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Collezionista reporter, Uli Sigg possiede il miglior panorama sull’arte cinese contemporanea

Uli Sigg con il suo ritratto «Uli Sigg (Newspaper Reader)»
Carolyn Christov-Bakargiev |

Rivoli (To). Nel 1979 lo svizzero Uli Sigg, insieme a una delegazione della Schindler, fu tra i primi imprenditori a recarsi in Cina dopo la morte di Mao Zedong nel settembre 1976, seguita, due anni dopo, dall’ascesa al potere di Deng Xiaoping e dall’inaugurazione della Politica della Porta Aperta.

Ad eccezione degli artisti della diaspora, che avevano iniziato a lavorare all’inizio in Cina ma che vivevano a Parigi dagli anni Ottanta (come Huan Yong Ping e Chen Zen, e a New York, come Cai Guo-Qiang), ciò che oggi siamo soliti definire «arte contemporanea cinese» non esisteva nella Cina continentale. Negli anni Ottanta Sigg rimase a Pechino come vicepresidente della China-Schindler Elevator Co.

A lui si deve in pratica la prima joint venture tra la Cina e il resto del mondo, che sarebbe poi servita da modello per oltre un milione di aziende che investono nel Paese. In quello stesso periodo diversi
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