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Achille Bonito Oliva
Leggi i suoi articoliIl collezionista ha invidia dell’artista, della fantasia-pene di questi e cerca di evirarlo mediante l’accattivante proposta del collezionismo. Il collezionismo diventa il luogo narcotico in cui egli sposa, nel ruolo femminile, l’immaginazione maschile di chi è riuscito a procreare, adottandone alla fine l’opera-prole.
Si instaura allora un rapporto fondato sul desiderio inconscio da parte del collezionista di seguire una sorta di rito cannibalesco, quello di mangiare attraverso l’opera colui che si è mostrato più potente e sottile.
Da qui il collezionismo che accetta ogni sfida di collezionare tutto, anche se stesso, di catalogare l’impalpabile, l’odore, il rumore e il fumo del sigaro di Duchamp. Nasconde allora il desiderio di non essere copia, l’impulso di non accettare l’azione per interposta persona e a provare nostalgia per un ruolo interdetto.
Così il collezionista adopera l’arte con la macchina di Roussel: prova il brivido di una realtà fantasmatica diversa, il conforto e il privilegio di uno spettacolo.
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