Capolavori di marmo a Ca’ d’Oro, «poema del marmo»

Claudia Cremonini e Toto Bergamo Rossi invitano a vedere la scultura veneziana del Rinascimento in uno dei luoghi più emblematici del periodo

«Da Donatello a Alessandro Vittoria», una veduta dell’allestimento. Foto: Matteo De Fina
Veronica Rodenigo |  | Venezia

54 opere in mostra, un temporaneo riallestimento e una futura radicale metamorfosi. Con «Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600» (sino al 30 ottobre) la Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro punta alla rinascita grazie alla collaborazione con Venetian Heritage, già artefice del successo di Palazzo Grimani. Claudia Cremonini, direttrice del Museo e Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage, raccontano la proposta di cui sono curatori e il ripensamento complessivo che interesserà il palazzo sul Canal Grande.

In merito alla genesi della mostra è stato ribadito il naturale rapporto con la Ca’ d’Oro in cui la presenza del marmo è pervasiva. Quali pezzi della collezione sono stati riallestiti appositamente e quali relazioni si sono instaurate con gli spazi del museo?
Claudia Cremonini. La Ca’ d’Oro era stata definita, a ragione, «poema del marmo» e credo che questa definizione riassuma il dialogo serrato tra gli spazi monumentali del palazzo, dagli ornati della celebre facciata al mosaico pavimentale dell’atrio, e i preziosi pezzi scultorei della collezione. La maggior parte del nucleo di sculture della Galleria è frutto dell’aggregazione di opere provenienti dalla città e dal territorio annesse, a più riprese, ai pochi ma selezionati pezzi della collezione. La mostra «Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600» è per noi occasione importante per costruire un racconto sulla scultura a Venezia nel Rinascimento in uno dei luoghi della città che più rappresentano questo periodo storico; le opere di collezione (la «Porzia» di Giammaria Mosca, il «Doppio ritratto» di Tullio Lombardo o la «Madonna del Bacio» di Jacopo Sansovino) sono poste in dialogo con lavori degli stessi autori che arrivano da istituzioni italiane e internazionali, o con capolavori coevi che aiutano il visitatore a immergersi nell’atmosfera della Venezia rinascimentale.

A quale pubblico pensavate?
Toto Bergamo Rossi. Si tratta di una mostra molto godibile e fruibile per un pubblico ampio. All’ingresso una timeline ricostruisce i momenti storici e artistici salienti tra cui il passaggio di Padova, nel 1405, sotto il dominio della Serenissima e la presenza nella città del Santo di Donatello. Non a caso il primo pezzo che s’incontra è un busto strepitoso di «San Lorenzo» in terracotta di Donatello, in prestito dalla Colnaghi Gallery. Vicino al «San Sebastiano» del Mantegna ho voluto un altro «San Sebastiano» della scuola dei Lombardo, proveniente dalla Chiesa veneziana dei Santi Apostoli. Ho sempre pensato di accostarli: in entrambi è possibile scorgere i denti dalla bocca semiaperta e il sopracciglio che enfatizza l’espressione di dolore. Probabilmente l’autore del rilievo doveva conoscere il lavoro del Mantegna o un disegno allora in circolazione. Una stanza è dedicata agli scultori «foresti» a coloro che dopo Donatello arrivano a Venezia, maestranze che vi si trasferiscono ciclicamente. Fra questi c’è Niccolò di Giovanni Fiorentino che 1467 diventerà peraltro «archistar» e scultore di tutta la costa dalmata. Nella stessa stanza troviamo Pietro Lombardo, con i figli Tullio e Antonio e Giovanni Dalmata, artista eccellente ma poco conosciuto.Poi si passa alla stanza con rilievi ispirati all’antico che caratterizzano le Wunderkammer delle corti d’Italia. Qui abbiamo il «Filottete» di Gian Maria Mosca che arriva dal Palazzo Ducale di Mantova. Un altro spazio ancora è invece dedicato a rappresentazioni sacre che si rifanno a modelli dell’antichità.

Alcuni prestiti eccellenti?
T.B.R. La «Morte di Lucrezia» attribuito ad Antonio Lombardo, un rilievo spuntato dal nulla, in un’asta da Christie’s due anni fa a Londra, oggi di proprietà privata. Rientra nei ritratti dei Lombardo ispirati all’antico quello di una donna con bracciale, proveniente dalla casa di un privato a New York. Non posso non citare la «Madonna con il Bambino» di Nicolò di Giovanni Fiorentino dal Museo Lázaro Galdiano di Madrid, mai uscita prima d’ora dai confini della Spagna.

Questa mostra sarà anche l’occasione per un riordino allestitivo?
C.C. L’allestimento inedito di una grande mostra al primo piano ha offerto l’opportunità di ripensare, in via sperimentale e temporanea, l’allestimento del museo e l’intero percorso di visita. I grandi capolavori pittorici (con l’eccezione del «San Sebastiano» del Mantegna) sono ora concentrati al secondo piano dove è stata riallestita la sala dei cosiddetti «primitivi»: un riallestimento temporaneo che anticipa l’avvio di lavori di ampliamento degli spazi di servizio e di accesso al museo previsti a partire da dicembre, e il successivo ripensamento globale dell’ordinamento della Galleria. Lavori che per quanto ingenti non interromperanno l’apertura al pubblico.

T.B.R. Si tratterà di realizzare un museo «updated» al 2022 per un investimento di 3 milioni di euro. La mostra (finanziata e organizzata da Venetian Heritage) è costata 450mila euro e chiuderà a fine ottobre. Dopo di che una selezione delle opere verrà concessa in prestito a Parigi, alla Fondazione Al Thani, presso l’Hôtel de la Marine per la mostra «Dal Canal Grande a Place de la Concorde». Così, mentre in museo cominceranno i lavori al primo piano, una parte della collezione verrà promossa all’estero.

Com’è nato il rapporto con Venetian Heritage?
C.C. La Galleria è un museo statale, parte della Direzione Regionale Musei Veneto a cui afferisce anche il Museo di Palazzo Grimani, già oggetto di una relazione molto proficua con Venetian Heritage. La relazione tra pubblico e privato è virtuosa quando, attraverso le competenze di ciascuno, si possono realizzare progetti a beneficio della collettività. Grazie al supporto di Venetian Heritage possiamo avere accesso a fondi straordinari.

T.B.R. Durante la Biennale difatti abbiamo organizzato, con Dior, una prima cena alla Ca’ d’Oro e una seconda alla Fenice raccogliendo 1,4 milioni di euro. Con questi avvieremo la prima fase dei lavori. Ce ne serviranno ancora un bel po’ ma li stiamo cercando. Per la Biennale Arte del 2024 ci piacerebbe riportare il museo allo splendore degno del suo mito.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Veronica Rodenigo