli Piceno, 2011) esibisce in un trittico la sua ossessione per la forma geometrica del toroide, mentre Giovanni Pizzo (Veroli, Frosinone, 1934-Roma, 2022) lavora sulla dialettica tra positivo e negativo con moduli geometrici prodotti da una fitta trama di linee, quadrati e rettangoli.

Completano il progetto espositivo, Franco Grignani (Pieve Porto Morone, Pavia, 1908-Milano, 1999) con le sue alternanze tra la retta e la curva e Mario Ballocco (Milano, 1913-2008) il cui lavoro, nell’ambito della visualizzazione strutturata, è stato certamente precorritore.

La mostra racchiude esperienze diverse ma tutte comunque legate alle varie declinazioni dell’idea di curva e di retta. Agli artisti è lasciato il compito di coniugare teoria e forma con l’obiettivo di spiazzare la funzione abituale dell’occhio, privilegiando il campo della visione periferica e dell’instabilità.

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