Copiare è rispettare

Una mostra ad Amburgo ricorda che in Giappone l'imitazione è un omaggio ai primi maestri

«L’Honganji a Asakusa nella capitale dell’est» di Katsushika Hokusai, dalla serie «Le 36 vedute del Monte Fuji», 1830-31
Francesca Petretto |  | AMBURGO

Si focalizza su un carattere fondamentale della cultura giapponese la mostra «Copia e incolla. La ripetizione nel quadro giapponese» che il Museum für Kunst und Gewerbe Hamburg ospita fino al 30 agosto. Lontano dal paradigma dell’originalità tipico della modernità europea, sono l’imitazione e la duplicazione, praticate da sempre nella tradizione grafica e pittorica, l’aspetto considerato più prezioso nell’arte del Paese del Sol Levante, omaggio reverenziale ai primi maestri, ritenuti ineguagliabili.

Il museo amburghese può vantare una straordinaria collezione di dipinti e disegni giapponesi ma anche di foto, stampe, xilografie, rotoli, libri illustrati e ne propone in questa rassegna una selezione che abbraccia quasi tre secoli, dal periodo Edo al Meji, con maestri dell’incisione come Katsushika Hokusai (1760-1849), Katsukawa Shunkō (1743-1812), Toyohara Kunichika (1835-1900), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Utagawa Kuniyoshi (1798-1861), e della pittura, come Kawanabe Kyōsai (1831-89) e Suzuki Kiitsu (1796-1858).

Opere come «La grande onda al largo di Kanagawa» di Hokusai esercitarono un incredibile appeal sui pittori impressionisti ed espressionisti, destinata a essere eternamente copiata, adattata e persino riprodotta in massa, a sua volta, nel nostro mondo occidentale. La mostra è frutto di una cooperazione con la Zeit-Stiftung Ebelin und Gerd Bucerius che ne hanno finanziato il progetto scientifico.

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