Come si è evoluto Mondrian nel tempo
Nello spazio K20 della Kunstsammlung Nrw si parte dai primi, meno noti ma sorprendenti lavori del maestro olandese per passare ad alcune composizioni tarde neoplastico-astratte

Chi pensa che l’opera di Piet Mondrian sia stata frutto di calcoli matematici si sbaglia di grosso: è questo il chiaro messaggio che la mostra «Mondrian. Evolution», allestita dal 29 ottobre al 12 febbraio nello spazio K20 della Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, vuole trasmettere al suo pubblico.
Come? Ripercorrendo all’indietro la vita e l’attività artistica del pittore olandese, i suoi studi e l’evoluzione formale che l’avrebbero portato alle note composizioni geometriche a linee e campi di colore che tutti conosciamo. Fin dagli inizi Mondrian (1872-1944) si mise alla ricerca di un linguaggio pittorico capace di esprimere l’universale ovvero l’essenza più profonda di tutto ciò che esiste.
Nei primi decenni di attività si dedicò a paesaggi e altri motivi naturalistici trattati con sorprendenti effetti di colore: così provava a rendere visibile quella dimensione invisibile e spirituale che ricercava insieme e dentro un possibile perfetto equilibrio di tutti gli elementi pittorici.
La mostra si dedica principalmente a questi suoi primi, meno noti, eppure assai sorprendenti lavori, là dove Mondrian sviluppò il suo linguaggio formale su mulini a vento, fari, dune e fattorie, concentrandosi sulla composizione delle superfici, sulle linee verticali e orizzontali e sui loro ritmi, per passare poi rapidamente in rassegna alcune composizioni tarde neoplastico-astratte, sottolineando le tappe della sua evoluzione e i forti legami tra le sue opere anche a distanza di decenni le une dalle altre.