Cézanne, il più grande dei moderni dell’Ottocento

La Tate Modern, sede naturale per una grande mostra dedicata al maestro francese, presenta una splendida antologia di moltissime sue opere

«Neige fondante à Fontainebleau» (1879-80) di Paul Cézanne, New York, MoMA
David Ekserdjian |  | Londra

Alla sua fondazione, nel lontano 1897, la Tate Gallery, come rivelava il suo nome ufficiale (in origine si chiamava National Gallery of British Art) si limitava all’arte di questo Paese. È solo decenni dopo che ha assunto anche la responsabilità di custodire la nostra collezione nazionale di arte moderna. Poi nel 2000, con l’apertura della Tate Modern, la galleria originale nell’edificio di Millbank sul Tamigi diventò Tate Britain. In questo contesto, a mio avviso, la definizione di «modern» dovrebbe essere più elastica, ma alla Tate c’è una certa riluttanza a trasferire tutti i capolavori della fine dell’Ottocento e del primo Novecento a Trafalgar Square (dove si trova la National Gallery, Ndr).

Forse un bel giorno con il passare del tempo cambieranno idea, ma sono convinto che non accadrà molto presto. D’altra parte, comunque, «Les grandes baigneuses» (ca 1894-1905) di Cézanne sono state acquisite dalla National Gallery nel 1964. Il più delle volte nell’universo della Tate l’aggettivo «moderno» rischia quasi di diventare sinonimo di contemporaneo, ma almeno per ora è la Tate Modern (e non la National Gallery) a essere la sede naturale per una grande mostra dedicata a Paul Cézanne (1839-1906), il cui nome a Parigi conserva ancora la grafia con l’accento che altrove è andato perduto.

L’esposizione «The EY Exhibition Cezanne» (5 ottobre-12 marzo), in collaborazione con l’Art Institute di Chicago, presenta una splendida antologia di moltissime sue opere, le più importanti e soprattutto dipinti a olio, che annovera non meno di 142 capolavori, pochissimi esposti solamente a Londra o a Chicago. Benché Cézanne sia notissimo a molti come il più grande dei moderni dell’Ottocento, forse non dovrebbe essere una sorpresa scoprire che nello stesso tempo è un grande classico.

Come dimostrano i suoi disegni, ha studiato in modo appassionato (e non solo da principiante) la scultura antica e gli antichi maestri, e spesso queste influenze determinano le forme nelle sue opere figurative. Ad esempio, nel profilo di uno dei suoi «Bagnanti a riposo» in mostra, cita la statua romana di Cincinnato conservata a Copenaghen, e nella sua «Autopsia» (o «Preparazione al funerale», purtroppo solo in catalogo perché il prestito non è andato a buon fine) il cadavere riflette la posa tipica di Gesù che si ritrova nei dipinti rinascimentali del «Seppellimento di Cristo», mentre il medico e la sua assistente giocano i ruoli di Nicodemo e di una delle Marie.

Nel corso della sua lunga vita i generi preferiti di Cézanne, che nasce nel 1839 e muore nel 1906, un anno prima dell’esecuzione delle «Demoiselles d’Avignon» di Picasso, sono perfettamente in linea con la tradizione. Nella mostra, semplicemente perché riflette fedelmente la sua pratica artistica, si concentra sul ritratto (19 opere), sul nudo (31), sulla natura morta (36) e sul paesaggio (44). Non è la scelta del soggetto, quindi, a determinare la sua profonda originalità, ma il suo modo di vedere e riprodurre l’universo che lo circonda.

Le sue origini sono in Provenza, ad Aix, e nel 1852 da giovane comincia gli studi al Collège Bourbon, dove diventa amico intimo del suo contemporaneo Emile Zola (1840-1902), che verso il 1861 lo incoraggia a raggiungerlo a Parigi. Nel 1870 Zola sceglie Cézanne come il suo testimone, ma con il passare del tempo i loro rapporti si distanziano, e poi nel romanzo L’œuvre (1886) Zola prende Cézanne come modello per il suo protagonista, Claude Lantier. Quasi inevitabilmente, visto che Lantier è un artista che non solo non riesce nella sua carriera, ma inoltre si suicida, la pubblicazione sancisce la fine della loro amicizia.

Per Cézanne, che vi torna da Parigi nel 1877, il paesaggio della Provenza, e soprattutto il prospetto della Montagne Sainte-Victoire, sono fondamentali, come lo sono la casa di famiglia, le Jas de Bouffan, i suoi interni e dintorni, la sua famiglia, i frutti, i fiori e gli oggetti che ha davanti agli occhi quando disegna o dipinge le mirabili nature morti. Per gran parte del suo tempo è un artista localizzato e intimo, ma non sempre. Non sopporta la presenza di modelli nudi e varie volte si può dimostrare la derivazione di pose da fotografie e illustrazioni di pubblicità in riviste o giornali.

Almeno uno dei suoi paesaggi, una scena di «Fontainebleau sotto la neve» al MoMA a New York, dipende pedissequamente da una fotografia che lo storico dell’arte e grandissimo esperto di Cézanne, John Rewald, ha trovato tra le sue carte. I cataloghi di mostre e le mostre stesse, per non parlare delle didascalie, non sono mai identici, ancora di più quando le mostre sono dislocate in due sedi. Lo stesso dicasi per la sequenza della presentazione delle opere. Inevitabilmente la documentazione contenuta nel catalogo sarà sempre più ampia rispetto alle informazioni in mostra.

Comunque sia, in questo caso le differenze sono assolutamente straordinarie. Sembra che ogni tanto la Tate Modern abbia timore delle critiche da parte del suo pubblico che non sempre è preparato sull’argomento. Un tema davvero affascinante affrontato dalle didascalie in mostra (e quasi introvabile invece nel catalogo) è l’amore di tanti altri artisti per Cézanne. Lungo il percorso espositivo viene riunito un bellissimo gruppo di opere collezionate dai suoi contemporanei come Renoir e Monet fino a Jasper Johns e Lucian Freud (benché il piccolo «Pomeriggio a Napoli» del 1875 di Cézanne che ha ispirato il dipinto di Freud «After Cézanne» del 1999-2000 venga elencato come proveniente da una semplice «collezione privata»).

Non posso immaginare che molti visitatori abbiano bisogno dell’aggiunta nel glossario della parola «artista» quando si parla di Picasso e di Matisse, così come della parola «pigmento» in aggiunta alla dicitura «olio su tela» nelle didascalie in mostra nel segno dell’inclusività. Proprio in questi giorni il Governo americano ha negato la presenza degli extraterrestri nel cielo degli Stati Uniti; ma forse invece i presunti alieni si sono recati alla mostra di Cézanne e le didascalie sono state messe in loro aiuto.

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