Chiusi ma aperti | de La Tour a Palazzo Reale

La mostra che riaprirà al pubblico il 28 maggio raccontata dalla curatrice Francesca Cappelletti. Catalogo fotografico all'interno

Frans Hals, «San Matteo Evangelista», 1625-27 (particolare). Museo dell'arte occidentale e orientale, Odessa Adam de Coster, «Amore mercenario», 1620-30 (particolare). Collezione Koelliker, Londra Georges de La Tour, «San Giovanni Battista nel deserto», 1649 ca. Musée départemental di Vic-sur-Seille Georges de La Tour, «La rissa tra musici mendicanti», 1625-1630 ca. The J. Paul Getty Museum, Los Angeles Georges de La Tour, «La negazione di Pietro», 1650. Musée d'arts di Nantes, Francia Carlo Saraceni, «Natività» (particolare). Residenzgalerie, Salisburgo Georges de La Tour, «Il denaro versato», 1625-27 ca. Leopoli (Ucraina), Galleria Nazionale d'Arte Georges de La Tour, «San Giacomo Minore» (particolare). Musée Toulouse-Lautrec, Albi Georges de La Tour, «San Giuda Taddeo» (particolare). Musée Toulouse-Lautrec, Albi Gerrit van Honthorst, detto Gherardo delle Notti, «Cena con sponsali», 1613-14. Gallerie degli Uffizi, Firenze Georges de La Tour (bottega), «Educazione della Vergine», 1650 ca. The Frick Collection, New York Paulus Bor, «Allegoria della logica», 1630-35 ca (particolare). Musée des Beaux-Arts, Rouen Maestro fiammingo (?) attivo nel primo quarto del Seicento, «Giovane che fuma una pipa (Vanitas)», 1620-30 ca. Olio su tavola, 72x118 cm. Szépmûvészeti Múzeum, Budapest Georges de La Tour, «I giocatori di dadi», 1651 ca. Preston Park Museum and Grounds Stockton-on-Tees, Regno Unito Maestro del Lume di Candela (?), «La cattura di Cristo», 1620 ca. Galleria Spada, Roma
Francesca Cappelletti |  | Milano

Georges de La Tour è stato uno dei grandi protagonisti della scena notturna nell’Europa della prima metà del Seicento. I suoi quadri, composti di pochi e scarni elementi, erano ammirati ma non attribuiti a lui; per diventare un pittore con un catalogo di opere, l’artista lorenese ha dovuto aspettare gli storici dell’arte del Novecento.

Prima l’articolo di Hermann Voss del 1915, poi gli studi francesi che l’articolo suscitò appena dopo la fine della prima guerra mondiale, poi l’interesse per quella parte della pittura francese del Seicento che non coincideva con la visione barocca di Vouet e con la severa solennità dei quadri di Poussin, sempre densi di una nostalgia del mondo classico e di quanto, di quel mondo, aveva potuto conoscere a Roma.

A Charles Sterling e a Paul Jamot dobbiamo, nel 1934, con la mostra «Pittori della realtà in Francia», la ricostruzione di un Seicento francese popolato di figure allora poco note, i fratelli Le Nain e l’appena riscoperto Georges de la Tour. Attraverso le successive mostre monografiche a lui dedicate, nel 1972 e poi nel 1996-97, importantissime e spettacolari, la sua figura ha preso forma e, contemporaneamente, alcuni nodi critici sono parsi sempre più irresolubili.

Ancora oggi è difficile decidere sulla cronologia, sul viaggio in Italia, sull’interpretazione di alcuni dipinti che tendono a ripetere gli stessi soggetti, ad accanirsi quasi sugli stessi protagonisti, come il vecchio cieco, il mendicante che affida la sua misera sopravvivenza alla musica della ghironda e all’elemosina del passante. Gli altri personaggi, soldati, giocatori, santi quasi sempre senza aureola, emergono a stento nel buio di stanze indefinite e per rendersi visibili si consegnano alla luce della candela.

Sembra una facile ironia della sorte, dunque, quella toccata ai dipinti notturni di La Tour, che insieme a quelli di suoi contemporanei, con i quali è stato spesso confuso nei centocinque anni della sua storia critica, sono ora appesi, al buio, nelle sale chiuse e vuote del Palazzo Reale di Milano, dove dal 7 febbraio è allestita la prima mostra italiana mai dedicata all’artista.

La mostra si intitola «Georges de La Tour. L’Europa della luce» e anche il sottotitolo, nel richiamare un’unità almeno di circolazione artistica, o addirittura un’illuminazione oltre le frontiere, potrebbe suonare facilmente ironico di questi tempi. Ma speriamo finisca presto l’oscurità e la solitudine che li circonda; che questi due aspetti, tante volte sottolineati a proposito della sua opera, ritornino nei quadri, suscitando le domande che assillano gli studiosi e gli spettatori da più di un secolo.

Immagino il visitatore davanti ai due «Vecchi» di San Francisco e al «Suonatore di ghironda» di Bergues, dopo essere passato di fronte a ben tre degli «Apostoli» che La Tour dipinse per la cattedrale di Albi, e spero si soffermi sul «San Giacomo minore», con gli occhi bassi e la cicatrice che, netta e spigolosa, gli corre sulla guancia. Penso che si possa poi fermare, a distanza dagli altri visitatori e munito di mascherina, davanti a «Giacobbe rimproverato dalla moglie» del Museo di Epinal.

Qui lo spazio ristretto scelto da La Tour per la composizione quasi soffoca i due indimenticabili personaggi, il vecchio con le gambe esili in controluce e la figura imponente della donna con la candela in mano, che illumina la conversazione drammatica, soggetto del quadro, a lungo di difficile interpretazione. È una delle opere cardine della mostra e viene da una cittadina nei Vosgi, che per noi stava diventando quasi irraggiungibile. Il giorno dell’appuntamento con la curatrice, alla Gare de l’Est molti dei treni erano stati soppressi ed è stato quasi un miracolo ritrovarsi la mattina dopo nel Museo di Epinal che racconta la storia della regione dagli insediamenti rupestri fino al contemporaneo.

Fra la ricostruzione di un villaggio paleolitico e le insegne dei negozi del secolo scorso, il quadro di La Tour è uno dei capolavori della sezione sulla pittura del Seicento, donato al museo già nel 1829 da uno dei suoi primi benefattori, quando nulla si sapeva dell’artista e il soggetto veniva interpretato come «una donna che visita un prigioniero». Il dipinto, con la sua storia, è arrivato a Milano, per raccontarne una più ampia: la circolazione delle «notti dipinte» nella pittura europea post caravaggesca.

Una delle ambizioni dei grandi pittori, raccontata fin dalle fonti antiche, era di rappresentare l’impossibile, i fenomeni naturali istantanei e per questo di bruciante intensità. Sono quelli che ritroviamo nei quadri di La Tour, difficili da fotografare e da riprodurre, che vanno visti dal vero. L’osservazione e la cecità, la solitudine e la compassione, la meditazione e il vizio compongono l’universo dell’artista.

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