Claudio Costa e l’amore per i processi arcaici-originari

Alla Galleria C+N Canepaneri, l’«Evoluzione-Involuzione» dell’artista, maestro di disappartenenza rispetto alla retorica del progresso capitalista

«Tela Acida» (1970) di Claudio Costa
Barbara Garatti |  | Milano

La galleria C+N Canepaneri presenta fino al 16 settembre una piccola retrospettiva su Claudio Costa in collaborazione con l’archivio dell’artista. Il titolo della mostra prende il nome dal suo testo-manifesto «Evoluzione-Involuzione» del 1973 in cui sono contestate le illusioni del progresso capitalistico e l’idea che il futuro sia migliore del passato a favore di «una coesistenza democratica di epoche, luoghi, persone e oggetti», scrive il curatore Stefano Castelli.

Nato a Tirana nel 1942, Costa ha trascorso la quasi totalità della sua vita in Liguria, solo tra il 1964 e 1968 soggiornò a Parigi dove ebbe modo di conoscere Marcel Duchamp e partecipare ai movimenti del maggio francese. Affascinato dalla paleontologia e dagli studi sull’origine dell’uomo l’artista ha condotto una rigorosa ricerca teorica volta al recupero di materiali, tecniche e processi arcaici e originari.

In mostra è esposta una selezione di opere dagli anni Settanta agli anni Novanta attraverso la quale è possibile ripercorrere gli sviluppi delle energie solo apparentemente contrastanti che hanno alimentato la sua produzione. Da un lato troviamo nella sua arte lo sguardo alle culture rurali, eversive e sotterranee rispetto alle tendenze dominanti (documenta, 1977), dall’altro le istanze sperimentali e avanguardistiche.

Da un lato il pensiero magico-alchemico (Biennale Arte e Alchimia, 1986) e dall’altro l’esperienza diretta come arte terapeuta presso l’ex ospedale psichiatrico di Genova Quarto (Museo Attivo delle Forme Inconsapevoli, 1992) rendono oggi la ricerca di Costa un esempio attuale e controtendenza di riconfigurazione della pratica artistica e del ruolo stesso dell’artista.

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