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Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliLe opere di Antonio Canova del Museo Correr hanno finalmente trovato un loro percorso leggibile e «respirano». È il merito del progetto «Sublime Canova» che ha recuperato tre nuove sale, grazie al restauro finanziato dal Comitato francese per la Salvaguardia di Venezia, presieduto da Jérôme Zieseniss, e della Venice International Foundation, presieduta da Franca Coin, che ha provveduto al restauro delle opere per un importo complessivo di oltre 600mila euro (cfr. n. 344, lug.-ago. ’14, p. 17).
Un impegno durato tre anni e una prova di efficienza organizzativa da parte dei Musei Civici Veneziani. Il 21 novembre si sono inaugurate le sale, il cui apice estetico è nella seducente «Venere Italica», un gesso del 1811, in splendido isolamento.
Ma, soprattutto, c’è una rilettura cronologica: dagli inizi dell’attività canoviana, ancora sotto l’influenza barocca, con al culmine la disperazione di «Orfeo e Euridice» (1775-76); alla sala dedicata a «Dedalo e Icaro», capolavoro giovanile del 1777, una delle prime committenze veneziane e, infine, nella sala del trono il Canova maestro del Classicismo, esemplificato dall’«Amorino alato», gesso del 1797. E ancora, gli scalpelli dello scultore conservati nel «Mobile Canova», uno scrigno dei tesori dell’artista, creato nell’Ottocento dal commerciante Domenico Zoppetti e ritrovato nei depositi. A introduzione e a testimonianza del processo artistico canoviano, la sezione iniziale è dedicata ai disegni, compresi gli studi per le «Tre Grazie», e ai bozzetti. I bassorilievi con i miti greci, non più esposti in sequenza, dialogano nelle varie stanze con le altre opere. Tocco finale: il dono, da parte di Jérôme Zieseniss, del servizio da prima colazione creato per l’artista dall’argentiere parigino Jean-Baptiste Odiot nel 1810 ca. Il colore per Canova? «Una delle sue infinite variazioni di bianco», puntualizza Daniela Ferretti, responsabile dell’allestimento.
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