Case d’asta e riduzione di Co2. Tutta aria fritta l’azione per il clima?

The Art Newspaper ha valutato in un’inchiesta se gli attori principali del mercato dell’arte stanno affrontando concretamente le questioni urgenti che interessano il mondo intero

Allarme rosso: un aereo lancia vola su un incendio nel sud della California. I cambiamenti climatici stanno causando incendi sempre più diffusi e distruttivi nello stato. Foto Mario Tama/Getty Images
Scott Reyburn, Anny Shaw |

Il mondo dell’arte, a lungo ritenuto immune, deve ora riconoscere problematiche urgenti come pandemie, crisi climatiche, guerre, carenze energetiche e alimentari, migrazioni di massa e inflazione. In una nuova rubrica, «Reality Bites», Scott Reyburn e Anny Shaw raccontano cosa fanno - o non fanno - le case d’asta, i galleristi, gli artisti e gli altri operatori del settore.

Il commercio internazionale di opere d’arte è un’attività che prospera anche quando si verificano flessioni nell’economia cosiddetta «reale». E trova conferme nei prezzi d’asta più alti che mai per opere desiderabili e in un interesse apparentemente immutato per il prestigio, i vantaggi e lo stile di vita esclusivo della scena artistica internazionale. I ricchi vedono nell’arte un rifugio sicuro in tempi difficili. O almeno, è così che dovrebbe funzionare il mercato dell’arte. Ma sempre più spesso, all’indomani della pandemia di Covid, con la crisi climatica, le guerre, le carenze energetiche e alimentari, le migrazioni di massa e l’inflazione che creano una serie di problemi sempre più urgenti con cui il resto del mondo deve confrontarsi, il mondo dell’arte ha dovuto riconoscere che esistono realtà più ampie.

Frieze Seoul si è appena aggiunta alla lista delle fiere internazionali i cui espositori, mostre e visitatori volano frequentemente generando quantità industriali di emissioni di Co2, mentre le aste d’arte più importanti sono spesso precedute da tour mondiali dei lotti più pregiati. E continua a essere così dopo il Covid, anche se gli acquirenti ultra ricchi non si sono mai sentiti a loro agio nell’acquistare opere d’arte di grande valore dopo averle viste solo online.

Tutto questo dopo che vaste aree del nostro pianeta in fase di riscaldamento hanno vissuto le estati più calde mai registrate e che l’uso delle risorse naturali di gas della Russia come arma strumentale da parte di Vladimir Putin ha condannato milioni di cittadini assediati dall’inflazione a un inverno in cui devono scegliere se riscaldarsi o mangiare.

Negli ultimi due anni il segmento più costoso di tutto il mondo del lusso è diventato, tardivamente, più sensibile al tema degli eccessi ambientali e finanziari. Ma quali sono le iniziative del mondo dell’arte più attente alle questioni che riguardano il fare del bene, piuttosto che il sentirsi bene, secondo la distinzione chiave fatta dal filosofo scozzese Will MacAskill, figura di spicco del movimento dell’Altruismo Effettivo?

Alla fine di agosto l’amministratore delegato di Sotheby’s, Charles F. Stewart, ha annunciato che la casa d’aste avrebbe lanciato il suo nuovo programma di impatto sociale con un galà presieduto da Annie Leibovitz. L’evento, che si è tenuto a New York il 28 settembre, comprendeva un’asta di beneficenza a sostegno dell’«Instituto Terra», un’organizzazione benefica per il recupero dell’ambiente fondata nel 1998 dal fotografo brasiliano Sebastiao Salgãdo e dalla sua compagna Lélia Deluiz Wanick Salgado, nonché una mostra con vendita di 50 opere di Salgado, per una raccolta complessiva stimata di oltre 3 milioni di dollari.

Stewart sottolinea come «l’arte straordinaria [e] l’attivismo di Salgado... ci commuovono profondamente». Il sentimento è ammirevole, ma, al di là del sentimento, come si traduce ciò in un’azione significativa? Come fanno le grandi case d’asta a conciliare il loro sostegno alle iniziative ambientali con le formidabili quantità di Co2 generate dalle loro spedizioni e dagli specialisti che volano in tutto il mondo?

I dati sono difficili da reperire, ma un portavoce di Sotheby’s afferma che l’azienda continua a «valutare tutte le potenziali opportunità per ridurre in modo significativo la nostra impronta di carbonio», aggiungendo che «la comunicazione digitale è una delle principali, e ha aumentato enormemente la nostra capacità di connetterci senza soluzione di continuità con i clienti in tutto il mondo».

Ulteriori dettagli sul programma di impatto sociale sono ancora in fase di sviluppo, ma il portavoce afferma che il programma si concentrerà su tre aree: «promuovere l’accesso», «proteggere il pianeta» e «prestare la nostra esperienza per le nostre comunità». Ciascuna area, aggiunge, «delinea il nostro impegno a rendere le industrie dell’arte e del lusso più inclusive, sostenibili e collaborative», un compito arduo quando il lusso è ancora sinonimo di esclusività.

In qualità di membro della Gallery Climate Coalition, Sotheby’s si è impegnata a decarbonizzare il commercio internazionale di opere d’arte di almeno il 50% entro il 2030. Negli ultimi anni, la casa d’aste ha ridotto i materiali stampati del 95%, una mossa che consente anche di ridurre facilmente i costi. Sotheby’s sta inoltre sperimentando a New York e a Londra nuove casse di spedizione ecologiche, che possono essere riutilizzate fino a 100 volte.

Naturalmente, il problema non è solo di Sotheby’s. L’imminente vendita di Christie’s di opere d’arte di Paul Allen, co-fondatore di Microsoft, è destinata a diventare la prima asta di un singolo proprietario a raccogliere più di 1 miliardo di dollari. Come di consueto per le aste più importanti di Christie’s o Sotheby’s, una selezione dei pezzi di punta farà il giro del mondo prima della vendita, accumulando ancora più miglia aeree. I pezzi forti della collezione d’arte di Ann e Gordon Getty sono stati in tour a Londra, Shanghai, Los Angeles e Parigi prima della vendita di quattro giorni di Christie’s a New York in ottobre.

In risposta alla domanda sulle emissioni di Co2, un portavoce di Christie’s afferma: «Sebbene le innovazioni digitali abbiano contribuito a fornirci delle alternative, non possono sostituire l’importanza per alcuni clienti di trovarsi di fronte a un’opera d’arte di persona. È anche importante portare l’arte in nuovi mercati. Ottenendo risultati in altre aree del nostro business, ed essendo selettivi su ciò che portiamo in tournée, possiamo mitigare le emissioni in altre aree del nostro business».

Christie’s ha assunto Avieco, una società di consulenza per la sostenibilità, per contribuire a ridurre l’impronta di carbonio. Come Sotheby’s, la casa d’aste ha aderito alla Gallery Climate Coalition e si è impegnata a raggiungere l’obiettivo delle emissioni nette a zero entro il 2030.

Secondo il Rapporto sull’Impatto Ambientale 2022 di Christie’s, nel 2020 la casa d’aste ha ridotto del 57% le sue emissioni totali annue di carbonio. Ma è chiaro che la pandemia di Covid è stata responsabile di gran parte di questa riduzione. Nel 2021, quando il mercato globale dell’arte è tornato alla relativa normalità, le emissioni totali di Christie’s sono state ridotte solo di un ulteriore 6,5%.

Christie’s utilizza ora un servizio mensile di container marittimi per il trasporto delle opere tra Londra e New York che riduce le emissioni di circa l’80%. La casa d’aste sta anche rendendo più sostenibile l’imballaggio delle opere d’arte. Secondo il rapporto di Christie’s, sono stati testati sistemi di casse riutilizzabili per il trasporto di opere a due dimensioni tra New York e Londra.

Nel frattempo, Phillips ha annunciato che in autunno aprirà un nuovo spazio nell’hub dell’arte in piena espansione di Los Angeles, come parte del suo continuo programma di «espansione globale». Sul sito web dell’azienda si legge che il nuovo spazio di West Hollywood ospiterà «un nutrito programma di mostre dedicate ai lotti di punta delle aste di New York, Londra, Hong Kong e Ginevra, oltre a opere destinate alle vendite private».

Alla domanda su come Phillips potrebbe affrontare il problema delle emissioni generate dalla movimentazione delle opere d’arte, la casa d’aste ha fornito una dichiarazione, senza menzionare alcuna iniziativa specifica: «Il problema ambientale è una questione che prendiamo molto sul serio e stiamo lavorando con Carbon Action mentre continuiamo a rivedere e aggiornare i nostri processi». Un caso in cui ci si sente bene, piuttosto che fare del bene, forse?

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