Compravendita e codice penale: l’arte in cronaca nera
Il riciclaggio e l’esportazione illegale sono i reati più comuni ma non gli unici. Chi indaga sull’aggiottaggio

Una tela a brandelli, contesa per dieci minuti tra nove collezionisti, è stata venduta da Sotheby’s a 18 milioni e mezzo di sterline il 14 ottobre. Il mondo delle aste, però, non è fatto solo di high net worth individuals; la riservatezza e il fatto che un oggetto di modeste dimensioni possa incorporare un valore rilevante hanno reso appetibile il mercato anche per la criminalità.
Le case d’asta e le gallerie ai sensi dell’articolo 115 Tulps, però, soggiacciono alla normativa antiriciclaggio e sono tenute all’identificazione del cliente e a un’«adeguata verifica della sua operatività». Di recente la Cassazione (7241/2000) ha confermato la condanna per riciclaggio di un imprenditore che aveva acquistato con denaro proveniente dalla bancarotta di una Spa 22 opere d’arte blue chip, tra cui Picasso, Warhol, Fontana e Basquiat, considerate quale «trasformazione di denaro di illecita provenienza in beni di altro genere».
In primo grado anche il mercante d’arte che aveva venduto le opere, acquistate poco prima da una nota casa d’aste italiana, era stato condannato perché «la sua responsabilità era fondata sulla peculiarità dell’operazione eseguita per circa 16 milioni di euro in un lasso di tempo ristretto e con il non certo usuale acquisto per “stock” non coerente con la natura dei beni», nonché sulla considerevole remunerazione dallo stesso ottenuta dall’operazione; la sua assoluzione in secondo grado ha lasciato qualche perplessità.
Un crimine più sottile, che sempre si inquadra nella fattispecie di cui all’art. 648 bis c.p., ma spesso viene rubricato sotto i meno gravi reati di ricettazione o esportazione illegale, o considerato una mera questione civile sull’indagine sulla sussistenza o meno di buona fede (art. 1153 c.c.) da parte dell’acquirente di un bene di provenienza delittuosa, è il riciclaggio dell’opera d’arte. Il reato si configura tramite l’«occultamento della provenienza illecita della stessa, realizzato facendo in qualche modo perdere le tracce e le prove dell’origine dell’arricchimento, in modo da rendere impossibile risalire al reato, trasferendo “in un luogo sicuro (all’estero ecc.) il compendio criminoso (oro, pietre preziose, oggetti d’arte ecc.)».
Il caso più noto riguarda il bronzo «Jean d’Aire» di Rodin e il «Portrait de la femme au chien» di Marie Laurencin deciso dalla Cassazione francese (04-81.962/2005). Le opere erano state rubate e subito vendute tramite un intermediario a una galleria di Parigi, la quale nello stesso mese aveva rivenduto il bronzo a un art dealer. Il dipinto, invece, era stato venduto dalla galleria parigina a un’altra galleria, che a sua volta, dopo un mese, aveva riacquistato la metà del bronzo dalla sua venditrice.
La Corte ha ritenuto rilevante la circostanza che durante queste transazioni non fosse stata effettuata alcuna verifica sull’origine di queste opere, che la galleria avesse dato una descrizione dell’opera di Marie Laurencin «diversa» da quella indicata nel catalogo ragionato e accertato che i mercanti non avevano preso tutte le misure necessarie per assicurare la regolarità del loro acquisto e che il pagamento con assegno e la registrazione di questi acquisti nel loro libro di polizia fossero formalità minime per dei professionisti del settore ma non sufficienti.
Nonostante anche in Francia viga il principio del «possesso vale titolo», è stato ritenuto rilevante che in dieci giorni tre galleristi si fossero «passati di mano» le opere, «il che equivale al riciclaggio di opere d’arte», e che nessuno di loro avesse controllato l’origine e l’autenticità delle opere e nemmeno contattato il museo Rodin.
La Corte ha evidenziato anche che non ci fosse alcuna giustificazione per una tale fretta se non la certezza di fare un «buon affare» e di essere coperto dalla buona fede con il pretesto di un pagamento con assegno a un altro gallerista. Attualmente in fase di indagini ci sono numerosi casi di opere di provenienza illecita a cui, per impedirne l’identificazione, è stato cambiato il nome e utilizzato come titolo il testo della dedica sul retro.
A novembre 2020, invece, il Codacons ha presentato un esposto alla Procura di Roma per aggiotaggio (art. 501 c.p.) denunciando il caso delle sneaker della Lidl, in edizione limitata, comprate e immediatamente rimesse in vendita su eBay sino a 2.500,00 euro, come una condotta manipolativa che ha prodotto un’alterazione del mercato.
Sull’esito e sulle conseguenze che potrà avere l’inchiesta aperta sulle scarpe da tennis abbiamo qualche dubbio; qualcuno di meno potremmo averlo su certe operazioni di «valorizzazione» delle opere di un determinato artista, orchestrate da chi ne detiene un numero così rilevante da poter controllare mercato e prezzo, così come sulla vecchia pratica adottata da taluni galleristi di «difendere» il loro artista, ricomprando in asta le sue opere per controllare le quotazioni. Per il momento, però, non pare che questi siano ancora temi stuzzicanti per gli inquirenti. *avvocato
L'articolo è stato originariamente pubblicato nell'allegato «RA Tax & Legal 2021-2022»