Così Bamiyan crollerà in dieci anni

Scavi illegali, saccheggi e incuria, traffici di carbone, cancelli divelti e assenza di custodi condannano il celebre sito afghano

La cavità che ospitava la più grande delle due statue di Buddha a Bamiyan in un’immagine del 2012 © U.S. Army photo by Sgt. Ken Scar, 7th Mobile Public Affairs Detachment
Sarvy Geranpayeh |  | Bamiyan

A Bamiyan scavi non autorizzati in alcune parti della valle, così come il rapido sviluppo della zona, destano grande preoccupazione. Il sito, dichiarato Patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2003, una volta era la casa delle statue monumentali dei Buddha di Bamiyan del VI secolo, scolpite nella parete di roccia fino a quando, nel 2001, i talebani le hanno fatte esplodere. Oggi, rapidi lavori di costruzione e di scavo sotto il nuovo Governo (talebano), unitamente a fattori ambientali, stanno contribuendo alla rapida distruzione della valle e del suo patrimonio.

«Abbiamo effettuato una valutazione dei danni delle esplosioni del 2001, si sono formate crepe fino a 30 metri attraverso la profondità della parete rocciosa», spiega Ghulam Reza Mohammadi, ex coordinatore provinciale Unesco per Bamiyan, costretto a trasferirsi in Germania per il timore di persecuzioni da parte dei talebani. «Scavare durante i mesi invernali significa vedere acqua e neve entrare nelle grotte e nelle fessure esistenti, causandone l’espansione, che a sua volta causerà il possibile crollo dell’intera parete di roccia», dichiara.

Una fonte vicina al Ministero dell’Informazione e della Cultura talebano, a condizione di mantenere l’anonimato per il timore di ritorsioni, ha confermato che gli scavi illegali hanno avuto luogo in due aree distinte: all’interno della parete sopra la nicchia del Buddha più grande (conosciuto come Salsal), arretrata di circa 40-50 metri, e nel terreno alla sua base. Ambedue le zone sono note per ospitare grotte sepolte, alcune delle quali mai aperte prima. Mohammadi sospetta di contrabbandieri provenienti probabilmente dal Pakistan, che avrebbero avuto accesso alla zona grazie all’appoggio dei talebani.

«Hanno aperto grotte inviolate, nessuno sa che cosa hanno trovato», dichiara. «Si tratta di persone con conoscenze archeologiche, anche di scavo, e della geografia di Bamiyan». E aggiunge che per intraprendere uno scavo in un sito del Patrimonio mondiale dell’Unesco, bisogna prima presentare un piano dettagliato dei lavori al Centro del Patrimonio mondiale.

A pochi metri da dove si trovava il gigantesco Buddha, è spuntato e sta lentamente crescendo un deposito di carbone con veicoli pesanti che attraversano quotidianamente la valle. Nelle vicinanze archeologi francesi hanno scoperto un cimitero che risale alla dinastia dei Kushana (I-III secolo). «I veicoli pesanti creano vibrazioni estremamente pericolose per un sito già di per sé fragile. Da qui il divieto di circolare in questa zona», dichiara la fonte anonima legata al Ministero.

Secondo il masterplan culturale elaborato nel 2007 dalle autorità afghane con la guida dell’Unesco, in questi luoghi non è possibile costruire né tantomeno vendere i terreni. Questi ultimi erano in procinto di diventare proprietà del Governo attraverso acquisti obbligatori che però non sono stati finalizzati prima della presa di potere dei talebani. Di conseguenza, gli atti relativi a queste terre sono ancora nelle mani di privati che hanno sfruttato l’occasione per iniziare a costruire nuove case e nuovi esercizi commerciali in questa parte protetta della valle, disturbando il paesaggio e ciò che resta dell’antica città sepolta.

Il sito ha inoltre subito vandalismi e saccheggi continui, molti dei quali all’indomani della presa di potere dei talebani nel 2021. Due depositi sono stati razziati e molti oggetti rubati, tra cui una testa di Buddha del valore stimato di 100mila dollari e monete antiche. «Tutto è sparito. Ora dobbiamo guardare e vedere in quale collezione internazionale salteranno fuori», racconta Mohammadi. Barriere e cancelli a chiusura dell’accesso al sito sono stati divelti, lasciando le grotte incustodite.

«Non ci sono né guardie né serrature. Chiunque è in grado di rimuovere uno dei dipinti presenti all’interno con un semplice cacciavite. Se l’attuale cattiva gestione, gli scavi non pianificati e il disordine continueranno, le nicchie e la parete di roccia crolleranno nei prossimi dieci anni», avverte Mohammadi, le cui preoccupazioni sono condivise anche dai residenti di Bamiyan che si sentono impotenti e inascoltati.

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