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Immagine da "Letture lente" di AgCult

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Culture: from heritage to impact

Le nuove sfide per la cultura hanno il sapore dell’impatto che supera, includendolo, l’approccio patrimoniale.

Irene Sanesi

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La cultura non può attendere che tutto torni come prima.
Per uscire dalla crisi (non solo pandemica ormai) sarà necessario un approccio complesso, sinestetico e sistemico, un approccio che superi la visione patrimoniale, integri quella performativa delle attività e si collochi in una traiettoria d’impatto culturale.

NUMERI, TREND E PROSPETTIVE (OLTRE IL DIGITALE MERA PROTESI)
Sarebbe ingeneroso commentare i numeri 2020 delle sponsorizzazioni culturali con una semplicistica riduzione a due cifre. Il calo pari ad oltre il 60% è una vera debacle, che va letta sia con i dati del 2021, più confortanti, sia con il trend di altri ambiti del terzo settore che hanno mantenuto nello scorso anno una buona (in alcuni casi ottima) tenuta, in particolare il sociale e il socio-sanitario, settori per cui invece l’anno in corso si è aperto con diverse prospettive.
Un primo commento a caldo è presto detto: a causa dei ripetuti lockdown e dell’incertezza sui colori delle regioni e del paese, “la maggior parte degli eventi sono stati sospesi o addirittura annullati; sovente le attività sono state riconvertire alla fruizione digitale, ma i prezzi delle sponsorizzazioni hanno subito una forte riduzione in ragione di fattori come l’abbassamento dell’audience e l’azzeramento dell’ospitalità”. Da qui la riflessione porta alla insostituibilità della presenza per la cultura e i suoi linguaggi (arte, musica, teatro, danza, poesia, ...). Il digitale in altre parole non può essere semplicemente sostitutivo di, ma alternativo a, portatore di una “teatralità” frutto del connubio tra contenuti culturali e tecnologia, verso le “digital humanities”.

Il PUBBLICO CONTA
Tangente al digitale è anche il tema dell’audience perché non esistono equazioni direttamente proporzionali quando si maneggia la cultura: i cinema chiusi non significano minori persone che guardano film ma più persone su media diversi. Per il teatro, i musei o i concerti può dirsi la stessa cosa? A Livorno, città poco incline al romanticismo, nei mesi scorsi è apparsa la scritta: “Mi manchi come un concerto”, una dichiarazione d’amore da tempi di pandemia che fa sovvenire la citazione di “L’amore ai tempi del colera”.
L’azzeramento dell’ospitalità è l’altro fattore di cambiamento intrinsecamente connesso alla fisicità e alla presenza, con una macchina organizzativa ramificata che, come il circo (altro settore dello spettacolo fortemente colpito) è un complesso articolato di mezzi, persone, animali, annessi e connessi, con il naturale indotto di economie, molto reali e anche di atmosfera.

CAUSE (ANZI CAUSA) DI FORZA MAGGIORE: DA PREVISIONE CONTRATTUALE A VARIABILE DI COMPLESSITA’
L’indagine predittiva realizzata da StageUp con la collaborazione di ChainOn sottolinea come “i contratti già in essere, se non annullati per cause di forza maggiore, sono stati generalmente rivisti al ribasso”. Oggi abbiamo piena consapevolezza dell’importanza di stilare accordi ben costruiti nella sostanza e nella forma, tali da consentire la garanzia di una continuità di rapporto, pur nel diverso e nuovo contesto, come quello formatosi con la pandemia.
L’incertezza esogena ha inflitto ai budget delle imprese tagli fisiologici per i quali (per fortuna!) è prevista non solo un’inversione di tendenza quanto un vero e proprio rimbalzo record con un + 47,5% in questo 2021. Se è vero che “your best friend is the trend”, possiamo dormire sonni tranquilli. Ma, pur fiduciosi nelle indagini predittive, vorremmo sentirci parte del flusso orientando la corrente: può bastare come fondamento del trend di crescita la voglia di normalità o la tendenza “new normal”?

LE “NUOVE” SPONSORIZZAZIONI E L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA: LE EROGAZIONI LIBERALI
È immaginabile e auspicabile che il contesto venutosi a creare possa, una volta per tutte, spronare le istituzioni e le imprese culturali a lavorare con un approccio strategico riguardo al fundraising, e non solo corporate.
Questo spinge a valutare l’utilità di una combinazione integrata di dati: sponsorizzazioni da un lato e erogazioni liberali dall’altro, e per entrambi gli strumenti, che vedono come attori sponsor e donor (sempre bene distinguere, anche linguisticamente, per il Fisco, per la comunicazione e la rendicontazione) intercettare anche la dimensione tecnica (o cosiddetta in natura), per ripartire al meglio ricreando condizioni di collaborazione e occasioni generative. Laddove la finanza (intesa come richiesta in denaro) può trovare resistenze, la partnership sul piano tecnico può rappresentare una soluzione sostenibile nel presente, tappa di una advocacy di prospettiva. Perché, come sottolinea l’indagine “questo sarà comunque un anno ancora difficile, di transizione”, con un recupero dei livelli 2019 previsto solo nel 2024.

LA CULTURA VERO DRIVER PER LA RIPARTENZA, NON APPENDICE
Auspichiamo l’an e il quantum, sicuramente, però anche la qualità: modalità inedite di raccolta fondi poggiate sul legame tra cura e cultura, arte e welfare, quali nuovi fondamenti di una post Covid age che sogniamo in presenza per non soffrirne più l’assenza, che immaginiamo in modalità ibrida e sincrona poiché all’hic et nunc è possibile integrare lo streaming, il digitale, il cripto e molto altro ancora.
La cultura come asset (patrimoniale) dovrà declinarsi una volta per tutte come driver di sviluppo strategico per il Paese. L’arretratezza: “l’Italia è terzultima negli investimenti in cultura in Europa con una capacità di estrarre valore stimata un sedicesimo di quella degli USA è un quarto di quella della Francia” rappresenta un limite e al contempo un’opportunità. Della serie: possiamo solo migliorare con spazi di crescita straordinari.
Molto interessante anche la parte finale dell’indagine in cui si tocca la disponibilità di spesa per consumi culturali tendente al rialzo (+7,5%): curioso in un mercato quale quello culturale dove il lavoro, ed il lavoro pagato secondo standard europei, è ancora poco percepito relegando le attività, nell’immaginario collettivo, al volontariato, all’apprendistato e allo stagismo permanente. Fondamentale il richiamo alla trasparenza sugli accordi nel nome di una irrinunciabile e irrimandabile accountability che dovrà sempre più essere frutto di una scelta volontaria e non di una imposizione normativa (piattaforma Artbonus, riforma terzo settore, norme Anac, ecc.).

BLOCKCHAIN: IMPOSSIBILE RESISTERLE
E, ciliegina sulla torta finale, la blockchain al servizio trasversale di arte e cultura.
La prima e più intuitiva applicazione in questo settore è nel mercato dell’arte, per semplificare i passaggi di proprietà, ma la blockchain può essere declinata in nella gestione del patrimonio culturale, “nella digitalizzazione e valorizzazione di archivi e opere museali, donazioni (ne è un esempio Mydonor che ha adottato lo strumento della blockchain per le sue transazioni), fundraising, gestione dei diritti d’autore”. Interessante è la realtà del progetto Aerariumchain, startup selezionata nel 2019 da Lottomatica nel contest Idee Vincenti tra le 5 migliori imprese innovative in ambito culturale, che ha l’obiettivo di catalogare e certificare lo stato di conservazione del patrimonio artistico e archeologico attraverso strumenti di intelligenza artificiale e blockchain. Il vantaggio è duplice: la diffusione di opere altrimenti precluse al grande pubblico ma anche, grazie alla blockchain, la tracciabilità di dati e certificati permanenti (una garanzia per i futuri proprietari delle opere).
Alla fine, ed esemplarmente, siamo come una biglia su una tavola, impossibile stare fermi mentre abbiamo la straordinaria occasione per stabilire l’inclinazione del piano da cui dipenderanno velocità e traguardo.

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Irene Sanesi, 29 marzo 2021 | © Riproduzione riservata

Culture: from heritage to impact | Irene Sanesi

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